Carbosulcis

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Carbosulcis
StatoBandiera dell'Italia Italia
Forma societariaSocietà per azioni
Fondazione1976
Sede principaleGonnesa
Settoremineraria
Prodottilignite
Dipendenti600 (2007)
Slogan«A mine in Sardinia»
Sito webwww.carbosulcis.eu

Carbosulcis è una società della Regione Sardegna che gestisce l'ultima miniera di carbone rimasta estrattiva nel Sulcis ed in Italia, quella di Monte Sinni, alle porte di Nuraxi Figus, frazione di Gonnesa, vicino a Portoscuso. Dal 31 dicembre 2018 si è conclusa l’attività estrattiva ed è iniziata la fase di messa in sicurezza e bonifica del sito. La società ha nel contempo intrapreso con l’Ente Nazionale di Fisica Nucleare un progetto unico al mondo per la realizzazione di una torre criogenica in sviluppo verticale da 350 metri all’interno del pozzo 1 dell’area di Seruci, per la separazione da gas naturali di isotopi in purezza per lo studio della materia oscura.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Carbosulcis fu costituita nel 1976 dall'EGAM e dall'Ente Minerario Sardo per rilevare dall'Enel la proprietà e la gestione delle miniere di carbone; il periodo di gestione Enel, che aveva rilevato le concessioni minerarie dalla MCS nel 1962, era stato caratterizzato dal blocco dell'attività estrattiva, ritenuta anti-economica dall'ente elettrico. Le proteste dei minatori ed il rischio di aggravare la situazione occupazionale del Sulcis scongiurarono la chiusura definitiva delle miniere.

Le attività dell'EGAM furono rilevate dall'Eni, che si limitò inizialmente alla manutenzione dei cantieri minerari, senza attuare un vero e proprio sfruttamento delle risorse minerarie. La produzione di carbone rimase ferma fino al 1988, quando riprese grazie agli stanziamenti pubblici in favore dell'attività estrattiva, finalizzati a trovare uno sbocco di mercato al carbone del Sulcis: per ridurne il potere inquinante, si prevedeva di destinarlo alla gassificazione e successivamente alla produzione di energia termoelettrica. Però tale attività si andò scontrando negli anni successivi con il processo di privatizzazione dell'ENI, che, dovendosi quotare in Borsa, non poteva permettersi di conservare attività poco remunerative.

Nel 1995 Carbosulcis fu messa in vendita e destinata agli investitori privati, ma l'asta andò deserta. La prospettiva di una chiusura definitiva delle miniere portò ad una nuova ondata di dure lotte sindacali dei minatori, con occupazioni e manifestazioni. Nel 1996 la Regione Sardegna prese in carico la proprietà della Carbosulcis, con la finalità di guidarne la “transizione” verso la privatizzazione.

Produzioni carbonifere e manodopera nella gestione Carbosulcis[modifica | modifica wikitesto]

La società Carbosulcis, costituita nel 1976 dall'EGAM e dall'Ente Minerario Sardo per rilevare dall'Enel la proprietà e la gestione delle miniere di carbone tuttora in attività nel Sulcis. Attualmente la produzione carbonifera è organizzata nella Miniera di Monte Sinni, che comprende i vecchi impianti estrattivi di Nuraxi Figus e di Seruci. La seguente tabella delle produzioni carbonifere riguarda il periodo di iniziale (anno 1976) per concludersi nel 2017, anno in cui è prevista la cessazione dell'attività.[1]

Anno Produzione in tonnellate manodopera
1976 1.340[2][3]
1977 285[2][3]
1978 inattiva[3]
1979 inattiva[4]
1980 inattiva[4][5]
1981 inattiva[4][6]
1982 inattiva[5][6]
1983 4.458[6]
1984 8.112[7]
1985 18.773[7]
1986 13.708[7][8][9]
1987 15.386[8][9]
1988 48.408[8][9][10]
1989 69.420[10][11]
1990 56.300[12]
1991 inattiva[12]
1992 inattiva[12]
1993 inattiva[13]
1994 109.000[14]
1995 inattiva[15]
1996 41.000[14]
1997 in ripresa[16]
1998 in ripresa[17]
1999 in ripresa[18]
2000 in ripresa[19]
2001 in ripresa[20]
2002 in ripresa[20]
2003 10.000[21]
2004 10.000[21][22][23]
2005 in ripresa[21][22]
2006 70.000[24][25] 1.000 dipendenti[24][25]
2007 20.000[24][25] 600[26] - 1.000 dipendenti[24][25]
2008 120.000[24][25] 600[26] - 1.000 dipendenti[24][25]
2009 72.000[27] 600[26] - 1.000 dipendenti[27]
2010 101.000[27][28] 600[26] - 1.000 dipendenti[27]
2011 92.000[27][28] 600[26] - 1.000 dipendenti[27][29]
2012 80.000[29] 463 dipendenti[30] - 600[26] - 1.000 dipendenti[29]
2013 520 dipendenti (circa 150 impiegati in superficie, oltre 370 impiegati in sottosuolo)[26]
2014 520 dipendenti (circa 150 impiegati in superficie, oltre 370 impiegati in sottosuolo)[26]
2015 430 dipendenti (minatori, tecnici e impiegati); 100 lavoratori soprattutto ingegneri; 50 dell’indotto[31]
2016
2017

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Piano di chiusura dell'unità di produzione di carbone "Miniera di Monte Sinni" gestita dalla Carbosulcis Spa Attuazione della Decisione del Consiglio Europeo 2010/787/EU sugli aiuti di Stato per agevolare la chiusura di miniere di carbone non competitive)
  2. ^ a b [senza fonte]
  3. ^ a b c Calendario Atlante De Agostini 1980, Edizioni Istituto Geografico De Agostini - Novara ottobre 1979, pag. 95
  4. ^ a b c Calendario Atlante De Agostini 1983, Edizioni Istituto Geografico De Agostini - Novara ottobre 1982, pag. 95
  5. ^ a b Calendario Atlante De Agostini 1984, Edizioni Istituto Geografico De Agostini - Novara ottobre 1983, pag. 95
  6. ^ a b c Calendario Atlante De Agostini 1985, Edizioni Istituto Geografico De Agostini - Novara ottobre 1984, pag. 95
  7. ^ a b c Calendario Atlante De Agostini 1988, Edizioni Istituto Geografico De Agostini - Novara ottobre 1987, pag. 95
  8. ^ a b c Calendario Atlante De Agostini 1990, Edizioni Istituto Geografico De Agostini - Novara ottobre 1989, pag. 95
  9. ^ a b c Calendario Atlante De Agostini 1991, Edizioni Istituto Geografico De Agostini - Novara ottobre 1990, pag. 95
  10. ^ a b Calendario Atlante De Agostini 1993, Edizioni Istituto Geografico De Agostini - Novara 1992, pag. 95
  11. ^ Calendario Atlante De Agostini 1992, Edizioni Istituto Geografico De Agostini - Novara ottobre 1991, pag. 95
  12. ^ a b c Calendario Atlante De Agostini 1994, Edizioni Istituto Geografico De Agostini - Novara 1993, pagg. 94-95
  13. ^ Calendario Atlante De Agostini 1995, Edizioni Istituto Geografico De Agostini - Novara ottobre 1994, pag. 94
  14. ^ a b Calendario Atlante De Agostini 1998, Edizioni Istituto Geografico De Agostini - Novara 1997, pag. 94
  15. ^ Calendario Atlante De Agostini 1997, Edizioni Istituto Geografico De Agostini - Novara ottobre 1996, pag. 94
  16. ^ Calendario Atlante De Agostini 2002, Edizioni Istituto Geografico De Agostini - Novara 2001, pag. 139
  17. ^ Calendario Atlante De Agostini 2003, Edizioni Istituto Geografico De Agostini - Novara 2002, pag. 157
  18. ^ Calendario Atlante De Agostini 2004, Edizioni Istituto Geografico De Agostini - Novara 2003, pag. 186
  19. ^ Calendario Atlante De Agostini 2005, Edizioni Istituto Geografico De Agostini - Novara 2004, pag. 186
  20. ^ a b Calendario Atlante De Agostini 2006, Edizioni Istituto Geografico De Agostini - Novara 2005, pag. 226
  21. ^ a b c Calendario Atlante De Agostini 2008, Edizioni Istituto Geografico De Agostini - Novara 2007, pag. 226
  22. ^ a b Calendario Atlante De Agostini 2009, Edizioni Istituto Geografico De Agostini - Novara 2008, pag. 226
  23. ^ Calendario Atlante De Agostini 2010, Edizioni Istituto Geografico De Agostini - Novara 2009, pag. 226
  24. ^ a b c d e f Calendario Atlante De Agostini 2011, Edizioni Istituto Geografico De Agostini - Novara 2010, pag. 246
  25. ^ a b c d e f Calendario Atlante De Agostini 2012, Edizioni Istituto Geografico De Agostini - Novara 2011, pag. 246
  26. ^ a b c d e f g h Carbosulcis, su carbosulcis.eu. URL consultato il 21 marzo 2015.
  27. ^ a b c d e f Calendario Atlante De Agostini 2013, Edizioni Istituto Geografico De Agostini - Novara 2012, pag. 246
  28. ^ a b Calendario Atlante De Agostini 2014, Edizioni Istituto Geografico De Agostini - Novara 2013, pag. 246
  29. ^ a b c Calendario Atlante De Agostini 2015, Edizioni Istituto Geografico De Agostini - Novara 2014, pag. 245
  30. ^ Il Sole 24 ORE 4 settembre 2012 - Carbosulcis riparte, ma senza progetti. di Paolo Bricco e Cristina Casadei
  31. ^ Lettera43, 24 marzo 2015 - Monia Melis: ENERGIA Nuraxi Figus e Carbosulcis: una storia di sprechi. La miniera sarda di Monte Sinni è costata 600 mln. Ora lo stop. Per altri 200 mln

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]