Wikipedia:Bar/Discussioni/Plurali delle parole in -io

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Plurali delle parole in -io


Salve, volevo chiedere quale forma del plurale delle parole in -io è meglio usare su Wikipedia: sicuramente -i è la forma più usata e -j e decisamente antica, ma come sono viste -î e -ii? --тaj 17:52, 4 mar 2020 (CET)[rispondi]

Anche -î mi sembra n suffisso abbastanza di nicchia, la forma più utilizzata è indubbiamente -i e io userei solo quella --ValeJappo『いらしゃいませ』 17:58, 4 mar 2020 (CET)[rispondi]
Manuale di stile, uso dell'accento: i plurali che terminano in -i possono essere facoltativamente denotati con -ii o (a scelta dell'utente, ma cercando di mantenere l'omogeneità nella stessa voce) quando questo serva per distinguere parole omografe, se lo si ritiene necessario per ragioni di chiarezza.--Equoreo (msg) 18:09, 4 mar 2020 (CET)[rispondi]
Ok, quindi sono da usare solo in caso di possibile mancanza di chiarezza. --Borgil (Táriyaulë) 09:18, 5 mar 2020 (CET)[rispondi]
Secondo la Treccani il plurale delle parole in -io è -i se la sillaba non è accentata e -ii se -io è accentata (zio/zii, leggio/leggii). La forma in -ii è usata anche nel caso di omofoni e omografi nel plurale (assassino-assassinio, al plurale assassin-i/assassini-ii). Le forme con accento circonflesso e -j sono desuete. Quindi, secondo me, -i o -ii secondo quanto detto da Treccani. --84.33.104.249 (msg) 11:57, 5 mar 2020 (CET)[rispondi]
Quello che dice l'IP è corretto: la convenzione si applica solo quando il plurale è in -i; se il plurale fosse in -ii "da manuale" (come nel caso di zii), si scrive con -ii anche se non c'è alcun rischio di confusione (quindi zii e leggii, non diventano mai zi o leggi, anche se non ci fosse alcun rischio di confusione). L'esempio tipico è principi (i figli del re) e principi (gli ideali): in questo caso, se c'è il rischio di confusione, si possono usare indifferentemente gli accenti tonici (prìncipi/princìpi), il raddoppiamento della i (principi/principii) o l'accento circonflesso (principi/principî); la finale in -j è decisamente arcaica.
Personalmente non amo l'accento circonflesso: è una predilezione mia, ma non posso imporla a nessuno se le convenzioni stabilite comunitariamente la concedono esplicitamente.--Equoreo (msg) 12:26, 5 mar 2020 (CET)[rispondi]
Le convenzioni si possono anche cambiare se c'è consenso (specialmente se non ci cambiano particolarmente la vita, come questa). Sarei anch'io per abolire, o perlomeno non suggerire tra le possibilità, la "î" che è desueta e non c'è neanche sulla tastiera, facendo un favore a tutti --Bultro (m) 15:58, 5 mar 2020 (CET)[rispondi]
In effetti, le cose sono un po' diverse.
  • I nomi in -io in cui la i è accentata (e quindi fa parte di una sillaba diversa da quella di o) formano obbligatoriamente il plurale in -ii
  • I nomi in -io in cui la i non è accentata producono spesso ambiguità con i plurali di altri nomi. Qui si distinguono due sottocasi:
  1. quello in cui anche la pronuncia è identica: omicidi può essere il plurale di omicidio ma anche di omicida. Per evitare ambiguità con questi plurali "si ricorre talvolta ad un contrassegno grafico particolare per distinguerli" (Serianni, III, 103); il contrassegno può essere il raddoppiamento della -i (che non corrisponde alla pronuncia... anche se oggi c'è chi pronuncia la -ii per suggestione della grafia) o l'uso di î. Tuttavia, per questi plurali, "oggi prevale la tendenza a lasciarli invariati, affidando la distinzione al contesto" (Serianni, III, 103), soluzione vista in genere come "quella più consigliabile" (Serianni, I, 180a)
  2. quello in cui la pronuncia è diversa, per esempio perché è diversa la posizione dell'accento; in questo caso il metodo di distinzione usato da Serianni (sempre III, 103) è la semplice indicazione della posizione dell'accento o dell'apertura vocalica (prìncipi / princìpi, oppure conservatòri e conservatóri); sono usati ovviamente anche i metodi -ii e î, che però anche in questo caso non corrispondono a reali differenze di pronuncia
  • Infine, i nomi che terminano in -cio, -gio e -glio con i solo diacritica "da un punto di vista fonetico (...) sono dei semplici nomi in -o" (Serianni, III, 105) e quindi formano il plurale in -i, senza nessuna ambiguità (coccio / cocci)
Serianni nota anche che "L'uso di î mantiene una certa diffusione negli omografi" (I, 180a), ma non lo consiglia mai. La grafia con -j si trova invece "solo nell'italiano dei secoli scorsi" (Serianni, I, 180a)
In conclusione, le scelte raccomandate da Serianni sono:
  • se la i è accentata, -ii senza dubbio
  • se la i è solo diacritica, -i senza dubbio
  • se la i non è accentata e c'è ambiguità grafica tra parole foneticamente identiche... in generale, pazienza (Serianni ammette che in qualche caso possa essere utile usare -ii o î per disambiguare, ma non consiglia nessuna delle due forme)
  • se la i non è accentata e c'è ambiguità grafica tra parole foneticamente diverse, è meglio lasciar da parte sia l'accento circonflesso sia la doppia ii e distinguere le parole in altro modo.
--Mirko Tavosanis (msg) 23:10, 5 mar 2020 (CET)[rispondi]
Treccani non è affatto univoca su -î (qui lo ammette senza problemi: opinioni degli autori?) che del resto si trova in pubblicazioni anche molto recenti. E comunque la linea guida è molto chiara nel circoscrivere l'uso di questa forma come di -ii e dello stesso accento. Male non fa --79.31.54.97 (msg) 21:34, 6 mar 2020 (CET)[rispondi]
Nelle pubblicazioni "Treccani" le oscillazioni sono normali. "Treccani" non è un'opera unica: è un ente di diritto privato di interesse nazionale e un'istituzione culturale che pubblica opere di consultazione (e, oggi, anche molto altro). In pratica, è una casa editrice che mette a disposizione sul proprio sito web opere molto diverse tra di loro, realizzate in epoche diverse, da persone diverse e con criteri diversi.
Nelle discussioni grammaticali viene citata spesso La grammatica italiana pubblicata da Treccani nel 2012.[1] Quella però, anche se è un prodotto serio, è un'opera divulgativa e molto semplificata: punta a risolvere rapidamente dubbi (soprattutto per uso scolastico), non a dare descrizioni grammaticali complete. Per queste ultime, il riferimento principale in base alla grammatica tradizionale resta la Grammatica italiana di Luca Serianni, indicata anche nella bibliografia del Manuale di stile. La Grammatica di Serianni non è pubblicata sul web in nessuna forma, quindi, a parte le citazioni, non salterà mai fuori in una ricerca su Google - ma è fondamentale per molte discussioni serie su argomenti grammaticali. --Mirko Tavosanis (msg) 09:51, 7 mar 2020 (CET)[rispondi]