Wadi Salib

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Wadi Salib
ואדי סאליב
وادي صليب
La piazza Faisal a Wadi Salib, 2010
StatoBandiera d'Israele Israele
DistrettoHaifa
CittàHaifa
Coordinate: 32°48′39.96″N 35°00′00″E / 32.8111°N 35°E32.8111; 35

Wadi Salib (in ebraico ואדי סאליב?; in arabo وادي صليب?) è un quartiere di Haifa, in Israele. Il quartiere, originatosi nel XIX secolo, vide l'esodo dei suoi abitanti palestinesi nel 1948, che vennero sostituiti principalmente da immigrati ebrei marocchini; l'emarginazione sociale vissuta dalla comunità marocchina nel quartiere provocò nel 1959 i moti di Wadi Salib.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Nell'ambito della guerra arabo-israeliana del 1948 gli abitanti arabi palestinesi abbandonarono il quartiere e gli edifici vennero in seguito nazionalizzati.[1] Wadi Salib venne considerata dalle autorità israeliane per concentrarvi gli abitanti arabi musulmani rimasti in città, similmente a Wadi Nisnas, dove sarebbero stati concentrati gli arabi cristiani. Le famiglie arabe musulmane rimaste nel quartiere ammontavano a 174 unità.[2]

Il quartiere assorbì negli anni seguenti migliaia di immigrati ebrei dal Maghreb e dal Medio Oriente, che giunsero a comporre la quasi totalità della popolazione; negli anni 1950 la popolazione raggiunse le 15000 unità, delle quali oltre un terzo erano originarie del Marocco.[3] La comunità visse intense situazioni di disagio e abbandono sociale. Nel 1959 le tensioni scoppiarono in occasione del ferimento di un residente marocchino ubriaco da parte della polizia; la locale comunità marocchina insorse il giorno seguente, scatenando una violenta rivolta e attaccando proprietà pubbliche e private.[4]

Negli anni 1960 le autorità avviarono progetti di ristrutturazione del quartiere, invitando gli abitanti a trasferirsi in altre aree della città per meglio integrarsi. Molti edifici vennero abbattuti e malgrado i piani di ristrutturazione il quartiere venne in buona parte lasciato in stato di abbandono.[5]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Chetrit, p. 63.
  2. ^ Weiss, pp. 29-30.
  3. ^ Lefkowitz, p. 48.
  4. ^ Chetrit, pp. 63-65.
  5. ^ Lefkowitz, p. 49.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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