Atheris hispida

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Atheris hispida
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
PhylumChordata
ClasseReptilia
OrdineSquamata
SottordineSerpentes
FamigliaViperidae
SottofamigliaViperinae
GenereAtheris
SpecieA. hispida
Nomenclatura binomiale
Atheris hispida
Laurent, 1955

Atheris hispida è una specie di vipera endemica dell'Africa centrale, nota per le sue scaglie dorsali particolarmente irte, che le conferiscono un aspetto ispido. Nessuna sottospecie è stata correntemente riconosciuta.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Il maschio della specie cresce fino ad una lunghezza massima di 73 cm (corpo 58 cm, coda 15 cm). Le femmine crescono fino massima di 58 cm. I maschi sono sorprendentemente più lunghi e sottili delle femmine, caso raro per i rettili.[1]

La testa ha un muso corto, più ancora nei maschi che nelle femmine. Gli occhi sono grandi e circondati da 9–16 scaglie circo-orbitali. Le orbite sono separate da 7–9 scaglie. Le narici sono a fessura e separate dagli occhi da due scaglie. Gli occhi e le scaglie sopralabiali sono separate da una singola fila di scaglie. Le sopralabiali sono 7-10, di cui la quarta è allargata.[1] Il corpo è coperto da scaglie allungate e molto ispide, dando a questo animale un peculiare aspetto 'arruffato'. Le scaglie attorno a testa e collo sono le più lunghe, accorciandosi posteriormente. Al centro del corpo, le scaglie dorsali sono organizzate in 15–19 file. Ci sono 149–166 scaglie ventrali e 35–64 sottocaudali. La scaglia anale è singola.[2][1]

Nomi comuni[modifica | modifica wikitesto]

  • Vipera ruvida dei cespugli
  • Vipera spinosa dei cespugli[2][1]
  • Vipera ispida dei cespugli[1]
  • Vipera ruvida arboricola
  • Vipera africana ispida dei cespugli
  • Vipera ispida[3]

Habitat geografico[modifica | modifica wikitesto]

Africa del Centro: DR Congo, Sud-Ovest dell'Uganda, Kenya occidentale. Il tipo biologico attribuito è "Lutunguru, Kivu" (DR Congo).[4]

Comportamento[modifica | modifica wikitesto]

Arboricolo per natura, questo animale è spesso trovato appeso sui fiori o sulle foglie più lontane. Principalmente notturno.[3]

Dieta[modifica | modifica wikitesto]

Si ciba di mammiferi, rane, lucertole, uccelli e lumache, a volte scende a terra per cacciare mammiferi più grandi.[3]

Riproduzione[modifica | modifica wikitesto]

Le femmine danno alla luce a fino 12 nascituri alla volta in modo oviviparo. I neonati misurano circa 15 cm. di lunghezza totale. [3]

Veleno[modifica | modifica wikitesto]

Non si sa molto sul loro veleno tranne che è principalmente neurotossica. Oltre alle neurotossine, essi portano anche citotossine e fasciculine. La tossicità di singoli campioni all'interno della stessa specie e sottospecie può variare notevolmente in base a diversi fattori, compresa la regione geografica. Anche il tempo e l'altitudine possono influenzare la tossicità (Ernst e Zug et al., 1996). Un morso può essere fatale per gli esseri umani senza accesso a cure di primo soccorso e successivo antidoto. Fino a poco tempo fa, il loro veleno è stato spesso considerato meno tossico di quello di molte altre specie, forse perché i morsi sono rari, ma questo non è stato il caso. Ci sono ora numerosi rapporti di morsi che hanno portato ad una grave emorragia di organi interni.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e (EN) Mallow D, Ludwig D, Nilson G., True Vipers: Natural History and Toxinology of Old World Vipers, Malabar, Krieger Publishing Company, 2003, p. 359, ISBN 0-89464-877-2..
  2. ^ a b (EN) Spawls S, Branch B, The Dangerous Snakes of Africa, Dubai, Oriental Press (Ralph Curtis Books), 1995, p. 192, ISBN 0-88359-029-8.
  3. ^ a b c d Mehrtens JM, Living Snakes of the World in Color, New York, Sterling Publishers, 1987, p. 480, ISBN 0-8069-6460-X.
  4. ^ McDiarmid RW, Jonathan A. Campbell, Touré T., Snake Species of the World: A Taxonomic and Geographic Reference, Volume 1, Washington, District of Columbia, Herpetologists' League, 1999, p. 511, ISBN 1-893777-01-4.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • (FR) Raymond Ferdinand Laurent, Diagnoses preliminaires des quelques Serpents venimeux, 1955, p. 138.

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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