Utente:Toxites/Sandbox/Ariosto nella cultura di massa

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Nella cultura di massa[modifica | modifica wikitesto]

Moneta con effigie di Ludovico Ariosto conservata nel Metropolitan Museum of Art di New York
Riccardo Secchi, monumento a Ludovico Ariosto nel parco del Popolo di Reggio Emilia
Busto del poeta nella casa di Ludovico Ariosto, a Ferrara
Busto del poeta sul monumento funebre in palazzo Paradiso a Ferrara

L'Orlando Furioso ispirò numerose opere artistiche teatrali e cinematografiche e la figura stessa dell'Ariosto venne ripresa diventando protagonista di Ariosto to his Mistress, poesia del 1836 di Letitia Elizabeth Landon, nella quale viene immaginato mentre presenta la versione completa del suo poema a una ragazza della quale è innamorato.[1] In Assassin's Creed: Revelations, trasposizione letteraria di Anton Gill del videogioco del 2012, Ezio Auditore, al termine del suo viaggio a Masyaf, dopo aver sposato Sofia Sartor e aver avuto da lei un figlio, decide nel 1513 di ritirarsi dall'Ordine degli Assassini, non prima di aver nominato come suo successore proprio il poeta ferrarese.[2]

Iconografia di Ariosto[modifica | modifica wikitesto]

I ritratti di Ludovico Ariosto considerati veritieri dalla letteratura specifica, che offrono cioè sufficienti garanzie di affidabilità in relazione alle sue reali fattezze, sono quattro, e tutti riferentisi all’età matura del personaggio:

  1. silografia sul frontespizio dell’edizione del Furioso (Venezia, Nicolò Zoppino, 1530);
  2. silografia sul recto dell’ultima carta dell’edizione del Furioso (Ferrara, Francesco Rosso da Valenza, 1532), da un disegno di Tiziano;
  3. ritratto miniato sul frontespizio del Furioso del 1532 appartenuto a Ippolito II d’Este (Vat. Barb. lat. 3942), ed esemplato sulla silografia tizianesca di cui al precedente punto;
  4. ritratto ad olio, da un originale di Tiziano, già in casa di Ugo Oriani (Ravenna, villa di Casola Valsenio), ora irreperibile, testimoniato da una riproduzione a colori (1933).

Marco Paoli[3] ha proposto l’identificazione di altri tre ritratti, sulla base delle caratteristiche fisiognomiche del poeta (occhi piccoli incavati, bozze frontali in corrispondenza delle arcate sopracciliari, naso aquilino, guance infossate, labbro inferiore pronunciato):

  1. olio su tavola, Vienna, Kunsthistorisches Museum, Inv. GG 106 (probabile copia da Tiziano; vi è ricavata un’incisione di Philippe Galle del 1587, con didascalia “LVDOVICUS ARIOSTVS”) ;
  2. Dosso Dossi, Firenze, Galleria degli Uffizi, Inv. 889 (Ariosto è affiancato da due alberi di alloro, simbolo della fama letteraria; porta corazza e spada in quanto membro della corte estense e ‘gentiluomo di camera’, addetto alla custodia della persona del duca[4]);
  3. Dosso Dossi, Wichita-KS, Wichita Center for the Arts, Samuel H. Kress Collection, K 1070 (da identificarsi con il ritratto di Ariosto che Carlo Ridolfi vide nel 1648 nella casa veneziana del pittore Nicolas Régnier[5]; Ariosto ha nella mano destra un rametto di alloro dalle foglie raggrinzite che ricorda il “debil ramo” di alloro, “con poca foglia”, di cui al Capitolo III, componimento amoroso del poeta[6]).
    Dosso Dossi, Ritratto di Ariosto, Wichita

Dall’iconografia ariostesca dovrebbero essere espunti almeno altri quattro ritratti che non rispecchiano le fattezze del poeta e che tuttavia sono stati frequentemente associati alla sua figura[7]:

  1. Tiziano, Londra, National Gallery, NG 1944 (ritrae in realtà un membro della casata veneziana Barbarigo[8]);
  2. Tiziano, Indianapolis, John Herron Art Museum (privo delle caratteristiche facciali di Ariosto);
  3. Palma il Vecchio, Londra, National Gallery, NG 636 (ritrae in realtà il letterato Niccolò Dolfin[9]);
  4. Tiziano, New York, Metropolitan Museum, Inv. 14.40.640 (anche questo è ritratto di Niccolò Dolfin, per l’identica fisionomia espressa nel dipinto di cui al punto precedente[10])”.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Landon, pp. 441-442.
  2. ^ Bowden, pp. 423-424.
  3. ^ Marco Paoli, Lo specchio del Rinascimento. Novità su Tiziano e Dosso che ritraggono Ariosto, Lucca, Pacini Fazzi, 2015, pp. 79-107.
  4. ^ Si veda la silografia nel trattato sui Banchetti di Cristoforo di Messisbugo, cuciniere di Alfonso I e poi di Ercole II, dove è raffigurata la corte estense con i commensali che portano tutti corazza e spada (Cristoforo di Messisbugo, Banchetti. Composizioni di vivande, et apparecchio generale, Ferrara, G. Buglhat e A. Hucher, 1549).
  5. ^ C. Ridolfi, Le maraviglie dell'arte, I, Venezia, G.B. Sgava, 1648, p. 145.
  6. ^ Paoli, pp. 101-104.
  7. ^ Paoli, pp. 43-65.
  8. ^ Giorgio Tagliaferro, L’Ariosto di Tiziano (Londra) non è l’Ariosto; e il Barbarigo non si sa chi sia, in “Venezialtrove”, 4, 2005, pp. 118-139; A. Mazzotta, A ‘gentiluomo da Ca’ Barbarigo’ by Titian in the National Gallery, London, in “The Burlington Magazine”, January 2012, pp. 12-19; B.B. Fredericksen, Titian’s Barbarigo portrait and Lord Darnley, in “The Burlington Magazine”, January 2013, pp. 16-18.
  9. ^ Paoli, pp. 45-56. Lo identificano i colori della sopraveste divisata che richiamano quelli araldici del suo casato, e il rosario avvolto nella mano sinistra, che lo qualifica come appartenente ad una confraternita del Rosario, quando i Dolfin avevano il patronato della cappella in San Domenico di Castello a Venezia, dove si riuniva la prima delle confraternite italiane dedicate alla corona devozionale.
  10. ^ Paoli, pp. 56-58.