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Şehzade Ahmet (14651513 o 1514) è stato un principe ottomano che ha combattuto per il sultanato nel biennio 1512/1513.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Origini familiari e prima formazione[modifica | modifica wikitesto]

Non si hanno molte informazioni sulla sua giovinezza, principalmente è noto che fosse il primogenito del sultano Ottomano Bayezid II avuto con una delle sue mogli: Bülbül Hatun. Era il fratello maggiore di Selim (il futuro Selim I) e Korkut, e anche zio del futuro Solimano il Magnifico. Nella tradizione ottomana, tutti i principi (in turco: Şehzade) figli del Sultano ottomano, erano tenuti a servire in qualità di Sanjak-bey[1] i Sanjak[1] nella regione dell'Anatolia (oggi la parte orientale della Turchia) come farte della loro formazione. Ahmet fu infatti governatore di Amasya, un'importante città anatoliana. Anche se non in via ufficiale, fu a lungo considerato come il principe ereditario del regno paterno, complici il sostegno da parte del Gran Visir Hadim Ali Pascià e le voci secondo cui Bayezid II lo avrebbe designato come suo successore fin da subito.

Prime insurrezioni e lotta per il trono[modifica | modifica wikitesto]

Come il fratello maggiore, anche Selim e Korkut erano principi ottomani che servivano la Sublime Porta come governatori di province, rispettivamente Trebisonda e Antalya. La tradizione ottomana prevedeva che alla morte del sultano, avesse il diritto di salire al trono colui che avesse raggiunto il prima possibile Istanbul, conseguentemente la distanza della provincia dalla capitale era determinante. Difatti il più fortunato era Ahmet, poichè la sua provincia era la più vicina al cuore dell'Impero Ottomano.

Consapevole di questo svantaggio, il fratello Selim sebbene avesse richiesto il governo di un'altra provincia (in una lettera al padre Bayezid datata 1510)[2] ma con scarsi risultati, abbandonò la provincia di Trebisonda giudicando le sue terre inospitabili e improduttive, per poi trasferisi alla corte del proprio figlio Solimano, governatore dell'allora provincia di Caffa (nell'attuale regione della Crimea), ove rivendicò (per propri obiettivi) per il proprio figlio il governatorato della provina di Bolu, distante da Istanbul a soli 200 Km, ma su obiezione di Ahmet (come detto precedentemente, era il prediletto del padre), la richiesta fu rifiuata. Selim ha interpretato tale manovra come un sostegno per il fratello maggiore, quindi richiese anch'egli una provincia nella parte europea dell'Impero Ottomano (precisamente quella di Rumelia) ma senza riuscirsi. Adirato, nel mese di Marzo 1511 abbandonò la provincia del figlio Solimano e nel mese di Giugno[3] dello stesso anno occupò Edirne, l'ex-capitale del regno, con un contingente di 3000 uomini, ma Bayezid II, che soggiornava lì a causa del catastrofico sisma avvenuto a Costantinopoli il 10 settembre 1509, vide questo atto di disobbedienza come un un tentativo di insurrezione, intraprendendo quindi una guerra civile fra padre e figlio. Tuttavia dopo pochi mesi, il 3 agosto 1511[4], Selim fu sconfitto dagli eserciti del sultano, ma gli fu comunque promesso il governatorato della provincia di Smederevo e la parola di non favorire Ahmet per l'ascesa al trono.

La ribellione di Şahkulu[modifica | modifica wikitesto]

Durante la guerra civile fra suo padre Bayezid II e suo fratello Selim, Ahmet fu incaricato di reprimere la rivolta Şahkulu in Anatolia. Giunto lì, invece di combattere, Ahmet approfittò della sua posizione per portare i soldati alla sua causa, abbandonando così il campo di battaglia. Il suo atteggiamento irrispettoso causò disagio fra le fila dei soldati, e portò anche alla morte del suo principale sostenitore, il Gran Visir Hadim Ali Pascià.

Conquista di Konya e morte del sultano[modifica | modifica wikitesto]

Sentendo parlare della sconfitta di Selim, Ahmet decise di recarsi ad Istanbul e farsi dichiarare sultano costringendo suo padre Bayezid II ad abdicare, tuttavia i Giannizzeri, divisione d'elite dell'esercito, bloccarono la sua strada, dichiarando apertamente il loro sostegno e il loro appoggio ad un sultano più capace, quale era Selim. Per questi motivi, Ahmet ripiegò nella provincia di uno dei suoi nipoti, Konya, e ivi si fece dichiarare sultano. Bayezid II lo intimò di tornare nella sua provincia, tuttavia ricevette un rifiuto da Ahmet, il quale era irremovibile. Avendo Bayezid preso coscienza della totale indipendenza dei propri figli dal suo volere, fu costretto dai Giannizzeri ad abdicare in favore di Selim il 24 aprile 1512, e morì circa un mese dopo, il 26 maggio, o il 10 giugno[4], o addirittura qualche fonte riporta 17 ottobre[5].

Scontri diretti con Selim e morte[modifica | modifica wikitesto]

Anche dopo l'abdicazione di suo padre e la salita al trono del fratello, Ahmet continuò a governare una parte dell'Anatolia, autoproclamandosi sultano. Intanto Selim preparò un'offensiva contro il fratello rivale distribuendo somme di denaro ai Giannizzeri per animarli alla battaglia, tuttavia gli sforzi del neo sultano furono resi vani da Ahmet, che si era nascosto nei deserti della Cilicia. Sapendo che la lotta non era ancora terminata, Ahmet sfrutto l'aiuto di Mustafà Pasha, uomo a lui particolarmente vicino poichè aveva già aiutato il padre Bayezid II ad avvelenare Selim[1](con scarsi risultati), ma il tutto fu presto scoperto. A questo punto Ahmet si diede in preda alla disperazione, ma non abbandonò l'ambizione di togliere lo scettro reale dalle mani del fratello, così riunì le poche truppe rimaste a lui fedeli, e con l'ausilio di quelle del Re della Frigia, allestì un ultimo assalto. Gli eserciti di Selim, appoggiato dai Giannizzeri, e gli eserciti di Ahmet si scontrarono a Yenişehir, presso Bursa, il 24 aprile 1513 o, secondo altre fonti, nel 1514[1]. La battaglia vide esito positivo per il nuovo sultano, ma Ahmet tentò una fuga travestendosi da un membro del Sipahi, le truppe scelte dell'Osmanlı İmparatorluğu Ordusu, ma fu inseguito dai vincitori per poi essere tramortito con un colpo alla testa. Giunto al palazzo, egli fu riconosciuto e fatto prigioniero, per poi essere condotto davanti a Selim, che dopo averlo deriso e ridicolizzato con fine sarcasmo davanti all'esercito lo fece rinchiudere in una tenda imperiale, ove trascorse gli ultimi giorni di vita prima di essere strangolato per ordine del fratello con l'accusa di Baghy(il crimine della ribellione contro lo Stato)[6].

Nella cultura popolare[modifica | modifica wikitesto]

Videogiochi[modifica | modifica wikitesto]

Ahmet appare prima come aiutante, poi come uno dei principali antagonisti, nel videogame Assassin's Creed: Revelations, in qualità di (nella finzione della serie) membro dell'Ordine dei Templari.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d Come di consuetudine ottomana, i principi della famiglia del Sultano ottenevano il titolo amministrativo di "Sangiacchi" (traslitterazione della sopracitata parola turca "Sanjak-bey"), come governatori delle suddivisioni amministrative dell'Impero Ottomano, chiamatate "Sangiaccati" (traslitterazione della sopracitata parola turca "Sanjak", traducibile in "distretto"). Errore nelle note: Tag <ref> non valido; il nome "ref2" è stato definito più volte con contenuti diversi
  2. ^ C. Finkel, Osman's Dream: The History of the Ottoman Empire 1300-1923, pag. XXI
  3. ^ C. Finkel, Osman's Dream: The History of the Ottoman Empire 1300-1923, pag. XXII
  4. ^ a b Gábor Ágoston, Encyclopedia of the Ottoman Empire, sezione Selim I, pag. 512
  5. ^ Vincenzo Abbondanza, Dizionario storico delle Vite di tutti i Monarchi Ottomani; Fino al Regnante Ahmet IV e delle più riguardevoli cose appartenenti a quella Monarchia, pag. 60
  6. ^ Ahmed Akgündüz, Ottoman History: Misperceptions and Truths,  capitolo "The Reign of Yavuz Selim (The Excellent), pag.165

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Caroline Finkel, Osman's Dream: The Story of the Ottoman Empire 1300-1923, Londra, John Murray, 2006. ISBN 978-1848547858
  • Vincenzo Abbondanza, Dizionario storico delle Vite di tutti i Monarchi Ottomani; Fino al Regnante Ahmet IV e delle più riguardevoli cose appartenenti a quella Monarchia, Roma, Nabu Press, 2010. ISBN 978-1141919420
  • Gábor Ágoston, Encyclopedia of The Ottoman Empire, New York, Facts on File Inc., 2009. ISBN 978-0816062591
  • Ahmed Akgündüz, Said Öztürk, Ottoman History: Misperceptions and Truths, Istanbul, IUR Press, 2011. ISBN 978-9090261089

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]