Utente:Lisa16031977/Sandbox

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L'edificio, originariamente sede dell'Istituto di Riposo per la Vecchiaia, fu progettato nella seconda metà dell’800 per far fronte all’aumento del numero dei ricoverati e all'inadeguatezza della precedente struttura situata presso l’attuale “Palazzo degli Stemmi” in via Po.

Tramite un concorso pubblico, la realizzazione venne affidata all’architetto Crescentino Caselli (1849-1932), allievo di Alessandro Antonelli, che ebbe a disposizione un terreno considerato salubre allora lontano dall’abitato, situato lungo il viale di Stupinigi (l’attuale corso Unione Sovietica).

Completato tra il 1883 e il 1887, l’edificio - conosciuto ancora oggi come i “Poveri Vecchi” -  è un significativo esempio di architettura ottocentesca torinese. Si compone di quattro padiglioni paralleli a tre piani, collegati da un padiglione centrale più stretto. Dotato di impianti all'avanguardia per l'epoca, come il riscaldamento a vapore e moderni servizi igienici, subì gravi danni durante la Seconda Guerra Mondiale ma fu successivamente ricostruito. Oggi, l'edificio ospita la Scuola di Management ed Economia dell'Università di Torino, il CSI Piemonte e altre istituzioni.

La storia dell'Istituto

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Istituto Ex IRV
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegionePiemonte
LocalitàTorino
IndirizzoCorso Unione Sovietica 220
Informazioni generali
CondizioniIn uso
Costruzione1881-1887
UsoIl complesso monumentale attualmente ospita: la Scuola di Economia e Management dell'Università di Torino, il CSI Piemonte, uffici del Comune di Torino e una Residenza Sanitaria per anziani
Piani3
Area calpestabile25.000 m²
Realizzazione
ArchitettoCrescentino Caselli

Fondato nel 1582 su iniziativa della Compagnia di San Paolo, l’Istituto di Riposo per la Vecchiaia, originariamente noto come "Regio Ospizio di Carità", fu istituito allo scopo di affrontare il problema dei poveri della capitale dello Stato Sabaudo in continua espansione.

Il primo tentativo sistematico di assicurare un ricovero agli indigenti fu compiuto dal duca Carlo Emanuele I, il quale, con l’editto del 10 marzo 1627, impegnava se stesso e i suoi successori, a fornire gli aiuti necessari per l’istituzione di un sistema socio-sanitario capace di garantire un concreto supporto alla mendicità ponendo fine al problema dell'accattonaggio in città. Tuttavia, le guerre e altri affari non permisero a Carlo Emanuele I di portare a termine la sua iniziativa.[1]

Nel corso dei secoli l'ospizio ha cambiato diverse sedi: dopo essere stato inizialmente collocato nel Lazzaretto di Dora, già destinato all'accoglienza dei pellegrini, l'ospizio fu successivamente trasferito nel sobborgo di Po, presso la Casa dei Reverendi Padri di San Giovanni di Dio.

Nel 1649 fu trasferito in una nuova sede appartenente alla famiglia Tarino, nella parrocchia dei Santi Marco e Leonardo. Nel 1658 fu ospitato nel nuovo palazzo di contrada d’Angennes, che in seguito sarebbe stato destinato a ghetto per gli ebrei. Tra il 1679 e il 1684, l'ospizio traslocò prima nella villa collinare di Madama Cristina e successivamente nella residenza di don Amedeo di Savoia, figlio illegittimo di Emanuele Filiberto, situata a Borgo Po, di fronte alla posta dei cavalli. Nel 1682, a seguito dell'espansione della città, Vittorio Amedeo II assegnò all'ospizio una sede propria, nell’area precedentemente occupata dall'Ospedale del Santo Sudario. La nuova sede fu inaugurata nel 1717 e denominata “Ospizio Generalissimo di Carità”. L'istituzione ricevette sostegno finanziario dalla casa reale e da nobili famiglie piemontesi, i cui stemmi furono collocati sulle arcate esterne dei portici del palazzo che si affacciava sulla via Po, successivamente noto come Palazzo degli Stemmi.

L'istituto continuò a accogliere mendicanti di ogni età, sia uomini che donne, a condizione che fossero nati a Torino o vi avessero domicilio da almeno tre anni.[2]

La nuova sede

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Locali mensa

Nel 1880, a causa dell'aumento significativo dei ricoverati e dell'impossibilità di espandere l'edificio poiché circondato da altre costruzioni la direzione dell’Ospizio di Carità dispose la costruzione di una nuova sede, che avrebbe dovuto ospitare almeno duemila persone, per sopperire alla ormai evidente inadeguatezza dell’antica struttura del centro.

Tramite un concorso pubblico, la realizzazione venne affidata all’architetto Crescentino Caselli (1849-1932), allievo di Alessandro Antonelli, che ebbe a disposizione un terreno considerato salubre allora lontano dall’abitato, situato nei pressi della Cascina Medico, già di proprietà dell’Istituto, lungo il viale di Stupinigi, l’attuale corso Unione Sovietica, lungo la strada che collega la città alla Palazzina di Caccia di Stupinigi. L’opera realizzata da Caselli è uno degli edifici più imponenti dell’architettura torinese dell’Ottocento, composto da quattro padiglioni paralleli a tre piani, simmetrici rispetto a un padiglione centrale più stretto con una manica a due piani che collega frontalmente i padiglioni. Immense le dimensioni: 25.000 metri quadrati di fabbricato, corrispondenti a circa 450.000 metri cubi. L’edificio è oggi la sede della Scuola di Management ed Economia dell’Università di Torino, del CSI Piemonte, di Servizi sanitari e uffici.[3]

Costruzione 1883-1887

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  1. ^ Centini M. (a cura di), La grande enciclopedia di Torino, Newton & Compton, 2003, p. 451.
  2. ^ Bonasso E., Libert G. e Fagnola C., Santa Rita: un santuario e un quartiere torinese, Associazione Nostre Origini, 2008, pp. 97-99.
  3. ^ Istituto di Riposo per la Vecchiaia, detto Ospizio dei Poveri Vecchi, su museotorino.it.

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Enrico Bonasso et al., Santa Rita, il quartiere dei Centomila, Torino, Graphot editrice, 2015, ISBN 9788897122777.

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