Utente:Haldir Marchwarden/Ezio Mizzan

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Ezio Mizzan

Ambasciatore d'Italia in Thailandia
Durata mandato24 febbraio 1959 –
21 agosto 1965

Ambasciatore d'Italia in Pakistan
Durata mandato23 agosto 1966 –
26 marzo 1969

Dati generali
UniversitàUniversità di Roma
Professionediplomatico

Ezio Mizzan (Trieste, 1905Rawalpindi, 26 marzo 1969) è stato un diplomatico italiano. Dopo essersi laureato in giurisprudenza a Roma, Mizzan iniziò la sua carriera diplomatica alla Farnesina. Fu inviato come console a Rio e Annaba, e prestò servizio come diplomatico nelle ambasciate italiane a Bucarest, Bruxelles, Berlino e Parigi. A metà del 1946 fu inviato in Cina, dove fu in principio nominato console di Hankou. Mizzan visse in prima persona l'avvento del comunismo in Cina, dove rimase, come primo segretario dell'ambasciata italiana e di fatto leader delle relazioni diplomatiche, dopo il rientro in Italia dell'ambasciatore italiano nel 1950. Mizzan svolse un ruolo di primo piano nelle relazioni bilaterali tra Cina e Italia.

Nel 1951, temendo ripercussioni politiche per l'Italia e per la vita dei diplomatici italiani in Cina, che erano ancora di stanza a Nanchino, la capitale rivendicata della Repubblica di Cina, egli suggerì a Roma di superare la fase di incertezza e fare una scelta, o riconoscere formalmente la Cina, e quindi trasferirlo a Pechino, la nuova capitale cinese, o rompere definitivamente i rapporti con la Cina, evacuando tutti i diplomatici. L'Italia scelse di smantellare l'ambasciata e Mizzan partì per Honk Kong alla fine del 1951. Divenne in seguito il secondo Ambasciatore d'Italia in Thailandia (1959-1965) e il nono Ambasciatore d'Italia in Pakistan (1966-1969).

Biografia e attività diplomatica[modifica | modifica wikitesto]

Mizzan nacque a Trieste, oggi capoluogo del Friuli-Venezia Giulia, all'epoca sotto il dominio austro-ungarico, da una famiglia italiana originaria di Pisino, in Istria.[1][2]

Dopo essersi laureato all'Università degli Studi di Roma, egli proseguì gli studi all'estero e nel 1932 iniziò la sua carriera di diplomatico.[1][2] Fu impiegato per brevi periodi presso il Ministero degli Affari Esteri a Roma, dove in seguito fu impiegato per risolvere i problemi relativi alla Venezia Giulia.[1] Mizzan fu inviato come console a Rio de Janeiro, in Brasile, e in seguito divenne console italiano ad Annaba, in Algeria. Fu impiegato poi come diplomatico presso le ambasciate italiane di Bucarest, Bruxelles, Berlino e Parigi.[1]

A metà del 1946 fu inviato in Cina e nominato console di Hankou.[1] Mizzan arrivò in Cina a 41 anni e divenne il primo segretario dell'ambasciata italiana a Nanchino.[1][3] In Cina egli visse in prima persona l'avvento del comunismo. Mizzan fu «il funzionario italiano di grado maggiore fra quelli che – fra mille difficoltà – resistettero al loro posto dopo lo scoppio della guerra in Corea, pur non riconosciuti da Pechino».[3][4] Mizzan si trovò alla guida delle relazioni diplomatiche tra Italia e Cina dopo che l'ambasciatore italiano si rifugiò in Italia nel 1950.[5] Lui e gli altri funzionari non erano riconosciuti e non erano privilegiati dalle autorità cinesi, che li consideravano semplicemente cittadini stranieri. Né i funzionari né i loro averi né gli edifici delle ambasciate «godevano dei privilegi normalmente riconosciuti ai diplomatici».[5][3] Dopo lo scoppio della guerra in Corea, la tensione crebbe. La posizione di Mizzan e degli altri diplomatici divenne scomoda, e Roma, dopo la ricezione del consiglio di Mizzan e la successiva consultazione di ex ambasciatori e studiosi italiani, decise di procedere con lo smantellamento dell'ambasciata e l'incenerimento degli archivi contenenti la corrispondenza diplomatica a Shanghai.[5] Come riportato in un telegramma inviato da Mizzan a Roma nell'ottobre 1950, l'assenza di immunità avrebbe potuto mettere lui ed i suoi colleghi in una posizione scomoda, fossero stati colti di sorpresa. Gli archivi includevano il carteggio politico dal 1929 al 1943, e v'erano anche archivi più vecchi, con il tutto che costituiva «un ingombrante ricordo del passato».[5]

Nel 1951 riferì da Nanchino che in assenza di un formale riconoscimento della Cina comunista, la sua permanenza nella vecchia capitale, ovvero quella rivendicata della Repubblica di Cina, avrebbe potuto creare inconvenienti di natura politica, oltre che mettere la sua vita e quella degli altri diplomatici in pericolo. Mizzan consigliò a Palazzo Chigi di essere forte e prendere posizione, o procedendo con il riconoscimento formale, trasferendolo così a Pechino, la nuova capitale, oppure rompendo tutti i rapporti con la Cina, ritirando tutti i diplomatici.[5] Mentre le massime autorità italiane ponderavano, Mizzan telegrafava che la polizia comunista stava restringendo sempre più i suoi movimenti e la sua attività.[5]

Roma decise infine di procedere con la chiusura dell'ufficio.[5] Mizzan riuscì a malapena a ottenere un visto per uscire dalla Cina, mentre Roma telegrafava che gli archivi dovevano essere inviati a Shanghai, ove possibile, o altrimenti distrutti.[5] Nel dicembre 1951 Mizzan raggiunse finalmente Hong Kong.[5]

Mizzan svolse un ruolo di primo piano nelle relazioni bilaterali tra Cina e Italia.[3][6]

Divenne poi Consigliere dell'Ambasciata d'Italia a Nuova Delhi.[1] Il 24 febbraio 1959[7] divenne Ambasciatore d'Italia in Thailandia, ricoprendo l'incarico fino all'agosto 1965.[7] Mizzan lasciò Bangkok il 21 agosto 1965.[7] Fu poi nominato Ambasciatore d'Italia in Pakistan, mentre il paese era sotto il governo del Feldmaresciallo Ayub Khan.[8] Venne ricevuto a Karachi dalle autorità pakistane.[9] Mizzan ricoprì questo incarico fino alla sua morte, avvenuta il 26 marzo 1969.

Mizzan fu nominato Grande Ufficiale dell'Ordine al Merito della Repubblica il 2 giugno 1965.[10]

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Grande ufficiale dell'Ordine al merito della Repubblica italiana - nastrino per uniforme ordinaria

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g LACRIME D' ESILIO - foto, su arenadipola.com, L'Arena di Pola.
  2. ^ a b Foreign Affairs Bulletin Volume 1, Department of Information, Ministry of Foreign Affairs, 1961, pp. 67-79.
  3. ^ a b c d NANCHINO, APRILE 1952: DAI RAPPORTI RISERVATI DEL NOSTRO ‘AMBASCIATORE’ MIZZAN, su limesonline.com, Limes.
  4. ^ Vincenzo Moccia, La Cina di Ciano, libreriauniversitaria.it, 2014, pp. 155-160, ISBN 978-8-862-92514-3.
  5. ^ a b c d e f g h i Storia & Diplomazia Rassegna dell’Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri (PDF), n. 1, Ministero degli Affari Esteri, February 2013, pp. 40-43.
  6. ^ STEFANO BELTRAME E LA SUA “BREVE STORIA DEGLI ITALIANI IN CINA”, su diplosor.wordpress.com.
  7. ^ a b c Foreign Affairs Bulletin Volume 5, Information Department, Ministry of Foreign Affairs, 1965, 103.
  8. ^ List of the Diplomatic Corps and Consular, Trade & Other Foreign Representatives, Government of Pakistan Press, 1969, pp. 2; 56.
  9. ^ Illustrated Weekly of Pakistan Volume 19, Issues 12-25, Pakistan Herald Publications, 1967, p. 39.
  10. ^ Mizzan Sig. Ezio, su quirinale.it, Presidenza della Repubblica.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Ambasciatore d'Italia in Thaliandia Bandiera della Thailandia Successore
Guelfo Zamboni 1959 - 1965 Andrea Ferrero
Predecessore Ambasciatore d'Italia in Pakistan Bandiera del Pakistan Successore
Luca Dainelli 1966 - 1969 Franco Bounous

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]