Utente:Giacomo-gu/SandboxPeste

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La peste dal punto di vista medico[modifica | modifica wikitesto]

Cause e rimedi del tempo[modifica | modifica wikitesto]

I medici dell'epoca rimasero disorientati di fronte a questo fenomeno, per loro incomprensibile; allora la formazione del medico prevedeva una solida preparazione filosofica, che impegnava la maggior parte del loro studio. Le teorie mediche risalivano all'antichità, a Ippocrate e Galeno, secondo i quali le malattie nascevano da una cattiva miscela (discrasia) dei quattro umori del corpo: sangue, flemma, bile gialla e bile nera.[1][2] L'idea stessa del contagio era sconosciuta alla medicina galenica e del tutto impensabile era la trasmissione di malattie da animale a uomo. Per la quantità di persone contagiata dal morbo e la velocità con cui si difendeva, gli studiosi ricorsero ad Ippocrate per cercarne la causa:

«Allorché molti uomini son cólti da una sola malattia nello stesso tempo, occorre imputarne la causa a ciò che v'è di più comune e di cui tutti in primo luogo ci serviamo: e questo è ciò che respiriamo.»

Basandosi su questo, i medici del tempo decisero che l'origine del male era l'aria umida e fredda che ci fu nella primavera 1348.[4] L'idea era che questa fosse dovuta alla congiunzione di Giove, Saturno e Marte, avvenuta tre anni prima. Questa tesi fu sostenuta da vari studiosi, tra cui Guy de Chauliac[4] e Gentile da Foligno, il quale morì di peste dopo aver elaborato la teoria del soffio pestifero.[5] La facoltà di medicina dell'Università di Parigi, incaricata da Filippo VI di redigere una relazione sulle cause dell'epidemia,[4] fece propria questa tesi e così questa spiegazione assunse grande autorevolezza e venne tradotta in numerose lingue europee.

Angelo Antonio Frari nella sua opera riporta che molti consideravano un castigo divino o che provenisse il morbo provenisse dall'oriente e fosse stato causato da un fuoco, o caduto dal cielo o proveniente da sottoterra, che espandendosi diffondeva il morbo.[6]

I consigli o regimi contro la peste, opere mediche che mostravano come difendersi dal contagio, divennero quasi un genere letterario: i regimina contra pestilentiam.[7] Questi proponevano più che altro soluzioni volte a prevenire piuttosto che curare la malattia.[8] Poi La maggior parte delle soluzioni proposte per evitare il contagio era il rifugiarsi in campagna, o comunque fuggire dal morbo.[8] Poi venivano dati suggerimenti più o meno dettagliati su cosa mangiare e come vivere. Per esempio Tommaso del Garbo consigliava di arieggiare bene le stanze, di lavarsi con aceto e acqua di rose, di mangiare cibi buoni e di astenersi dai rapporti fisici, i quali stimolavano gli umori corporei.[8] Le terapie proposte erano quelle tipiche galeniche, quindi salassi e cauteri. I farmaci usati dovevano controbilanciare le qualità della peste; ad esempio, essendo questa umida e calda, per via dei bubboni e della febbre, si potevano usare pietre, come smeraldi e zaffiri, terre ed erbe, come l'ersicaria, che erano secche e fredde; poichè gli appestati sono pallidi, si usava lo zafferano.[9] Secondo molti la peste colpiva di preferenza le donne giovani e belle: in effetti la peste contagiava con maggior facilità più le donne degli uomini e più i giovani che gli anziani.[senza fonte]

Molti medici di fronte alla peste fuggivano, ma se fuggivano erano considerati dei vigliacchi, mentre se restavano erano considerati interessati solamente al denaro.[senza fonte] Riferisce il cronista fiorentino Marchionne di Coppo Stefani:

«Medici non se ne trovavano, perocché moriano come gli altri; e quelli che si trovavano, voleano smisurato prezzo in mano innanzi che intrassero nella casa, ed entratovi, tocavono il polso col viso volto adrieto, e' da lungi volevono vedere l'urina con cose odorifere al naso.»

In caso di peste l'unico dovere del medico era di invitare l'ammalato a confessarsi. Il rimedio cui i medici più frequentemente ricorrevano erano fumigazioni con erbe aromatiche. Papa Clemente VI, per tutta la durata dell'epidemia ad Avignone, rimase rinchiuso nei suoi appartamenti, dove erano accesi grandi falò. È probabile che in questo modo riuscì realmente a sfuggire al contagio: il calore allontana le pulci.[11]

Per cercare di contenere l'epidemia, i vari governi delle città italiane iniziarono a nominare funzionari addetti alla salute pubblica, come a Firenze, Venezia e Pistoia.[12] Questi ordinarono la chiusura dei mercati, il divieto di rivendita dei vestiti degli appestati e i funerali. A Pistoia venne istituito nel 1348 il primo corpo di beccamorti.[12] Inizia a farsi strada anche l'idea di isolare i malati: a Milano le case dei primi appestati vennero sprangate con i malati dentro. Le città non fecero più entrare le persone provenienti da regioni in cui l'epidemia era accertata.[12] Nel 1377 a Ragusa, le navi provenienti da zone infette dovevano aspettare un mese prima di poter entrare in porto. Per i viaggiatori terrestri i giorni divennero quaranta, poichè se una malattia si fosse manifestata dopo questo momento, secondo Ippocrate, n on sarebbe potuta essere una malattia acuta, ma una cronica, quindi non peste.[12]

A lungo termine la peste fece sì che la medicina si emancipasse dalla tradizione galenica. Papa Clemente VI consentì che si sezionassero cadaveri, pur di scoprire le cause dalla malattia.[11] La ricerca diretta sul corpo umano per mezzo di studi anatomici ebbe un maggior impulso dopo la peste, un primo passo in direzione della medicina moderna e della scienza empirica.[senza fonte] Tuttavia dovettero trascorrere quasi duecento anni prima che Girolamo Fracastoro (1483-1533) si confrontasse in maniera più sistematica con l'idea di contagio.

La spiegazione della medicina moderna[modifica | modifica wikitesto]

In origine il bacillo viveva e si diffondeva nei ratti grazie al contagio dovuto alle pulci. Tuttavia, man mano che i ratti infetti diminuivano, le pulci si spostarono verso l'uomo. Le specie di pulci coinvolte secondo Cosmacini sono due: Xenopsylla Cheopis e Pulex Irritans.[13] Quest'ultima, secondo alcuni studi, fu la pulce che lo trasmise maggiormente agli uomini.[14] Lo spostamento delle pulci dai topi alle persone avvenne facilmente in Europa anche grazie alla scarsa igiene personale. Una volta iniziata l'epidemia, il batterio si trasmise anche per via aerea, passando da peste bubbonica si passò alla peste polmonare e setticemica.[14]

Nonostante l'aria fredda e umida non sia la causa della malattia, ne favorì il diffondersi: la capacità pestigena delle pulci varia al variare delle condizioni climatiche, ed è appurato che questa aumenti in climi caldi e secchi o freddi e umidi. Il bacillo che è la causa della malattia è lo Yersinia Pestis.[15]

La persecuzione degli ebrei[modifica | modifica wikitesto]

L'autorità della Chiesa e dello Stato crollò molto rapidamente, anche per l'inefficacia delle misure messe in campo contro il contagio. Nel Decameron Boccaccio annota: «E in tanta afflizione e miseria della nostra città era la reverenda autorità delle leggi, così divine come umane, quasi caduta e dissoluta tutta per li ministri e esecutori di quelle, li quali, sì come gli altri uomini, erano tutti o morti o infermi o sì di famigli rimasi stremi, che uficio alcuno non potean fare; per la qual cosa era a ciascun licito quanto a grado gli era d'adoperare».[16] A soffrire maggiormente di questa perdita di autorità fu chi si trovava ai margini della società medievale.

I pogrom ebbero inizio quando la popolazione esasperata cercava un colpevole e ve lo trovò appunto negli ebrei che, nonostante il forte calo nel traffico delle lane, continuavano a pretendere le imposte in quanto molti di loro erano esattori.[senza fonte] Dall'arrivo in Provenza della malattia gli ebrei vennero presi di mira: a Tolone e Barcellona ci furono massacri e saccheggi. Questi primi eventi furono causati dall'isteria generale della popolazione.[17] Dopo questi primi avvenimenti gli stati si mossero in loro difesa: gli aggressori di Tolone vennero arrestati;la regina Giovanna I di Napoli diminuì i tributi dovutile dagli ebrei. Anche il papa Clemente VI tramite una bolla disse che la malattia non era dovuta all'intervento umano, ma aveva una causa naturale o divina.[18]

L'accusa che gli ebrei avvelenassero fonti e pozzi cominciò a circolare nell'estate del 1348: in Savoia sotto tortura alcuni ebrei inquisiti avevano ovviamente ammesso questo reato.[19] Successivamente, in un processo analogo in Svizzera, un mercante ammise che durante i suoi viaggi aveva infettato i pozzi delle città in cui era passato. Ammise inoltre che era un complotto ebraico in cui tutta la popolazione era coinvolta.[20] Queste confessioni si diffusero rapidamente in tutta Europa e scatenarono un'ondata di violenze, soprattutto in Svizzera e in Germania.[20] Il papa emanò una seconda bolla in cui sottolineava come anche gli ebrei morissero a causa della peste e ne ribadiva l'innocenza. Lo stesso cercarono di fare altri eruditi.[20][21] Il 9 gennaio 1349 a Basilea venne uccisa una parte degli ebrei che vi abitavano. Il consiglio cittadino della città aveva allontanato i più agitati tra quelli che istigavano alla violenza, ma la popolazione si rivoltò, costringendo gli amministratori a togliere il bando e a cacciare gli ebrei. Una parte di loro venne rinchiusa in un edificio su di un'isola sul Reno, cui poi venne dato fuoco.[senza fonte] Anche a Strasburgo il governo cittadino aveva tentato di proteggere gli ebrei, ma venne esautorato dalle corporazioni.[22] Il nuovo governo si mostrò tollerante verso l'annunciato rogo dei circa 2 000 ebrei, che ebbe luogo nel febbraio 1349, quando la peste ancora non aveva raggiunto la città.[23] Vennero uccisi 900 ebrei sui 1884 residenti a Strasburgo.[senza fonte]

Si discute sul ruolo dei flagellanti nei pogrom. Si riteneva che ancora prima dell'arrivo della peste essi avessero istigato la popolazione contro gli ebrei in città come Friburgo, Colonia, Augusta, Norimberga, Königsberg e Ratisbona. La ricerca più recente è però del parere che i flagellanti siano stati una "comoda giustificazione" (Haverkamp).

Nel marzo 1349 quattrocento ebrei di Worms preferirono appiccare il fuoco alle loro case e morirvi che finire nelle mani della folla in rivolta. Lo stesso fecero in luglio gli ebrei di Francoforte, mentre a Magonza gli ebrei si difesero e uccisero duecento dei cittadini che li stavano attaccando. Tuttavia alla fine anche a Magonza, che all'epoca era la più grande comunità ebraica d'Europa, gli ebrei si suicidarono incendiando le proprie case. I pogrom proseguirono sino alla fine del 1349. Gli ultimi ebbero luogo ad Anversa e Bruxelles.[senza fonte] Quando la peste cessò ben pochi ebrei erano rimasti tra Germania e Paesi Bassi, i più furono uccisi o si spostarono verso l'Italia.[24]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Cosmacini, p. 18.
  2. ^ Ippocrate, "La natura dell'uomo" in Opere di Ippocrate, a cura di Mario Vigetti, Torino, Utet, 1976, p. 439.
  3. ^ Cosmacini, p. 20.
  4. ^ a b c Cosmacini, p. 19.
  5. ^ Cosmacini, p. 21.
  6. ^ Frari, p. 321.
  7. ^ Cosmacini, p. 22.
  8. ^ a b c Cosmacini, p. 24.
  9. ^ Cosmacini, pp. 24-26.
  10. ^ Lodovico Antonio Muratori, Giosuè Carducci e Vittorio Fiorini, Rerum italicarum scriptores; raccolta degli storici italiani dal cinquecento al millecinquecento ordinata da L.A. Muratori. Nuova ed. riv. ampliata e corr. con la direzione di Giosuè Carducci, Città di Castello Tipi dell' editore S. Lapi, 1900, p. 230. URL consultato il 16 novembre 2019.
  11. ^ a b La nascita dell'anatomia, su filosofiaescienza.it.
  12. ^ a b c d Cosmacini, pp. 36-37.
  13. ^ Cosmacini, p. 7.
  14. ^ a b Cosmacini, p. 8.
  15. ^ Cosmacini, p. 19.
  16. ^ Giovanni Boccaccio; Decameron.
  17. ^ Foa, p. 11.
  18. ^ Foa, p. 12.
  19. ^ Foa, p. 12.
  20. ^ a b c Foa, p. 13.
  21. ^ (EN) Faye Marie Getz, Inventarium sive Chirurgia Magna. Vol. 1, Text, in Bulletin of the History of Medicine, vol. 72, n. 3, 1º settembre 1998, pp. 533–535, DOI:10.1353/bhm.1998.0142. URL consultato il 19 novembre 2019.
  22. ^ Foa, p. 14.
  23. ^ Foa, p. 14.
  24. ^ Foa, pp. 15,142.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]