Utente:Chiaralaurino/sandbox

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Don Giuseppe Rendina nacque a Potenza intorno alla fine del XVI secolo, figlio di Ottavio, della città di Muro e di Vittoria Pascale.

Fu educato nel Seminario diocesano di Potenza, dove intraprese la carriera ecclesiasticaː infatti fu per qualche tempo parroco di Tito, centro della diocesi potentina.

Si impegnò, tornato a Potenza, ad esaminare e studiare documenti presenti all’interno dell’archivio della cattedrale. La sua vita da studioso fu, tuttavia, turbata dalla rivolta di Masaniello nelle province del Regno di Napoli (1647-48).

Dopo questi avvenimenti si recò a Roma, dove conobbe Ferdinando Ughelli, al quale fornì notizie e documenti (pubblicati in seguito nell’opera Italia Sacra) e Camillo Tutini, che lo stimolarono a scrivere un'opera storica.

Soggiornò per un breve periodo anche a Firenze e quando tornò nella sua città natale assunse la carica di arcidiacono della Cattedrale, dedicandosi alla stesura della sua opera Istoria della città di Potenza.

Dopo il 1673 non abbiamo più sue tracceː si presuppone che sia morto poco dopo, forse nemmeno completando l’opera[1].

Secondo le testimonianze di Onofrio Pasanisi è inesatto attribuire il titolo nobiliare dato a Rendina sostenendo che la famiglia d'origine fu insignita del titolo di conte sub pheudo_acquirendo dal re Filippo IV il 22 dicembre 1622 nella persona di Carlo. Questo titolo onorifico venne infisso nel feudo di Campomaggiore nel 1798 , periodo in cui Teodoro, ereditario del feudo ne ottenne il 13 gennaio l'intestazione nel libro del Regio Cedolario.[2].

Libro III[modifica | modifica wikitesto]

Capitolo I[modifica | modifica wikitesto]

Rendina si sofferma sulla storia della cattedrale di Potenza e dei vescovi che si susseguirono. Il primo di questi fu Amanzio Seu Amando che partecipò al concilio romano del 498 e poi nel 559 divenne vescovo Pietro. Secondo Rendina la cattedrale fu eretta non prima dell'anno 400 della Salute.[3].

Capitolo II[modifica | modifica wikitesto]

I Longobardi dopo aver occupato l'Italia la divisero in dodici ducati, tra i quali quello più importante era Benevento. Questo, come si legge nell'Istoria Beneventana di Eremberto, era governato dal principe Arechi che costruì sia un monastero femminile che il tempio di santa Sofia. Riguardo quest'ultimo il Rendina racconta una vicenda personale: essendo molto devoto a sant'Aronzio si recò a Benevento dove potè visitare proprio questo tempio costruito alla stessa maniera di quello situato a Costantinopoli. Nel mezzo di questo vi era posta la statua del principe Arechi con una base di marmo bianco sulla quale vi era il nome del santo.[4].

Capitolo III[modifica | modifica wikitesto]

Rendina si sofferma ora sulla storia di San Gerardo. Egli nacque in una città della Liguria e le notizie riguardo la sua biografia vengono narrate dal vescovo Manfredi nella sua opera. La famiglia del santo era molto famosa a Piacenza e egli una volta raggiunta la maturità abbandonò la casa paterna e iniziò la sua carriera ecclesiastica a Potenza. Qui iniziò ad istruire i fanciulli potentini con incredibile pazienza. La sua santità fu così tanto recepita dai cittadini di Potenza che questi iniziarono ad acclamarlo e in seguito fu dichiarato vescovo. Si trasferì poi ad Acerenza dove ebbero luogo i suoi primi miracoli; era talmente buono da accogliere nella sua casa molti infermi. Per circa otto anni visse nel vescovado; anni in cui la città di Potenza splendette di gioia grazie a lui. Quando morì tutti i potentini furono molto afflitti e versarono non poche lacrime: venne celebrato il funerale e il corpo fu seppellito in una tomba di marmo fatta decorare da maestri molto abili in quest'arte.[5].

Capitolo IV[modifica | modifica wikitesto]

Manfredi racconta che san Gerardo guarì un paralitico e un monaco che era diventato pazzo. Una volta egli sognò il santo che gli porgeva la mano e risvegliatosi cercò di interpretare la sua visione che alla fine si rivelò premonitrice in quanto venne eletto vescovo. Rendina racconta che gli capitò di leggere una lettere scritta da Domenico Aprile Siciliano in cui si evince la devozione di questo autore della lettera verso san Gerardo che riuscì a guarirlo da una malattia.[6].

Capitolo V[modifica | modifica wikitesto]

Rendina narra della venuta dell'imperatore Lotario che giunse dalla Germania con un grande esercito e occupò Bari, Melfi e altri luoghi della Puglia per giungere poi con il papa a Potenza. Si pensa che in questo periodo fu anche edificata la città di Atella; allora era vescovo di Potenza Eliacchimo. Nel 1221 reggeva la chiesa di Potenza il vescovo Garzia e con lui il numero dei canonici della cattedrale, che prima era illimitato, si ridusse a dodici canonici. Inoltre Rendina afferma che all'interno dell'altare Santo Moro de Ferri era disposto il corpo di San Gerardo. Quando il Vescovo De Vargas fece aprire il tumulo, in prossimità dei lavori di ristrutturazione che prevedevano un ampliamento della cappella, non si trovò nessuna parte del corpo del Santo . Successivamente iniziarono i lavori per la chiesa di San Francesco sotto l'episcopato di un nuovo vescovo. Durante l'edificazione di questa chiesa , accadde un miracolo che venne raccontato da Fra Pietro Dalva Dostorga nel libro intitolato Naturae Prodigium .[7].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ R. M. Abbondanza Blasi, Storia di una città:Potenza. Da un manoscritto della seconda metà del sec. XVII, Salerno, Edisud, 2000, pp 1-6
  2. ^ Onofrio Pasanisi, Le memorie della città di Potenza dell'arcidiacono Giuseppe Rendina, Teramo, 1937, p. 7
  3. ^ R. M. Abbondanza Blasi, Storia di una città:Potenza. Da un manoscritto della seconda metà del sec. XVII,Salerno,Edisud, 2000,III 1, pp. 187-191
  4. ^ R. M. Abbondanza Blasi, Storia di una città:Potenza. Da un manoscritto della seconda metà del sec. XVII,Salerno, Edisud, 2000, III 2, pp. 191-195
  5. ^ R. M. Abbondanza Blasi, Storia di una città:Potenza. Da un manoscritto della seconda metà del sec. XVII,Salerno, Edisud,2000,III 3, pp. 195-205
  6. ^ R. M. Abbondanza Blasi, Storia di una città:Potenza. Da un manoscritto della seconda metà del sec. XVII,Salerno, Edisud,2000, III 4,pp. 205-241
  7. ^ R. M. Abbondanza Blasi, Storia di una città:Potenza. Da un manoscritto della seconda metà del sec. XVII, Salerno, Edisud, 2000, III 5, pp. 241-250