Unyo

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Unyo
La Unyo nel 1943
Descrizione generale
Tipoportaerei di scorta
ClasseClasse Taiyo
ProprietàBandiera del Giappone Marina imperiale giapponese
CantiereMitsubishi di Nagasaki
Radiazione17 settembre 1944
Destino finaleaffondata nel 1944.
Caratteristiche generali
Ponte di volo172,05 x 23,46 m
Propulsione2 gruppi turbine, 2 eliche, 4 caldaie
  • 25 200 shp (18 800 kW)
Velocità21 nodi (47,2 km/h)
Equipaggio850 ufficiali e marinai
Armamento
Armamento4 cannoni Type 89 calibro 127 mm in configurazione binata
4 mitragliere contraerei Type 96 calibro 25 mm in postazioni binate
Corazzaturanessuna
Mezzi aerei30
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La Unyo (雲鷹?, Un'yō, in giapponese "Poiana comune") era una portaerei di scorta classe Taiyo di costruzione giapponese, la seconda della sua tipologia, che partecipò come unità della Marina imperiale giapponese alla Guerra del Pacifico, all'interno delle vicende belliche della Seconda guerra mondiale.

Originariamente costruita come Yawagata Maru (八幡丸), una delle tre navi da carico della classe Nitta Maru costruite in Giappone alla fine degli anni trenta del XX secolo, fu trasferita alla Marina imperiale giapponese, ridesignata e convertita in portaerei di scorta nell'arsenale di Kure dal maggio al novembre 1942.[1] La nave trascorse la maggior parte del suo servizio trasportando aerei, merci e passeggeri in varie basi nel Pacifico. La Unyo fu gravemente danneggiata da un sommergibile della United States Navy all'inizio del 1944. Scampata alla distruzione, dopo aver completato le riparazioni nel giugno di quello stesso anno, la nave riprese a trasportare aerei e merci. Durante un viaggio di ritorno da Singapore, a settembre, fu affondata dal sommergibile USS Barb.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Sviluppo[modifica | modifica wikitesto]

Impiego operativo[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Galuppini 1979, p. 185.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Gino Galuppini, La portaerei: storia tecnica e immagini dalle origini alla portaerei atomica, Roma, Arnoldo Mondadori Editore, 1979, ISBN non esistente.

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]