Stragi di Perugia

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Perugia, monumento ai caduti del XX giugno 1859

Le stragi di Perugia indicano gli avvenimenti storici risorgimentali del 20 giugno 1859.

In tale data nella città di Perugia le truppe dei reggimenti svizzeri inviate da papa Pio IX attaccarono i patrioti cittadini che si erano ribellati al dominio dello Stato della Chiesa, procedendo all'occupazione della città, al saccheggio e al massacro di civili.

La situazione iniziale

La seconda guerra di indipendenza vide ottocento giovani perugini accorrere volontari nell'esercito sardo sui campi di battaglia dell'Italia settentrionale, mentre a Perugia era pronto un comitato insurrezionale collegato con la Società Nazionale, particolarmente con i centri di quest'ultima a Firenze e a Bologna.

Questo comitato si mosse il 14 giugno per chiedere al governo pontificio, attraverso il suo rappresentante a Perugia monsignor Luigi Giordani, di abbandonare la posizione di neutralità assunta nella guerra italiana. Poiché il rappresentante pontificio rifiutò di collaborare, il comitato lo cacciò e diede vita ad un governo provvisorio, che offrì la dittatura a Vittorio Emanuele.

A tale supremo organo fecero capo un comando di piazza, un comitato di difesa e altri essenziali organi di pubblica sicurezza e di difesa. Tali organi si resero necessari perché apparve subito chiaro che il governo pontificio, deciso a porre argine ai movimenti patriottici che minacciavano anche le regioni superstiti dello stato, non rinunciava a Perugia e si preparava a dare, riprendendola con la forza, un memorabile esempio. Apparve altrettanto chiaro che non c'era da attendersi alcun appoggio da parte di Cavour, che aveva la mani legate dai precisi accordi con Napoleone III e che pur trovava nell'insurrezione perugina motivi assai utili alla sua politica.

Il Cardinal Segretario di Stato Giacomo Antonelli, informato dell'accaduto, comunicò il 14 giugno stesso al monsignor Giordani (ritiratosi a Foligno) di «impedire insieme alla truppa ogni disordine, chiamando anche ove occorra qualche compagnia da Spoleto», nell'attesa di rinforzi di «due mila uomini e forse anche francesi». L'aiuto francese fu però rifiutato dal comandante dei corpi d'occupazione de Goyon, ma si approntò la spedizione del 1º reggimento estero, che contava circa 1700 uomini, guidati dal colonnello Antonio Schmidt d'Altorf.[1] Essi giunsero a Foligno il 19 giugno, dove Schmidt, monsignor Giordani e il Consigliere di Stato Luigi Lattanzi decisero di muovere immediatamente verso Perugia, onde evitare l'arrivo di rifornimenti alla città dalla Toscana.

Massacri e saccheggi

Gli Svizzeri al crocevia di Napoleone Verga. Museo dell'accademia di Perugia

Il governo provvisorio rivolse perciò coraggiosamente l'appello al popolo perché si preparasse alla difesa e l'appello fu raccolto.

Quando le truppe papali, il 20 giugno, forti di circa duemila uomini in gran parte svizzeri,[2] si presentarono davanti a Perugia, trovarono un migliaio di cittadini dispersi su un ampio fronte, male organizzati e armati - dalla Toscana erano giunte poche centinaia di fucili e per giunta non tutti in buono stato - ma animati da una commovente volontà di difesa.
La resistenza fu spezzata dopo un breve e accanito combattimento che ebbe come epicentro Porta San Pietro e che costò 10 perdite ai pontifici e 27 ai perugini[3]. Ad esso seguì un saccheggio, accompagnato dal massacro di civili, che rese immediatamente famoso il primo episodio di guerra popolare del 1859.
Figura di rilievo durante le stragi fu quella dell'abate del monastero di San Pietro Placido Acquacotta, il quale nascose e aiutò nella fuga numerosi civili.

Testimonianze

Numerosi contemporanei descrissero l'accaduto. Così è raccontato nelle parole del Sottointendente militare Pontificio Monari:

«I soldati passarono sopra queste barricate, presero d'assalto tutte le case ed il convento ove uccisero e ferirono quanti poterono, non eccettuate alcune donne, e procedendo innanzi fecero lo stesso nella Locanda a S. Ercolano, uccisero il proprietario e due addetti, ed erano per fare altrettanto ad una famiglia americana, se un volteggiatore non vi si fosse opposto, ma vi diedero il sacco, lasciando nel lutto e nella miseria la moglie del proprietario e arrecando un danno di circa 2000 dollari alla famiglia americana. Fatti simili sono accaduti in tre case, dappoiché il saccheggio ha durato qualche tempo durante il quale tre case sono stale incendiate. I soldati vincitori hanno fatto man bassa su tutto quanto loro capitava innanzi.»

Anche lo storico Pasquale Villari descrisse l'accaduto nella Storia generale d'Italia, da lui diretta:

«Furono saccheggiate trenta case, nelle quali — per confessione dello stesso Schmidt — fu fatto massacro delle stesse donne; furono invasi un monastero, due chiese, un ospedale e un conservatorio di orfane, nel quale sotto gli occhi delle maestre e delle compagne due giovanette furono contaminate. Alle immanità dei saccheggiatori seguirono, come legittimo corollario, il Governo statario bandito a Perugia dallo Schmidt, le onorificenze largite a lui ed ai suoi satelliti dal pontefice e i solenni e pomposi funerali indetti, dal card. vescovo Pecci (oggi Papa Leone XIII) con la iscrizione satanicamente provocatrice messa sul catafalco: Beati mortui qui in Domino moriuntur ...»

L'ambasciatore degli Stati Uniti a Roma, Stockton, scrisse al suo governo:

«Una soldatesca brutale e mercenaria fu sguinzagliata contro gli abitanti che non facevano resistenza; quando fu finito quel poco di resistenza che era stata fatta, persone inermi e indifese, senza riguardo a età o sesso, furono, violando l'uso delle nazioni civili, fucilate a sangue freddo»

Il New York Times, in riferimento alla vicenda della famiglia statunitense dei Perkins, testimone e vittima delle violenze, scrisse:

«Le truppe infuriate parevano aver ripudiato ogni legge e irrompevano a volontà in tutte le case, commettendo omicidi scioccanti e altre barbarità sugli ospiti indifesi, uomini donne e bambini.»

Le responsabilità

Rimane oscuro fino a che punto Pio IX possa essere ritenuto responsabile dell'accaduto. Alla sua partenza da Roma, pare che Schmidt abbia ricevuto le seguenti istruzioni segrete, firmate dal Cavalier Luigi Mazio, Uditore generale militare (che assunse la carica di Commissario Sostituto del Ministro pontificio delle armi, essendo essa vacante, così come quella del Ministro[6]):

«II sottoscritto Commissario Sostituto Ministro dà incarico a V. E. di ricuperare le Provincie alla Santità di N. S. sedotte da pochi faziosi, ed è perciò che Le raccomanda rigore perché servir deve di esempio alle altre, e com. si potranno tenerele lontane alla rivoluzione. Dò inoltre facoltà a V. S. di poter fare decapitare i rivoltati che si ritrovassero nelle case, non che risparmiare la spesa al Governo, e fare ricadere, tanto il vitto che la spesa della presente spedizione alla Provincia stessa.
Il Sostituto del Ministero C.L. Mazio»

L'ordine, divenuto pubblico il 29 giugno, fu smentito dal governo pontificio, che lo definì «maligna invenzione».[6]

Reazioni e onorificenze

Anche per la presenza, durante le violenze, di una famiglia statunitense (la famiglia Perkins), le stragi di Perugia ebbero larga eco in tutto il mondo, venendo recepite come "stragi autorizzate dal papa", e divenendo un punto fermo della tradizione patriottica cittadina. Non si deve al caso ma a una consapevole pianificazione se, durante la seconda guerra mondiale, la liberazione della città, già abbandonata giorni addietro dagli occupanti nazisti, fu fatta coincidere con la ricorrenza della strage del 20 giugno[senza fonte].

Giosuè Carducci ricordò l'evento nel suo sonetto Per le stragi di Perugia nel quale espresse una forte critica verso l'armata papale, sottolineando l'inconciliabilità fra il sangue sparso e l'insegnamento di Cristo.
Le stragi avvenute a Perugia, grazie all'ampia eco che ebbero oltreoceano, ispirarono inoltre il poeta statunitense John Greenleaf Whittier, nel suo From Perugia.

Per le azioni altamente patriottiche compiute, la città di Perugia è la nona tra le 27 città decorate con medaglia d'oro come "benemerite del Risorgimento nazionale"[8].

La Società Generale operaia di Mutuo Soccorso degli Artisti ed Artigiani di Perugia detiene, all'interno del suo archivio, i labari storici, listati a lutto, che ricordano le vittime della strage e che, all'inizio del secolo scorso, erano posti nei luoghi ove si svolsero gli avvenimenti.

Note

  1. ^ H. Nelson Gay, Uno screzio diplomatico fra il governo pontificio e il governo americano e la condotta degli Svizzeri a Perugia il 20 giugno 1859, Perugia, Unione tip. cooperativa, 1907, pp. 117-118.
  2. ^ H. Nelson Gay, p. 122
  3. ^ Giacomo Martina, La questione romana, in Pio IX, Roma, Editrice Pontificia Università Gregoriana, 1986, Pag. 90;. URL consultato il 23 novembre 2008.
  4. ^ «La Propaganda» n.461 del 2 luglio 1903
  5. ^ (EN) The Massacre at Perugia - The outrage to Mr. Perkins and his Party, in New York Times, 25 giugno 1859.
  6. ^ a b H. Nelson Gay, p. 119
  7. ^ R. Ugolini. Perugia 1859: l'ordine di saccheggio, in «Rassegna storica del Risorgimento», Anno LIX-1972, fasc. III (luglio-settembre), p. 357
  8. ^ Onorificenze della Presidenza della Repubblica

Bibliografia

Collegamenti esterni

Altri progetti