Neuroradiologia delle sequele dei trattamenti antitumorali: differenze tra le versioni

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===Pseudoprogressione===
===Pseudoprogressione===
Questa sequela insorge di solito entro 3 mesi dopo un trattamento chemio-radioterapico combinato ed è caratterizzata da incremento dimensionale ed aumentata impregnazione contrastografica a carico delle lesioni trattate. Allo stato attuale delle tecniche e delle conoscenze nessuna tecnica neuroradiologica può distinguere con certezza la pseudoprogressione dalla progressione vera di malattia, motivo per cui in tali casi si ricorre a ripetute indagini di follow-up. La psudoprogressione si evidenzia neuroradiologicamente in modo molto variabile, tuttavia di solito è caratterizzata da aumentati valori nelle mappe di ADC, da aumento di lattati e colina e riduzione dell'NAA in spettoscopia e da modeste alterazioni del flusso ematico nelle sequenze di perfusione. La medicina nucleare mediante le metodiche PET è di estrema utilità in questa diagnosi differenziale.
Questa sequela insorge di solito entro 3 mesi dopo un trattamento chemio-radioterapico combinato ed è caratterizzata da incremento dimensionale ed aumentata impregnazione contrastografica a carico delle lesioni trattate. Allo stato attuale delle tecniche e delle conoscenze nessuna tecnica neuroradiologica può distinguere con certezza la pseudoprogressione dalla progressione vera di malattia, motivo per cui in tali casi si ricorre a ripetute indagini di follow-up. La psudoprogressione si evidenzia neuroradiologicamente in modo molto variabile, tuttavia di solito è caratterizzata da aumentati valori nelle mappe di ADC, da aumento di lattati e colina e riduzione dell'NAA in spettoscopia e da modeste alterazioni del flusso ematico nelle sequenze di perfusione. La medicina nucleare mediante le metodiche PET è di estrema utilità in questa diagnosi differenziale.

===Pseudorisposta===
Dopo trattamento con farmaci inibitori della via del [[VEGF]] è possibile a livello delle lesioni osservare una normalizzazione della permeabilità della barriera emato-encefalica che si manifesta con riduzione dell'uptake locale del mezzo di contrasto, che può simulare una risposta terapeutica oltre che favorire la diffusione delle cellule neoplastiche (evidenziabile mediante sequenze DWI).


==Bibliografia==
==Bibliografia==

Versione delle 19:10, 23 dic 2021

Le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico: leggi le avvertenze.

La neuroradiologia delle sequele dei trattamenti antitumorali si avvale della tomografia computerizzata e soprattutto dell'imaging a risonanza magnetica che consente mediante le sequenze di diffusione e la spettroscopia di indagare anche la microstruttura dell' encefalo. L'esecuzione di un indagine RM è sempre raccomandata prima di effettuare un trattamento di una neoplasia cerebrale per definire lo stato di salute iniziale del parenchima con l'intendo di confrontarlo successivamente per rilevare gli effetti dei trattamenti nel tempo. Se le terapie chirurgiche hanno effetto solo nella zona operata, la chemioterapia e la radioterapia danno spesso una tossicità diffusa a tutto l'organo.

Sequenze RM per lo studio delle sequele dei trattamenti antitumorali

Sequenze fondamentali

  • SE T1 pesate acquisite in assiale per analisi morfologica e ricerca di emorragie
  • SE T1 pesate acquisite nei 3 piani dello spazio dopo somministrazione di mezzo di contrasto per rilevare un eventuale danno della barriera emato-encefalica (BEE)
  • FSE T2 pesate acquisite sul piano coronale per lo studio della fossa cranica posteriore e del tronco encefalico oltre che sul piano assiale per la ricerca di emorragie. leucoencefalopatia o edema
  • GE T2* pesate per la ricerca di depositi di derivazione ematico-emorragica, da metalli pesanti o calcificazioni
  • pesate in diffusione per la ricerca di ischemie acute e per differenziare le poroencefalie da residui di malattia dopo chirurgia, ascessi o cisti post-chirurgiche
  • FLAIR acquisite sul piano assiale per la ricerca di processi espansivi, gliosi o edema in sede subcorticale o paraventricolare

Sequenze aggiuntive

  • Angio RM 3D TOF per lo studio della vascolarizzazione, del flusso ematico e dei vasi attorno alla zona sottoposta a chirurgia
  • Angio-RM PC per lo studio dei seni e dei vasi venosi alla ricerca di trombi (anche neoplastici)
  • Spettroscopia RM come imaging spettroscopico per la diagnosi differenziale fra recidiva di malattia, esiti riparativi, radionecrosi, ed ischemie acute
  • sequenze di perfusione EPI-GRE acquisite dopo somministrazione di mezzo di contrasto per la diagnosi differenziale fra recidive di malattia ed esiti dei trattamenti

Sequele dopo chirurgia

Il tipo di intervento chirurgico e la sua tempistica rispetto all'acquisizione delle immagini determina la tipologia di reperti descritta dal neuroradiologo. In particolare una craniectotomia (asportazione di osso cranico e sua sostituzione con patch di materiale sintetico) da esiti differenti rispetto ad una craniotomia in cui il lembo osseo viene riposizionato in sede al termine dell'intervento, con differente sutura delle meningi a livello della breccia chirurgica.

Sequele fisiologiche

Utilizzare il mezzo di contrasto nell'acquisizione delle immagini dopo chirurgia è fondamentale per la ricerca di recidive di malattia o di complicanze infiammatorie ed infettive. Di norma dopo o 3 giorni dall'intervento non si rilevano alterazioni contrastografiche (salvo interventi particolarmente invasivi) pertanto tale intervallo di tempo è il migliore per la ricerca di recidive di malattia (è pertanto definito finestra diagnostica). Dal quanto giorno in poi di solito si rileva un'impregnazione diffusa e sottile del mezzo di contrasto a carico di tutto il margine chirurgico che persiste fino a 2 mesi dall'intervento con intensità variabile ed è dovuta sia ad aumento locale della permeabilità della BEE sia a fenomeni di perfusione di lusso. In caso di radioterapia successiva tale reperto può sussistere fino a 6 mesi. La cavità dell'intervento contiene spesso residui ematici che appaiono pertanto iperintensi nelle sequenze T1 pesate e possono agire da confondenti se non vengono acquisite immagini senza mezzo di contrasto. Di solito il bordo iperintenso da mezzo di contrasto tende a sparire nel giro di 8-10 settimane in seguito al cessare dei processi riparativi, tuttavia una più precoce scomparsa di questo reperto può essere secondaria a terapie steroidee. L'uptake di mezzo di contrasto in sede meningea dopo chirurgia persiste per anni ed ha significato patologico solo assume morfologia irregolare. Altre impregnazioni fisiologiche in sede encefalica che possono indurre errori diagnostici si possono avere a carico dei plessi corioidei e dell'ependima ed anche i seni venosi resi radiopachi possono indurre errori se non riconosciuti. Dato che anche le aree ischemiche possono captare il mezzo di contrasto anche queste possono essere confuse con recidive di malattia; nei casi dubbi le sequenze di diffusone, flusso e la spettroscopia possono aiutare nella diagnosi.

Subito dopo l'intervento chirurgico la TC consente di verificare il corretto posizionamento dei lembi ossei o delle patch, oltre che degli zaffi adiposi di solito posti come riempimento dopo l'asportazione di un meningioma. Alla RM subito dopo l'intervento si osserva edema a carico dei tessuti molli iperintenso nelle sequenze T2 pesate ed in quelle T1 pesate ottenute dopo somministrazione del mezzo di contrasto. Sono spesso evidenziabili anche raccolte fluide (per osservare meglio quelle a carico della fossa cranica posteriore conviene acquisire immagini sul piano sagittale anche di questa zona). I focolai emorragici appaiono iperintensi nelle sequenze T1 pesate, mentre le raccolte aeree mostrano assenza di segnale in tutte le sequenze.

Tardivamente in sede di intervento permane una cavità glioporotica le cui pareti appaiono iperintense nelle sequenze a TR lungo mentre le aree liquide presentano segnale liquorale. La recidive di malattia vanno ricercate in presenza di questi quadri clinici utilizzando la spettroscopia, che evidenzia incremento del picco della colina superiore al 15-20% del normale non associato a contemporaneo aumento del mioinositolo.

Sequele patologiche e complicanze

Le emorragie sono la complicanza più frequente nelle 24 ore successive ad un intervento chirurgico o una biopsia intracranica ed a volte sono talmente estese da dare effetto massa e richiedere un reintervento d'urgenza (un minimo screzio emorragico dopo l'intervento di solito invece regredisce ed è meritevole solo di controllo nel tempo). L'emorragia subaracnoidea è la principale complicanza precoce degli interventi endovascolari. La sola TC senza mezzo di contrasto permette di identificare agevolmente in acuto questa complicanza come un'area iperdensa, mentre il segnale RM varia in funzione del tempo trascorso dall'emorragia (neuroradiologia delle emorragie). Un accumulo di liquido proteinaceo nella cavità chirurgica (iperintenso in T1) può a volte in RM mimare un'emorragia.

L'ischemia in seguito ad un intervento chirurgico intracranico è spesso data dalla compressione esercitata sui vasi arteriosi dall'edema ed è caratterizzata da elevato segnale nelle sequenze a TR lungo associata ad ipointensità in quelle T1 pesate. Le sequenze DWI permettono di distinguere l'edema da ischemia da quello post-chirurgico (neuroradiologia dell'ischemia)

La TC a strato sottile è l'esame ideale per rilevare malposizionamenti di presidi chirurgici e dell'opercolo osseo, oltre che eventuali corpi estranei lasciati per sbaglio nel letto operatorio (che spesso sono dotati di porzioni radiopache). La presenza di raccolte fluide nella sede di craniotomia deve far ipotizzare una diastasi della sutura ossea chirurgica. Raramente può osservarsi riassorbimento dell'opercolo osseo, spesso dovuto a basso trofismo della dura madre sottostante, risolvibile mediante cranioplastica.

Un'infezione a carico della ferita chirurgica o del letto operatorio può essere rilevata utilizzando il mezzo di contrasto in quanto tale aree presentano netta impregnazione contrastografica. Anche la presenza di raccolte fluide e soprattutto di aria è indicativa di infezione in atto. L'infezione può poi espandersi dando osteomielite a livello cranico oppure cerebrite o meningoencefalite (neuroradiologia delle infezioni). Alla RM i tessuti infetti presentano elevato segnale nelle sequenze a TR lungo e sono disomogenee dopo somministrazione del mezzo di contrasto (in caso di empiema l'uptake è periferico). Alla RM la zona infetta presenta un cercine periferico iperintenso nelle sequenze T2 pesate e FLAIR che circonda il letto operatorio caratterizzato da segnale disomogeneo per la presenza di falde fluide e materiale proteico oltre che di aria. Le sequenze DWI sono fondamentali per il riconoscimento degli ascessi. Una rara complicanza infetiva è la trombosi di un seno venoso, ben evidente anche alla TC eseguita senza mezzo di contrasto e non sempre localizzata a livello di un seno venoso vicino al letto operatorio (neuroradiologia vascolare).

L'idrocefalo è una complicanza tardiva di un eventuale procedura chirurgica intracranica ed è ben valutabile anche con la sola TC, tuttavia la RM mediante le sequenze T2* pesate e cine-RM permette rispettivamente di identificare tracce di emosiderina dovute ad emorragie di vecchia data e di studiare la dinamica liquorale alla ricerca di eventuali cause ostruttive.

Sequele dopo radioterapia

I trattamenti radioterapici interessano ovviamente anche i tessuti sani dell'encefalo e richiedo un lasso di tempo da 3 a 6 mesi (se non anni) per manifestare appieno i loro effetti. Le sequele radioindotte sono di solito classificate come acute (fino a 4-6 settimane dal trattamento), subacute(fra 2 e 6 mesi dal trattamento) o tardive (da 6 a 8 mesi dal trattamento). Tali effetti sono in funzione della dose di radiazioni somministrata e della grandezza del campo operatorio e sono molto comuni con dosaggi di radiazioni elevati. (le tecniche di radioterapia stereotassica o di radiochirurgia permettono di irradiare con alte dosi volumi molto piccoli e specifici riducendo molto queste complicanze). Dato che gli esiti subacuti e tardivi possono interessare anche aree molto distanti da quelle trattate è molto facile cadere in errori interpretativi negli esami neuroradiologici di ricontrollo dopo i trattamenti, motivo per cui è appropriato in tali casi usare sequenze RM avanzate (diffusione, flusso e spettroscopia) per la diagnosi differenziali fra questi esiti e le recidive di malattia. La medicina nucleare mediante la PET con 11C metionina o altri traccianti oncotropi come la 18F - DOPA e la 18F - tirosina fornisce una metodica estremamente accurata per questo quesito diagnostico. Il fisiologico uptake cerebrale di fluorodesossiglucosio rende invece questo tracciante inadatto per questo tipo di studi).

Sequele acute

Subito dopo i trattamenti radianti l'esito più comune e la comparsa di edema vasogenico dovuto ad aumentata permeabilità della barriera emato-encefalica, che può portare ad ipertensione endocranica. In tali casi la RM può essere negativa o evidenziare aree iperintense nelle sequenze a TR lungo e normali nelle sequenze DWI.

Sequele subacute

Sono conseguenza del danno a carico dell'endotelio vasale e degli oligodendrociti e si presentano come aree di demielinizzazione, localizzate preferibilmente a livello dei nuclei della base, della sostanza bianca profonda e dei peduncoli cerebrali. Clinicamente si osservano di solito sonnolenza e segni neurologici nella maggioranza dei casi reversibili (l'interessamento dei nervi cranici può dare neuropatie selettive che non sempre regrediscono). Le aree colpite, spesso molto estese, appaiono alla RM iperintense nelle sequenze T2 pesate e FLAIR e di solito non mostrano alterazioni di segnale nelle sequenze DWI.

Pseudoprogressione

Questa sequela insorge di solito entro 3 mesi dopo un trattamento chemio-radioterapico combinato ed è caratterizzata da incremento dimensionale ed aumentata impregnazione contrastografica a carico delle lesioni trattate. Allo stato attuale delle tecniche e delle conoscenze nessuna tecnica neuroradiologica può distinguere con certezza la pseudoprogressione dalla progressione vera di malattia, motivo per cui in tali casi si ricorre a ripetute indagini di follow-up. La psudoprogressione si evidenzia neuroradiologicamente in modo molto variabile, tuttavia di solito è caratterizzata da aumentati valori nelle mappe di ADC, da aumento di lattati e colina e riduzione dell'NAA in spettoscopia e da modeste alterazioni del flusso ematico nelle sequenze di perfusione. La medicina nucleare mediante le metodiche PET è di estrema utilità in questa diagnosi differenziale.

Pseudorisposta

Dopo trattamento con farmaci inibitori della via del VEGF è possibile a livello delle lesioni osservare una normalizzazione della permeabilità della barriera emato-encefalica che si manifesta con riduzione dell'uptake locale del mezzo di contrasto, che può simulare una risposta terapeutica oltre che favorire la diffusione delle cellule neoplastiche (evidenziabile mediante sequenze DWI).

Bibliografia

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