Cervello in una vasca: differenze tra le versioni
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In filosofia, il '''cervello in una vasca''' è uno scenario proposto da [[Hilary Putnam]] nel 1981, che riprende un racconto di [[Daniel Dennett]]<ref>D. Dennett, ''Dove sono?'', 1978, in {{Cita libro |
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Versione delle 16:44, 8 dic 2016
In filosofia, il cervello in una vasca è uno scenario proposto da Hilary Putnam nel 1981, che riprende un racconto di Daniel Dennett[1] per ragionare sulle idee di conoscenza, realtà, consapevolezza e significato, messe alla prova da l'ipotesi di un dubbio scettico radicale simile a quello cartesiano del genio maligno che rappresenta l'estremizzazione del dubbio metodico in dubbio iperbolico.
Un esperimento fantascientifico
Putnam in nome della sua concezione realistica si oppone allo scetticismo e nella sua opera Ragione, verità e storia dichiara la sua adesione a quello che definisce realismo interno, di chiara derivazione kantiana, secondo il quale l'oggetto è in una certa dipendenza dalla soggettività. [2]
Putnam ipotizza che uno scienziato pazzo, una macchina o un'altra entità possa estrarre il cervello dal corpo di una persona, immergerlo in una vasca di liquido nutritivo e connettere con dei cavi i suoi neuroni a un supercomputer, il quale gli fornirebbe impulsi elettrici identici a quelli ricevuti da un cervello normale. Il cervello in una tale situazione vivrebbe quindi in una realtà simulata, continuando ad avere esperienze perfettamente consce (come quelle di una persona col cervello all'interno del corpo), senza però che queste siano collegate a cose o eventi nel mondo reale. Perderemo così ogni certezza relativamente alla realtà esterna e alla nostra stessa esistenza poiché chi ci conferma che non siamo cervelli in una vasca? Più esattamente:
![](http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/4/4c/Braininvat.jpg/220px-Braininvat.jpg)
«[...] Sembra che ci siano persone, oggetti, il cielo ecc., ma in realtà l’esperienza della persona (la vostra esperienza) è in tutto e per tutto il risultato degli impulsi elettronici che viaggiano dal computer alle terminazioni nervose. Il computer è così abile che se la persona cerca di alzare il braccio la risposta del computer farà sì che "veda" e "senta" il braccio che si alza. Inoltre, variando il programma lo scienziato malvagio può far sì che la vittima "esperisca" (ovvero allucini) qualsiasi situazione o ambiente lo scienziato voglia. Può anche offuscare il ricordo dell’operazione al cervello, in modo che la vittima abbia l’impressione di essere sempre stata in quell’ambiente. [...] magari l’universo [...] consiste solo di macchinari automatici che badano a una tinozza piena di cervelli. Supponiamo che il macchinario automatico sia programmato per dare a tutti noi un’allucinazione collettiva [...] Quando sembra a me di star parlando a voi, sembra a voi di star ascoltando le mie parole. Naturalmente le mie parole non giungono per davvero alle vostre orecchie, dato che non avete (vere) orecchie, né io ho una vera bocca e una vera lingua. Invece, quando produco le mie parole quel che succede è che gli impulsi efferenti viaggiano dal mio cervello al computer, che fa sì che io "senta" la mia stessa voce che dice quelle parole e "senta" la lingua muoversi, ecc., e anche che voi "udiate" le mie parole, mi "vediate" parlare, ecc. In questo caso, in un certo senso io e voi siamo davvero in comunicazione. Io non mi inganno sulla vostra esistenza reale, ma solo sull’esistenza del vostro corpo e del mondo esterno, cervelli esclusi.[3]»
Autoconfutazione dello scetticismo
Se fossimo veramente cervelli in una vasca la prima conseguenza di questa situazione sarebbe quella di non sapere di vivere in queste condizioni di cervelli "espiantati" e non ci domanderemo se le sensazioni che proviamo siano ordinarie e normali: non avremo alcun dubbio di vivere "normalmente".
In base alla sua "teoria causale del riferimento", Putnam sostiene però che se fossimo cervelli in una vasca le parole che useremmo per indicare le realtà corrispondenti, ad esempio i lemmi "tavolo", "sedia", non avrebbero alcun riferimento alla realtà dei tavoli e delle sedie poiché quelle parole non rappresenterebbero altro che le stimolazioni causate dal computer sui nostri cervelli a mollo. L'omofonia sarebbe la stessa ma la loro realtà sarebbe una semplice stimolazione elettronica. L'ipotesi del cervello in una vasca fa dunque riferimento a un "mondo" del tutto diverso da quello reale e altrettanto irreale è quindi il dubbio relativo alla realtà percepita.[4]
Note
- ^ D. Dennett, Dove sono?, 1978, in Douglas Hofstadter e Daniel Dennett, L'Io della mente, traduzione di Giuseppe Longo, Adelphi, 1993, ISBN 88-459-0791-0.)
- ^ Voce "Putnam, Hilary" in Dizionario di filosofia Treccani
- ^ Hilary Putnam, Brains in a Vat, 1981, pp.6-7
- ^ Filosofico.net
Bibliografia
- Sanford C. Goldberg, The Brain in a Vat, Cambridge University Press, 2016
Voci correlate
Altri progetti
Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sul cervello in una vasca
Collegamenti esterni
- Tony Brueckner, Skepticism and Content Externalism, collana The Stanford Encyclopedia of Philosophy, Summer 2016, 1º gennaio 2016. URL consultato il 22 settembre 2016.