Ossario di Forno di Coazze

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Ossario di Forno di Coazze
TipoSacrario partigiano
Ubicazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
ComuneCoazze
LuogoForno
Costruzione
Periodo costruzione1945
Data apertura4 novembre 1945
IngegnereE. Coticone
Mappa di localizzazione
Map
Coordinate: 45°02′12″N 7°14′35″E / 45.036666°N 7.243055°E45.036666; 7.243055

L’Ossario di Forno di Coazze è un sacrario partigiano che si trova in località Forno, borgata Ferria, del comune di Coazze, in Val Sangone (Città metropolitana di Torino).

Storia[modifica | modifica wikitesto]

A seguito di alcune azioni partigiane, nel maggio 1944 i nazifascisti effettuarono un vasto rastrellamento in alcune valli del Piemonte occidentale, fra cui la Val Sangone. Fra l’altro, presero 24 partigiani catturati e detenuti nel carcere allestito nella scuola elementare di Coazze e li condussero a Forno (circa 950 m sul livello del mare), fecero scavare una grande fossa quasi sulla sponda del torrente Sangone e poi li mitragliarono alle gambe facendoli cadere, vivi, nella fossa dove, ammucchiati uno sull’altro, morirono lentamente dissanguati. Per due giorni i nazifascisti impedirono alla popolazione locale di avvicinarsi, poi gettarono sui corpi sassi e terra e se ne andarono[1]. Altri quattro partigiani furono fucilati contestualmente a Forno[2].

Subito dopo la Liberazione, nel maggio 1945, su iniziativa dei partigiani della valle e del comandante Giuseppe Falzone, si decise la costruzione di un ossario per una degna sepoltura delle vittime, poco più in alto della fossa comune dove si consumò l’eccidio, a circa duecento metri di distanza. I lavori per la realizzazione dell’ossario, costruito con il contributo economico dei partigiani e di alcune famiglie della valle e progettato dall’ingegner E. Coticone, iniziarono già nel giugno 1945 e la struttura fu inaugurata il 4 novembre 1945, alla presenza di Ferruccio Parri e dell’arcivescovo di Torino, cardinale Maurilio Fossati[3].

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

La forma della struttura vuole ricordare un’aquila ad ali spiegate. Al centro c’è una piccola cappella con la sovrastante scritta Usque ad finem et ultra comites e ai lati le lapidi coi nomi dei 98 caduti le cui salme sono state qui tumulate: oltre ai 24 caduti della fossa comune, vi riposano molti altri partigiani uccisi in valle (che in tutto sono 278)[4], fra cui anche quattro stranieri (due cecoslovacchi, un polacco e un russo) e alcuni di cui non è stato possibile accertare l’identità. Vi sono anche due civili, le prime vittime della repressione nazifascista in valle.

Il viale di accesso all'Ossario

Fra il 1986 e il 1991 l’ambiente intorno all’ossario è stato risistemato con un viale di accesso monumentale con alcune lapidi e anche l’area della fossa comune è stata resa più accessibile[5]. Ogni anno, a maggio e a novembre, vi si tiene una celebrazione a cui sono stati presenti anche tre Presidenti della Repubblica: Oscar Luigi Scalfaro nel 1997[5], Giorgio Napolitano nel 2009[5] e Sergio Mattarella nel 2015[6]. Nel 2005 l’ossario è stato riconosciuto cimitero di guerra dal Ministero della Difesa[7]. L’attuale presidente del Comitato di gestione dell’ossario è Piero Fassino[8].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Mauro Sonzini, Abbracciati per sempre, Savigliano, Gribaudo, 2004
  2. ^ Episodio di Forno di Coazze e Grange Garida (PDF), su straginazifasciste.it. URL consultato il 26 febbraio 2021.
  3. ^ Ricordi e immagini della Resistenza in Val Sangone, Giaveno, Comunità Montana Val Sangone, 1998
  4. ^ Elenco dei caduti partigiani in Val Sangone nel periodo 1943 - 1945, su ecomuseoresistenza.wixsite.com. URL consultato il 26 gennaio 2021.
  5. ^ a b c L'Ossario dei Caduti di Forno di Coazze, su ecomuseoresistenza.wixsite.com. URL consultato il 26 febbraio 2021.
  6. ^ Il Presidente a Forno di Coazze, su quirinale.it. URL consultato il 26 febbraio 2021.
  7. ^ Forno di Coazze - Ossario dei Caduti, su valsangoneluoghimemoria.altervista.org. URL consultato il 26 febbraio 2021.
  8. ^ Ossario di Forno di Coazze, su cittametropolitana.torino.it. URL consultato il 21 marzo 2021.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Gianni Oliva, La Resistenza alle porte di Torino, Milano, Franco Angeli, 1989
  • Luciano Boccalatte, Andrea D’Arrigo e Bruno Maida (a cura di), Guida ai luoghi della guerra e della Resistenza nella provincia di Torino, Torino, Blu Edizioni, 2009 [2006], pp. 142-143.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]