Massacro di Costantinopoli (1821)

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"Il corpo del patriarca ecumenico Gregorio V di Costantinopoli viene gettato nel Bosforo - quadro di Peter von Hess.
Notizia del massacro e della messa in schiavitù della popolazione ortodossa di Costantinopoli pubblicata sulla Gazette de Lausanne del 13 novembre 1821[1].

Il massacro di Costantinopoli del 1821 venne orchestrato dalle autorità dell'Impero ottomano contro la comunità di rito greco di Costantinopoli in risposta all'avvio della guerra d'indipendenza greca (1821-1832). Non appena la capitale ottomana venne raggiunta da notizie dell'insurrezione Cristiano ortodossa, presero avvio rastrellamenti di persone, esecuzioni sommarie[2], distruzioni di chiese e saccheggi[3][4]. Gli eventi culminarono con l'impiccagione del patriarca ecumenico Gregorio V di Costantinopoli e la decapitazione del gran dragomanno Konstantinos Mourouzis.

Antefatto[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra d'indipendenza greca.

L'invasione della Moldavia da parte delle forze nazionaliste greche al comando di Alessandro Ypsilanti, nel marzo del 1821 segnò l'avvio formale della guerra d'indipendenza greca[5]. La Sublime porta ricevette quasi subito notizia di turchi massacrati dai ribelli nei Principati danubiani, specie nelle città di Iași e Galați. In risposta, il gran visir ordinò l'arresto di diversi esponenti del clero costantinopolitano. Nella sera del 2 aprile, giunsero poi ad Istanbul le prime notizie riguardanti le sommosse in corso nel sud della Grecia[6].

Le autorità ottomane accusarono subito le figure di spicco della comunità greca, il patriarca ecumenico Gregorio V di Costantinopoli ed il gran dragomanno Konstantinos Mourouzis, di essere a conoscenza dei fatti ma entrambi protestarono la loro innocenza. Ciò nonostante, il sultano Mahmud II richiese allo Sheykh ul-islâm Hacı Halil Efendi la proclamazione di una fatwā nella quale le forze ottomane venivano autorizzate al massacro della popolazione di rito greco-bizantino stambuliota per placare la rivolta. Lo Sheykh ul-Islam prese tempo per potersi consultare con il patriarca che lo convinse a ritirare la fatwa[7] mentre, per parte sua, scomunicava a più riprese i rivoluzionari al fine di proteggere i cristiani della capitale imperiale (la prima scomunica formale ebbe luogo durante la Domenica delle palme, il 15 aprile - 3 aprile calendario gregoriano). La posizione del patriarca restava comunque gravissima dato che non era riuscito, stando all'opinione del sultano e della Porta, ad evitare l'insorgere della rivolta[8].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Gazette de Lausanne, digital archive available online[collegamento interrotto]
  2. ^ Helmuth Moltke, Unter dem Halbmond: Erlebnisse in der alten Türkei 1835-1839, Thienemann Edition Erdmann, 1984, p. 17, ISBN 978-3-522-60310-2.
  3. ^ Berthold Seewald, Karl Wilhelm v. Heideck: ein bayerischer General im befreiten Griechenland (1826-1835)[collegamento interrotto], Oldenbourg Verlag, 1994, p. 40, ISBN 978-3-486-56058-9.
  4. ^ Alexander Kluge, Tur an Tur mit einem anderen Leben, Suhrkamp, 2006, p. 321.
  5. ^ Gábor Ágoston, Bruce Alan Masters, Encyclopedia of the Ottoman Empire, Infobase Publishing, 2009, p. 240, ISBN 978-1-4381-1025-7.
  6. ^ Frazee, 1969: 27
  7. ^ Schröder Felix , Bernath Mathias, Biographisches Lexikon zur Geschichte Südosteuropas., München, Oldenburg, 1979, p. 72, ISBN 978-3-486-48991-0.
  8. ^ Michael W. Weithmann, Griechenland : vom Frühmittelalter bis zur Gegenwart, Regensburg, Pustet, 1994, p. 167, ISBN 978-3-7917-1425-7.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Kluge, Alexander (2006), Tur an Tur mit einem anderen Leben, Suhrkamp.
  • Moltke, Helmuth (1984), Unter dem Halbmond: Erlebnisse in der alten Türkei 1835-1839, Thienemann Edition Erdmann.
  • Seewald, Berthold (1994), Karl Wilhelm v. Heideck: ein bayerischer General im befreiten Griechenland (1826-1835), Oldenbourg Verlag.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]