Marcellino di Ancona

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San Marcellino di Ancona
 

vescovo di Ancona

 
NascitaAncona
MorteAncona, VI secolo
Venerato daTutte le Chiese che ammettono il culto dei santi
Ricorrenza9 gennaio

Marcellino (Ancona, ... – Ancona, 9 gennaio VI secolo) è stato un vescovo italiano, venerato come santo dalla Chiesa cattolica.

Il martirologio romano riporta la leggenda, tramandata per iscritto dal papa San Gregorio Magno, secondo cui il vescovo di Ancona, nel VI secolo, salvò la propria città da un incendio.

La biografia di Antonio Leoni[modifica | modifica wikitesto]

Nella sua "Istoria d'Ancona, capitale della Marca Anconitana"[1] l'Abate Antonio Leoni così racconta la storia di San Marcellino:

«Intanto che aumentavasi la gloria d'Ancona, sotto la protezione dei Greci Imperatori, compiacquesi la divina misericordia d'illustrare la nostra Patria mediante un di lei figlio tanto eminente in ogni virtù, che dopo essere stato amoroso Pastore d'Ancona, attualmente venerasi sugli Altari.»

«Fu questi Marcellino Boccamajori, Patrizio Anconitano e Vescovo di Ancona. Dotato esso di un'anima grande, e docile, fin dalla fanciullezza die' segno manifesto di eminenti vedute per le vie della santità. Gli uffici cospicui cui venne promosso, sì nella sua epoca laicale, che nell'Ecclesiastica, dettero chiaro saggio d'ammirabil prudenza, d'elevato ingegno e somma bontà, come chiaramente lo attesta Lando Ferretti[2][3]. Per le indescrivibili di lui ottime qualità venne eletto (l'anno 551) a Vescovo d'Ancona, sotto il Pontificato di Vigilio Primo[4][5]. Niente alterò la di lui Santità un sì eminente grado, ma anzi, quale amoroso Pastore, attese con paterna amorosa cura alla salute dell'affidatogli Gregge; l'Onnipotente, a render palese la Santità del suo servo fedele, si valse di una grande sciagura d'Ancona. Consistè questa in un furibondo incendio, che non curato sulle prime, con l'ajuto degl'impetuosi Aquiloni invalse in modo che parte umana non fu più capace a porgli freno; anzi con tutto il furore minacciava dare alla Città tutta, fra le proprie ceneri, il sepolcro.»

«Una gran parte d'Ancona era già rimasta preda del fuoco: e sempre più infuriando, disperati i cittadini ricorsero al S. Pastore, cui genuflessi implorarono il di lui ajuto in tanto frangente. Mossosi a compassione Marcellino, rivolse gli occhi al Cielo, e ne implorò il celeste soccorso. E siccome era oppresso dalla podagra, si fece portare in una sedia[6], all'incontro del formidabile incendio. Quivi alzò le sue voci al Cielo, implorando pietà, ed esibendo sé stesso in sagrificio per la salute del difetto suo Gregge. Fattosi indi porre dove il fuoco era più veemente, e licenziati i suoi rimase ivi con un libro in mano, tutta fede in Dio, leggendo i Vangeli; ed era sì vicino, che un globo di fiamme slanciatosi nel libro ne fiarò qualche parte, quale subito chiuso dal Santo, s'estinse il distruttore incendio. Consideri chi può la gratitudine, l'ammirazione, e l'alta stima, che gli Anconitani avranno concepita in verso d'un sì gran Santo! Questo libro, ove fu il fuoco rinchiuso, conservasi presentemente fra le Reliquie della Cattedrale, chiuso in un'urna con cristalli, galantemente legati in argento, e si mostra al popolo, in occasione che si fanno vedere le insigni Reliquie di questa Cattedrale[7]. Morì finalmente carico di meriti, con estremo rammarico della Città tutta, li 9 Gennajo anno 577, dopo aver retta la nostra Chiesa per anni 26. Il di lui funerale fu maestoso e divoto; essendovi concorsa la città tutta, non meno che la campagna. Sepolto onorevolmente in un luogo distinto, l'Onnipotente glorificò il di lui sepolcro con abbondanza di miracoli; onde nel secolo undecimo fu trasferito nella sotterranea confessione della Cattedrale dove unitamente a S. Ciriaco, e S. Liberio venerasi fra i principali Protettori della città. La di lui festa si celebra li 9 di Gennajo con rito doppio di seconda classe, ed ottava: ed il Magistrato portavasi alla Cattedrale (ancor in questi ultimi tempi) in abito, con ricco presente di cera ed ivi assisteva al S. Sacrificio. Anticamente questo libro, nella vigilia della festa del Santo, si portava processionalmente per città con lumi accesi, accompagnato dal Clero secolare e regolare[8]. Di questo Santo ne parlano tutti gli Scrittori Anconitani, il Martirologio Romano, e sopra tutti Filippo Ferrari di cui ne riporto il testo: cum Civitas Anconitana incendio misere conflagraret, quod eo magis crescebat, quo magis extinguere conabantur; Anconitani ad Sanctum Episcopum , quem Deo charum, mirabiliaque fecisse sciebant confugiunt, orantque ut urbi incensae subveniat, ecc.[9]. Circa poi agli altri prodigi operati, dopo la sua gloriosa morte, ne parla in questi termini: cum autem ex hac vita S. Marcellinus decessisset, corpusque illius ad S. Cyriacum Urbis Patronum conditum esset, multis claruit miraculis, ex quibus pauca narrare non piget[10]: dopo le quali parole, fa il racconto de' seguenti prodigi operati, e grazie compartite. Un nobile Anconitano privo di vista, condotto alla tomba di S. Marcellino, nel giorno della di lui festa, ed al Santo con viva fede raccomandatosi riacquistò la luce. Sotto il Vescovato di Tommaso - successore di Marcellino - incendiossi nuovamente con furore la città; fu portato nel luogo incendiato il riferito libro di S. Marcellino, ed il fuoco sul momento cessò. Questi, ed altri prodigi furono operati dal Santo, siccome può vedersi presso lo Speciali, pag. 140[11][12]

Culto[modifica | modifica wikitesto]

Attualmente le spoglie di San Marcellino sono conservate in un'urna in diaspro tenero di Sicilia donata da papa Benedetto XIV in occasione della ricognizione del secolo XVIII collocata nella Cripta dei Protettori della Cattedrale di S. Ciriaco di Ancona (a sinistra rispetto all'ingresso principale), così detta perché contiene le spoglie dei santi patroni della città.

È commemorato il 9 gennaio; il Martirologio romano lo ricorda con queste parole:

«Ad Ancona, san Marcellino, vescovo, che, come scrive il papa san Gregorio Magno, con la potenza divina liberò la sua città da un incendio.»

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Cfr. Abate Antonio Leoni anconitano, "Istoria d'Ancona, capitale della Marca Anconitana", Tipografia Baluffi, Ancona, 1810, volume II, capitolo XV, pagg.27-31, visibile in Google books.
  2. ^ Nota nel testo dell'Abate Leoni: Lando Ferretti, Lib. 3.
  3. ^ Lando Ferretti, podestà in varie città della Marca nella seconda metà del XVI secolo, fu un grande cultore di lettere e storia, ricordato soprattutto per aver scritto una "Storia di Ancona", rimasta tuttora inedita.
  4. ^ Nota nel testo dell'Abate Leoni: Saracini.
  5. ^ G. Saracini, Notitie historiche della città d'Ancona, Roma, 1675
  6. ^ Nota nel testo dell'Abate Leoni: Il Vescovato, in quest'epoca, rimanea vicino alla Cattedrale, cioè sul Colle Santo Stefano, onde per doppia ragione dovea il Santo Vescovo esser portato in sedia. V'è luogo a credere che il Santo entrasse per Porta San Pietro, ed in quelle vicinanze operasse il prodigio, perché, oltre una volgar tradizione, a perpetuarne la memoria fu posta nell'angolo del Convento de' Servi la statua di S. Marcellino col libro in mano, come tuttora si vede.
  7. ^ Nota nel testo dell'Abate Leoni: Non sono molti anni che il cardinal Borgia volle copia del carattere con cui era scritto il detto Vangelario. Fu pertanto aperta l'urna, ed il Signor Camillo Albertini ne copiò alcune linee; ed assicura che i caratteri non sono né romani, né longobardici (ovvero gotici, siccome dice il volgo); ma sono di un non brutto antico. Il libro è di pergamena, della grandezza di un messale, e molto logoro. Segno evidente di sua antichità, giacché a logorare la pergamena non vi vuol poco tempo.
  8. ^ Nota nel testo dell'Abate Leoni: Tarquinio Pinaoro, Istoria d'Ancona, MS, lib, st., e l'Ughelli, Italia Sacra.
  9. ^ Traduzione libera, non letterale: Quando la città di Ancona stava bruciando miseramente a causa di un incendio, che aumentava la sua violenza quanto più cercavano di spegnerlo, gli Anconitani si rivolsero al Santo Vescovo, caro a Dio, che essi sapevano aver fatto cose mirabili, pregandolo di assistere la loro città che stava bruciando....
  10. ^ Traduzione libera, non letterale: Quando poi S. Marcellino abbandonò questa vita, e il suo corpo fu conservato a lato di quello di S. Ciriaco, il patrono della città, si rese famoso per i molti miracoli, alcuni dei quali non ci si deve limitare a narrare con poche parole....
  11. ^ Il riferimento è a Girolamo Speciali anconitano, curato della chiesa di San Marco.
  12. ^ Nota nel testo dell'Abate Leoni: San Gregorio Magno (Dialog. lib. 1. c. 6.) così del nostro Santo s'esprime: Ejusdem quoque Anconitane Antistes Ecclesie, vir vite venerabilis, Marcellinus fuit cujus gressum, dolore nimio, podagra contraxerat , eumque familiares sui sicuti sicubi necesse erat in manibus ferebent; quadam vero die, per culpam incurie eadem Civitas Anconitana succensa est ! cumque vehementer arderet, concurerunt omnes, ut ignem exinguerent; sed illis aquam certatim projicientibus, ita crescebat fiamma, ut jam totiusUrbis interitum minari videretur; cumque propinquiora sibi loca queque ignis invaderet; jamque Urbis partem non modicam consumpsisset, et consistere nullus valeret, deductus in manibus venit Episcopus, et tanta periculi necessitate compulsus, familiaribus suis se portantibus precepit, dicens: contra ignem me ponite, quod ita factum est, atque in eo loco est positus, ubi tota vis flamme videbatur incumbere; coepit autem miro modo in semetipsum incendium retorqueri ac si reflexionis sue impetus exclamaret, se Episcopum transire non posse; sicque factum est, ut flamma incendii illo termino refrenata in semetipsum refrigesceret et contingere ulterius quicquam edificii non auderet. Perpendis Petre, cujus sanctitatis fuerit egrum hominem sedere, et exorando flammas premere; respondens Petrus dixit: et perpendo, et obstupesco; traduzione libera, non letterale. Nota nel testo dell'Abate Leoni: Dal Catalogo poi dei Santi d'Italia, di Filippo Ferrari, del predetto San Marcellino si legge: Marcellinus ob ejus virtutes ad Sacerdotium, et Episcopatum evectus, non superbia elatus: sed jejuniis, vigiliis, et orationibus pervigil, carnem suam, macerando crucifigebat, plenus erat charitate, mansuetudine, et bonitate; castitatem perpetuo; traduzione libera, non letterale: Marcellino, portato dalle sue virtù al sacerdozio e poi all'episcopato, non si gonfiò d'orgoglio, ma, mortificando la sua carne con digiuni, veglie e preghiere continue, si mantenne pieno di carità, gentilezza e bontà, castità perpetua.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]