Leggenda della Bell'Alda

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La leggenda della Bell'Alda (Auda in piemontese) è legata al monumento della Torre della Bell'Alda, parte del complesso della Sacra di San Michele, e a Sant'Ambrogio di Torino.

La torre della Bell'Alda

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Non si sa con certezza a quale periodo storico far risalire la leggenda. Secondo alcuni, l'ambientazione sarebbe da collocarsi durante il regno del Barbarossa; nel 1699 lo storico P. Gallizia scriveva in merito: «Tanto ci raccontavano i vecchi che erano coetanei ai tempi ne' quali ciò successe», lasciando intendere che gli eventi fossero a lui poco antecedenti.[1]

In un periodo in cui la Valle di Susa era percorsa da mercenari e conquistatori dediti ad ogni sorta di razzia, la gente terrorizzata si rifugiava sul monte Pirchiriano, dove tuttora è sita la Sacra di San Michele. Durante una di queste incursioni, un gruppo considerevole di valligiani si rifugiò nel complesso religioso sperando di trovarvi protezione: tra di loro, vi era anche una giovane di nome Alda, tanto bella da essere chiamata La bell'Alda[2]. Dopo aver saccheggiato le case dei villaggi a valle, i soldati si misero sulle tracce dei fuggiaschi, arrivando alla Sacra: qui saccheggiarono tutto il possibile, uccisero i monaci e gli sfollati e oltraggiarono le donne. Alda riuscì a sottrarsi alle violenze rifugiandosi nella torre che ancora oggi porta il suo nome: iniziò a pregare intensamente la Madonna e, quando i soldati la raggiunsero, raccomandò la sua anima alla Vergine gettandosi nel vuoto, piuttosto di finire tra le grinfie degli assalitori. La sua fede così viva la salvò: la Madonna mandò in suo soccorso due angeli che presero per mano Alda e l'accompagnarono nel volo, depositandola dolcemente a terra[3].

Andati via i soldati, passata la paura e tornata la serenità, Alda iniziò a vantarsi di quanto le era accaduto, ma nessuno dei paesani volle crederle. Allora Alda si infuriò per tanta incredulità e sfidò tutti riproponendo il salto nel vuoto. Tanta superbia, però, fu punita: lanciatasi di nuovo dal torrione, si sfracellò sulle rocce sottostanti, tra lo sbigottimento degli astanti[4]. Tale fu l'impatto, da lasciarne memoria nella cultura orale piemontese: un proverbio ne riverbera l'effetto, recitando «'l tòch pi gròss a l'é l'orija»[5], ossia «il pezzo più grosso è l'orecchio»[6].

A Sant'Ambrogio di Torino, accanto alla partenza della Via ferrata Carlo Giorda, è presente una croce in pietra risalente al 1726 - a sostituzione di una precedente in legno - denominata "Croce della bell'Alda", in ricordo del fatale salto di Alda.

Sempre in Piemonte, è attestata una simile leggenda legata al torrente Oropa: una fanciulla era insidiata da un dissoluto signorotto locale, per sfuggire al quale si lanciò nel vuoto ma fu aiutata dalla Vergine e sopravvisse; ritentò inorgoglita ma questa volta morì precipitando in un ruscello che da allora fu detto «aqua massà» (acqua ammazzata)[7]. Altra simile leggenda è legata a san Valeriano a Cumiana che, in preghiera sui Tre Denti, per fuggire ai Romani che lo braccavano spiccò un salto fino a una collina sottostante, rimanendo incolume[8].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Copia archiviata, su sacradisanmichele.com. URL consultato il 26 gennaio 2018 (archiviato dall'url originale il 26 gennaio 2018).
  2. ^ http://www.lacivettaditorino.it/il-volo-della-bellalda/
  3. ^ Rodolfo il Glabro nella Vita dell'abate Guglielmo riporta la storia di Guglielmo di Volpiano, il cui cavallo, mentre saliva un giorno al Pirchiriano, scivola e cade in un burrone, ma si ritrova incolume per miracolo, in piedi, senza ferite e danni alle briglie, cfr. Giampietro Casiraghi, Pellegrinaggi e mobilità dei monaci a S. Michele della Chiusa, La Sacra di San Michele simbolo del Piemonte europeo, Torino, EDA, 1996, pp. 67-69.. L'autore ribadisce che il «miracolo del cavallo o della mula che scivola nel dirupo trascinando con sé l’uomo di Dio, è un classico dell’agiografia cluniacense» ed in questa biografia tale richiamo «nel racconto del Glabro l’intento di collegare la santità di Guglielmo a quella dei grandi abati di Cluny»
  4. ^ «la base della storia derivava forse dall’adattamento di due exempla morali, provenienti dalla predicazione religiosa, incentrati rispettivamente sul fatto miracoloso (il salvataggio dalla caduta dovuto alla fede) -come fin dal medioevo attesta una lunga tradizione di miracoli legati al culto di San Michele (...)- e sulla punizione in cui incorre chi tenta Dio per avidità e vanità, dove i riferimenti immediati si possono ritrovare nel vangelo di Matteo (IV, 6-7)-Gesù tentato dal diavolo a buttarsi dal pinnacolo del tempio- e forse nella leggenda di Simon Mago. Certamente questo nucleo, prima ancora di ricevere abbellimenti letterari colti, fu arricchito da elementi comuni al folklore popolare, dei quali almeno due sono individuabili con una certa sicurezza: il tema dell’onore salvato e il tema della contrapposizione premio/castigo» Renato Bordone, La leggenda della bell'Alda, La Sacra di San Michele simbolo del Piemonte europeo, Torino, EDA, 1996, p. 133.
  5. ^ Massimo D'Azeglio, I miei ricordi, 1798-1866.
  6. ^ Luigi Marchitelli, Sant'Ambrogio: un paese all'ombra della Sacra, Susalibri Editore, 1985
  7. ^ Virginia Maioli Faccio, L’insidia del meriggio. Il Biellese nelle sue tradizioni, Biella, Ieri ed Oggi, 1997, pp. 81-82.
  8. ^ Michele Ruggiero, Tradizioni e leggende della valle di Susa, Torino, Piemonte in bancarella, 1970, p. 77.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Renato Bordone, La leggenda della bell'Alda, La leggenda della bell'Alda, La Sacra di San Michele simbolo del Piemonte europeo, Torino, EDA, 1996, pp. 131-147.
  • Edoardo Calandra, La Bell'Alda: una leggenda medioevale, Liber Internazionale, 1994.
  • Tersilla Gatto Chanu, Leggende e racconti popolari del Piemonte, Romma, Newton Compton, 1987.
  • Mario Leoni, L saut dla la Belle Auda, Torino, 1877.
  • Giuseppe Regaldi, La Dora. Memorie, Torino, Pomba, 1866, pp. 116-166.
  • Domenico Carutti, La bell’Alda e i laghi di Avigliana, in Tradizioni italiane, Torino, 1847, pp. 712-713.
  • Cesare Balbo, Quattro novelle narrate da un maestro di scuola, Torino, Pomba, 1829, pp. 116-166.
  • Massimo D'Azeglio, La Sacra di San Michele disegnata e descritta, Torino, Tipografia Chirio e Mina, 1829.
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