Io non ho paura (romanzo)

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Io non ho paura
AutoreNiccolò Ammaniti
1ª ed. originale2001
Genereromanzo
Lingua originaleitaliano
ProtagonistiMichele Amitrano, un bambino di 9 anni
Altri personaggibambini/ragazzi:

Maria Amitrano (sorellina di 5 anni di Michele); Salvatore Scardaccione (migliore amico di Michele, suo compagno di classe); "il Teschio" (tredicenne a capo del gruppo di bambini) Remo; Barbara Mura

adulti: Felice (fratello maggiore del Teschio) Pino (padre di Michele e Maria) Sergio (uomo settentrionale a capo dell'operazione di sequestro)

Io non ho paura è un romanzo del 2001 dello scrittore italiano Niccolò Ammaniti, dal quale è stato ricavato il film omonimo diretto da Gabriele Salvatores.

Nello stesso anno il libro ha vinto il Premio Viareggio per la Narrativa.[1]

Trama[modifica | modifica wikitesto]

Acqua Traverse è un paesino di campagna di poche case. È estate e il caldo torrido spinge gli adulti a restare in casa; il paese e le colline vicine diventano così "proprietà" di sei bambini del paese che vi possono scorrazzare a piacimento: oltre a Michele Amitrano, il protagonista, di nove anni e il più timido della compagnia, vi abitano la sorellina Maria, Antonio il capo della banda detto "il Teschio", Salvatore, Remo e Barbara.

Un giorno, dopo una gara di velocità su per una collina coltivata a grano, Michele rimane indietro a prendersi cura della sorellina Maria e a cercare i suoi occhiali, e arriva in ritardo e deve fare una penitenza. Mentre è occupato ad esplorare una casa abbandonata cade e scopre in un fosso nel terreno ben mimetizzato il corpo di un bambino; dopo aver creduto in un primo momento che fosse morto e poi che fosse pazzo (a causa delle frasi confuse e incomprensibili da lui pronunciate), Michele inizia a prendersi cura del piccolo prigioniero, andando di nascosto a trovarlo ogni giorno e portandogli del cibo. Poco per volta, un po' dalle confessioni del ragazzino e un po' dalla TV, viene a sapere che ha la sua stessa età, si chiama Filippo Carducci, figlio dell'industriale lombardo Giovanni Carducci, ed è stato rapito da una banda nella quale sembra avere un ruolo importante anche il padre di Michele. Capo dei malviventi è Sergio, un losco individuo proveniente da Roma che si installa per qualche giorno nella casa della famiglia di Michele.

Un giorno Michele va a trovare Salvatore e scopre che lui ha dodici squadre di Subbuteo; per averne una anche lui, gli racconta tutto di Filippo, a condizione che l'amico non sparga la voce. Salvatore però tradisce Michele a favore di Felice, il fratello maggiore del Teschio, e questi cattura e porta a casa sua Michele, salvo poi farsi prendere dai genitori che malmenano Felice. Arrivato a casa, Michele viene sgridato dal padre, che gli intima di non tornare mai più dal ragazzino imprigionato. Ben presto però Michele si accorge che Sergio e i suoi complici sono braccati dalla polizia, e ora hanno intenzione di uccidere Filippo. Così, nottetempo, Michele raggiunge il nascondiglio dove si trova Filippo e lo libera, rischiando la propria vita. L'ultima drammatica immagine del libro è lasciata intendere al lettore dall'ultima facciata: in essa si deduce che Pino abbia per sbaglio sparato al figlio scambiandolo per Filippo, e ora, sugli elicotteri, chiede agli stessi poliziotti, venuti per arrestarlo, di salvare il figlio.

Michele Amitrano sopravvive. Lo si sa soltanto dal fatto che è lui stesso il narratore dei fatti, 22 anni dopo gli avvenimenti.[2]

Edizioni[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Premio letterario Viareggio-Rèpaci, su premioletterarioviareggiorepaci.it. URL consultato il 9 agosto 2019 (archiviato dall'url originale il 19 luglio 2014).
  2. ^ Io non ho paura.

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