Szomorú vasárnap

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Szomorú vasárnap
L'autore Rezső Seress
ArtistaPál Kalmár
Autore/iRezső Seress (musica)
László Jávor (testo)
GenereJazz
Data1933

Szomorú vasárnapTriste domenica») è una canzone in lingua ungherese di Seress e Jávor del 1933. Fu incisa per la prima volta nel 1935 da Pál Kalmár e riscosse un successo internazionale, divenendo uno standard jazz e ottenendo svariate cover in altre lingue.[1]

Tuttavia il suo carattere di profonda tristezza favorì il diffondersi di una leggenda metropolitana che la additava come responsabile di una catena di suicidi. La voce prese piede nel 1936, dopo la pubblicazione negli Stati Uniti della cover Gloomy Sunday. In inglese è nota perciò come Hungarian suicide song (canzone ungherese del suicidio).

Esiste una versione italiana dal titolo Triste domenica.

Brano[modifica | modifica wikitesto]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Secondo una versione, Szomorú vasárnap sarebbe nata in una cupa e piovosa domenica a Parigi o a Budapest.[2] Seress era abbattuto a causa dell'ennesimo litigio con la sua ragazza, che gli aveva lungamente rimproverato i suoi insuccessi di musicista e la conseguente instabilità della vita insieme, finché l'aveva lasciato, in preda alla collera. Trovare un editore non era stato semplice, ma alla fine il compositore per una volta aveva avuto successo.[3] Si narra anche che la giovane - ma altri citano la ragazza di Jávor -[2] abbia abbandonato definitivamente l'autore o addirittura si sia suicidata lasciando un biglietto d'addio che recava scritto il solo titolo del brano.[3][4]

Una versione del tutto diversa ritiene invece che Seress, ebreo, nel contesto dell'ascesa del nazismo e della grande depressione abbia composto in realtà un brano di tutt'altra natura, dal titolo Vége a világnakFine del mondo»). Il testo sarebbe stato poi interamente riscritto da Jávor.[3][5][6][7]

Testo e musica[modifica | modifica wikitesto]

Szomorú vasárnap è un malinconico adagio in do minore in un tempo di 44 suddiviso in terzine.[6] La melodia richiama lo stile gitano della nóta ungherese del XIX secolo.[8] Il testo di Jávor esprime il dolore di un uomo per la perdita della donna amata o, secondo un'altra interpretazione, la sua difficoltà di provarle il proprio amore, al punto di non vedere altra soluzione che la morte.[3] Nella seconda strofa infatti il protagonista descrive la scena del suo funerale.[9]

La cover Gloomy Sunday del 1936, tradotta da Sam Lewis, rende esplicito il riferimento al suicidio.[8] La versione del 1941 per Billie Holiday però, nel tentativo di contrastare la triste fama della canzone, aggiunge una terza strofa dal carattere rasserenante, ottenuto mediante una temporanea modulazione al modo maggiore e un testo che rivela essersi trattato solo di un sogno, con il protagonista che si ridesta al fianco dell'amata.[10][11]

Cover[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1941 Billie Holiday portò al successo la versione di Sam Lewis

Leggenda metropolitana[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1936 iniziò a circolare la voce che il brano avesse un effetto deprimente o addirittura inducesse al suicidio, come parevano testimoniare diversi casi apparentemente legati al suo ascolto.

Numerosi siti web hanno ripreso la diceria, indicandone alcuni: una giovane commerciante berlinese che si sarebbe impiccata lasciando ai suoi piedi uno spartito di Szomorú vasárnap; una segretaria di New York che, asfissiandosi per inalazione di gas, avrebbe chiesto che il brano fosse eseguito al suo funerale; una donna inglese avvelenatasi per mezzo di barbiturici mentre nel suo appartamento andava un fonografo automatico che riproduceva la canzone; un fattorino romano che si sarebbe gettato nel fiume dopo averla udita da un mendicante; un uomo di ottantadue anni saltato dal settimo piano dopo averla eseguita al pianoforte.[15][16]

La BBC decise di non trasmettere la versione di Billie Holiday, ritenuta troppo triste in un momento in cui Londra si trovava sotto i bombardamenti tedeschi. Il divieto fu rimosso solo nel 2002.

Seress morì l'11 gennaio 1968, gettandosi da una finestra del suo appartamento a Budapest.[17] Sopravvissuto a questo primo tentativo, ci riprovò in ospedale morendo soffocato da un filo che aveva ingoiato.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Á. Patakfalvi-Czirják, p. 111, 2017.
  2. ^ a b (EN) Bill DeMain, This song's a killer: the strange tale of «Gloomy Sunday», 16 agosto 2011. URL consultato il 14 giugno 2016.
  3. ^ a b c d (EN) Harry Witchel, You are what you hear. How music and territory make us who we are, New York, Algora Publishing, 2010, pp. 106-107, ISBN 978-0-875-86805-9. URL consultato il 14 giugno 2016.
  4. ^ (EN) Joseph W. Lewis jr., What killed the great and not so great composers?, Bloomington, AutorHouse, 2010, p. 405, ISBN 978-1-452-03438-6. URL consultato il 14 giugno 2016.
  5. ^ (EN) Darran Anderson, Serge Gainsbourg's Histoire de Melody Nelson, New York, Bloomsbury Academic, 2013, ISBN 978-1-623-56216-8. URL consultato il 14 giugno 2016.
  6. ^ a b (HU) Vége a világnak (JPG), su mutablesound.com. URL consultato il 15 giugno 2016 (archiviato dall'url originale il 5 marzo 2016).
  7. ^ Testo Archiviato il 24 maggio 2013 in Internet Archive. della prima versione di Seress su phespirit.info.
  8. ^ a b Dimery.
  9. ^ Traduzione inglese Archiviato il 21 gennaio 2013 in Internet Archive. del testo originale su phespirit.info.
  10. ^ Stack-Krysinska-Lester, p. 350.
  11. ^ Testo Archiviato il 21 gennaio 2013 in Internet Archive. della versione di Sam Lewis su phespirit.info.
  12. ^ La versione di Venetian Snares incorpora la voce di Billie Holiday.
  13. ^ Notizie (PDF), su trio-lescano.it. URL consultato l'11 giugno 2016.
  14. ^ Carrera, pp. 62-67.
  15. ^ Stack-Krysinska-Lester.
  16. ^ Una raccolta di queste dicerie si può trovare in Gloomy Sunday. Overture to death, su phespirit.info. URL consultato il 12 giugno 2015 (archiviato dall'url originale il 24 maggio 2013).
  17. ^ (EN) Rezsoe Seress Commits Suicide; Composer of "Gloomy Sunday" (GIF), in The New York Times, 14 gennaio 1968. URL consultato il 12 febbraio 2021 (archiviato dall'url originale il 13 dicembre 2017).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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