Fontana del Nettuno (Firenze)

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Fontana del Nettuno

La Fontana del Nettuno (detta anche Il Biancone) di Firenze è situata in piazza della Signoria, in prossimità dell'angolo di Palazzo Vecchio.

Opera di Bartolomeo Ammannati (1563-1565) e di alcuni suoi allievi, tra i quali il Giambologna, la fontana fu commissionata in occasione del matrimonio tra Francesco I de' Medici e la granduchessa Giovanna d'Austria nel 1565. All'inizio il lavoro era stato commissionato a Baccio Bandinelli, che disegnò il modello, ma morì prima di mettere mano alla sua realizzazione.

La figura di Nettuno, realizzata in candido marmo di Carrara e che riprende i tratti di Cosimo I de' Medici, era un'allusione al dominio marittimo di Firenze; essa si erge su un piedistallo decorato con le statue di Scilla e Cariddi al centro della vasca ottagonale.

Benché la statua non fosse particolarmente apprezzata (si racconta come i fiorentini accorsi all'inagurazione notturna della statua allo scoprire dell'opera notassero più il candore della statua che la sua bellezza, da cui il nome di "Biancone" e coniarono il motto "Ammannato, Ammannato, quanto marmo hai sciupato!") i lavori proseguirono nei dieci anni successivi, con l'aiuto dei migliori scultori della città per il bordo della vasca. Vi si avverte l'influsso del manierismo nelle sue statue mosse di cavalli marini, satiri danzanti e divinità fluviali, ma l'insieme rimase armonioso e coerente, fornando un esempio per le successive opere del genere.

La fontana ha subito numerosi danni nei secoli: veniva usata come lavatoio nel XVI secolo, fu oggetto di vandalismi il 25 gennaio 1580, un satiro fu rubato nel Carnevale del 1830 e fu danneggiata dai bombardamenti dei Borboni nel 1848. Sempre restaurata, la fontana ha subito un ultimo danno il 4 agosto 2005, quando un vandalo danneggiò la mano destra del Biancone e il tridente provando ad arrampicarcisi a tarda notte (restauri conclusi nella primavera 2006).

Curiosità

  • Dietro alla fontana, sull'angolo di Palazzo Vecchio, è posta una lapide che a chiare lettere ricorda come gli Otto di Balia e di Guardia (gli antesignani del corpo di polizia municipale, operativi dal Cinque al Settecento) proibivano a chiunque di sciacquare panni e fare altra sporcizia nella fontana, pena una multa pecuniaria o, per chi non potesse pagare, il temuto supplizio dei tratti di fune (la sollevazione del corpo da una corda legata alle mani incrociate dietro la schiena, che portava a danni permanenti a braccia e spalle).

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