Enji Kakimoto

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Enji Kakimoto
NascitaPrefettura di Ōita, aprile 1920
MorteCowra, 5 agosto 1944
Cause della mortesuicidio
Luogo di sepolturaCimitero militare giapponese di Cowra
Dati militari
Paese servitoBandiera del Giappone Impero giapponese
Forza armata Marina imperiale giapponese
ArmaDai-Nippon Teikoku Kaigun Kōkū Hombu
SpecialitàCaccia
RepartoTainan Kōkūtai
Anni di servizio1937-1944
GradoMarinaio di seconda classe
ComandantiJun'ichi Sasai
Saburō Sakai
GuerreSeconda guerra sino-giapponese
Seconda guerra mondiale
BattaglieBattaglia di Guadalcanal
dati estratti da Imperial Japanese Navy Aces 1937-45[1]
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Enji Kakimoto (柿本円次?, Kakimoto Enji; Prefettura di Ōita, aprile 1920Cowra, 5 agosto 1944) è stato un aviatore e militare giapponese, che fu un asso dell'aviazione da caccia della Dai-Nippon Teikoku Kaigun Kōkū Hombu, il servizio aeronautico della Marina imperiale giapponese, durante la seconda guerra mondiale. Gregario dell'asso Saburō Sakai, è accreditato dell'abbattimento di 5 velivoli nemici[2].

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nacque nella Prefettura di Ōita nell'aprile 1920,[1] ed ardente patriota decise di arruolarsi nella Marina imperiale giapponese nel 1937, allo scoppio della guerra con la Cina.[1] Mentre prestava servizio a bordo dell'incrociatore pesante Myōkō rimase affascinato dalle imprese compiute dai piloti da caccia della marina impegnati in Cina, abbondantemente descritte sui giornali dell'epoca, e decise di diventare aviatore. Ritornato in Patria iniziò a prestare servizio su diversi aeroporti della marina, prendendo confidenza con il pilotaggio degli apparecchi fino ad iniziare a frequentare il 35º corso per allievi piloti nell'ottobre 1939.[1] Brevettatosi pilota militare nel corso del 1941, dopo l'entrata in guerra dell'Impero giapponese fu assegnato al 3° Chutai del Tainan Kōkūtai,[3] al comando del sottotenente di vascello Jun'ichi Sasai, dove militavano grandi piloti come Toshio Ōta e Saburō Sakai, diventando gregario di fiducia di quest'ultimo.[3] Il 7 agosto 1942 prese parte all'attacco contro Guadalcanal nel corso del quale Sakai rimase gravemente ferito dal fuoco difensivo di un cacciabombardiere Douglas SBD Dauntless.[1] Durante quella missione egli conseguì una doppietta, abbattendo un caccia Grumman F4F Wildcat e un cacciabombardiere SBD Dauntless su Tulagi.[1] Venti giorni dopo guidò una pattuglia di Mitsubishi A6M Zero in una missione di scorta a dei cacciabombardieri Aichi D3A Val che dovevano attaccare degli obiettivi a Rabi, Nuova Guinea. Con il velivolo gravemente colpito riuscì ad ammarare vicino ad una spiaggia, raggiungendo la riva a nuoto dove fu catturato dagli abitanti locali e consegnato ai soldati australiani. A quella data aveva al suo attivo 5 vittorie aeree confermate.[1]

Un caccia Mitsubishi A6M2 Zero Type 21 a Rabaul con il vulcano Hanabuki sullo sfondo. Le ceneri e le polveri prodotte dalla continua attività vulcanica impedivano una visione ottimale ai piloti.

La ribellione di Cowra[modifica | modifica wikitesto]

Non essendo tornato dalla missione il comando giapponese lo dichiarò disperso, e probabilmente morto.[1] Inviato in Australia fu rinchiuso nel campo di concentramento di Cowra, nel Nuovo Galles del Sud[4] a 230 km da Sydney.[5] Più volte interrogato diede sempre informazioni fuorvianti, e si diede attivamente ad organizzare la più grande fuga di prigionieri giapponesi mai avvenuta.[4] All'1:50[5] del 5 agosto 1944 circa 1.104 soldati giapponesi tentarono di evadere[N 1] dal campo di prigionia di Cowra per darsi alla macchia.[5] Il segnale dell'attacco fu dato dal marinaio Hajime Toyoshima suonando un corno, e incuranti del fuoco delle guardie, che spararono anche con le mitragliatrici Vickers in dotazione, i soldati giapponesi attaccarono con armi rudimentali i posti di guardia uccidendo quattro soldati e ferendone altri tre. Almeno 206 di loro rimasero uccisi, o rimasti feriti vennero uccisi dai loro connazionali, tra cui 31 che preferirono suicidarsi, mentre 180 rimasero feriti.[5] Molti dei 359 che riuscirono ad evadere furono ripresi senza opporre resistenza, alcuni anche dieci giorni dopo, mentre 25 si suicidarono[N 2] per non essere catturati. Al termine della fase preparatoria dell'evasione egli preferì non parteciparvi, e si suicidò impiccandosi.[4] Il suo corpo riposa nel Cimitero di guerra giapponese di Cowra, insieme alle salme di altri 521 comilitoni. L'incidente di Cowra fu tenuto segreto dal governo australiano fino al 1950.[5]

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Essi avevano ricevuto severissimi ordini di non fare del male ai civili incontrati durante il loro percorso, ma piuttosto di uccidersi.
  2. ^ Due di essi si gettarono addirittura sotto un treno.

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g h Sakaida 2012, p. 40.
  2. ^ Sakaida 2012, p. 105.
  3. ^ a b Kaplan 2013, p. 97.
  4. ^ a b c Sakaida 2012, p. 41.
  5. ^ a b c d e Angelo Paratico, I giapponesi e il senso dell'onore. I suicidi di Cowra, in Corriere della Sera, 14 dicembre 2013.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Periodici
  • Angelo Paratico, I giapponesi e il senso dell'onore. I suicidi di Cowra, in Corriere della Sera, Milano, RCS Rizzoli, 14 dicembre 2013.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

  • (FR) Kakimoto Enji, su Ciel De Gloire - Histoire des As de L'Aviation de 1914 à nos jours. URL consultato il 2 settembre 2015.