Discussione:Giulio Cavalli

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Giulio Cavalli e la sua compagnia hanno già dato autorizzazione ad utilizzare tutto il materiale presente sui loro siti. (Del resto mi risulta stiano preparando un progetto teatrale proprio su wikipedia.


Attività teatrale[modifica wikitesto]

Riporto qui sotto il capitolo "Attività teatrale" che descriveva con un dettaglio eccessivo tutte le opere di Cavalli. Sinceramente non credo ci sia molto da salvare oltre a quello già presente in voce, ma lascio libero chi mi segue di ripristinare le altre informazioni che ritenesse importanti --Paul Gascoigne (msg) 14:52, 7 ott 2012 (CEST)[rispondi]


Attività teatrale

Kabum!...come un paio di impossibilità

È nel 2006 che decide di mettersi in scena con lo spettacolo Kabum!...come un paio di impossibilità, sotto la direzione artistica di Paolo Rossi, che avrà una tournée in teatri e luoghi prestigiosi come Palazzo Ducale di Genova o il Teatro Villoresi di Monza e il Teatro Comunale di Nardò. Lo spettacolo è strutturato su due piani narrativi: sullo sfondo si raccontano episodi storici riconoscibili che riguardano la Resistenza nella zona di Boves, presso Cuneo e poi si porta in scena la "giullarata di Zani" (riconducibile fin dal nome alla maschera dello Zanni), contadino un po' tocco coinvolto per caso in una missione speciale. L'incontro tra la ragione di un popolo che lotta e la pancia di un contadino stupito dà vita ad uno sguardo stralunato e innamorato sulla Resistenza.La guerra di liberazione, nei racconti veri dei passaggi di armi alle nascenti formazioni partigiane e delle trasmissioni di informazioni agli Alleati, è l'esperienza diretta della guerra dal basso, dell'autonomia delle classi subalterne, di cui si ha memoria nelle persone, nei luoghi, negli aneddoti. La si espone mutuando le forme di protagonismo popolare di un teatro che è esperienza diretta della scena, allusioni al parlato vivo, trasfigurazione di un quotidiano davvero visto e vissuto. I passaggi dalla narrazione storica al dialetto, dal teatro serio alla pantomima, rendono plausibile la mescolanza di reale e fantastico, il disperato profondo dolore della guerra e la panica felicità di Zani. Gli intermezzi musicali sono scritti ed eseguiti in scena da Guido Baldoni, seduto su un imponente sidecar originale che rappresenta la moto di Zani nel suo ingenuo viaggio a conquistarsi un'idea di giustizia. Kabum! ha il patrocinio dell'ANPI nazionale e degli Istituti della Resistenza di Genova, Boves, Verbania e Milano.

(Re) Carlo (non) torna dalla battaglia di Poitiers

Nello stesso anno mette in scena una giullarata in occasione del quinto anniversario della morte di Carlo Giuliani che debutta in Piazza Alimonda a Genova scelto da Giuliano e Haidi Giuliani per l'iniziativa "per non dimentiCARLO". Lo spettacolo immagina i fatti di Genova 2001 come una giullarata musicale risalente a cinquecento anni prima. Il titolo richiama una nota ballata in finto stile medievale scritta a fine anni '60 da Fabrizio De André insieme a Paolo Villaggio, immaginando Carlo Martello alle prese con un'avventura amorosa dal finale inaspettato. L'attore si presenta in scena come un giullare che, imitando le consuetudini prima di un comizio elettorale e poi di una cronaca antica, dichiara di aver ritrovato un manoscritto, vecchio di cinquecento anni, riguardante eventi occorsi nella regione di Alimonda. Il documento originale è composto di due parti. Nella prima, apertamente comica, un decurione prepara alla battaglia soldati assonnati e distratti, rielaborano situazioni e forme già presenti nello spettacolo Pulvere di Katabatù, dedicato a Tito Fanfulla da Lodi, eroico soldato di ventura nato nella seconda metà del Quattrocento. Usando il grammelot il decurione minaccia l'arrivata dei ‘munisti, ma l'armamentario è assurdo, le azioni di guerra sono divertimenti per bambini, giochi di movimento, tattiche da cortile. Un deciso cambio di registro e di ritmo, sottolineato dalle musiche scritte e portate in scena da Guido Baldoni, segnala il passaggio al processo sui fatti del G8, per inscenare uno strano sinistro silenzio, riempito a dismisura da voci e versioni che si accavallano. La giullarata, per quanto divertente, è senza lieto fine ed articola il discorso della verità come denuncia di una non raggiunta verità. Per propria vicinanza ai temi e nell'ottica di un dovere d'informazione la sua compagnia Bottega dei Mestieri Teatrali decide di rendere lo spettacolo disponibile ad eventi sul tema a costo zero.

LINATE 8 OTTOBRE 2001: la strage

Debutta in scena con lo spettacolo “Linate, 8 ottobre 2001: la strage”, lunedì 18 dicembre 2006 al Piccolo Teatro di Milano. Un monologo teatrale scritto da Fabrizio Tummolillo e da Giulio Cavalli, interprete unico della pièce, sul Disastro aereo di Linate dell’8 ottobre 2001, costato la vita a 118 persone. Lo spettacolo è sostenuto dal Comitato “8 ottobre, per non dimenticare” che riunisce i familiari delle vittime dell’incidente aereo, impegnati in una costante attività finalizzata a migliorare la sicurezza del trasporto aereo affinché simili tragedie non si ripetano più. Recitazione, narrativa, ricordo ed emozione, ma anche brivido e riflessione davanti agli stralci di registrazione, agli atti giudiziari e alle indagini giornalistiche: questo il percorso che segue lo spettatore insieme all' attore Giulio Cavalli, verso la ricerca della verità. Un nuovo modo di ricordare e di rivivere la tragedia, attraverso il linguaggio teatrale di Giulio, per andare a fondo, cercare in mezzo alla nebbia una spiegazione, le omissioni, le responsabilità. Lo spettacolo si snoda su due registri distinti: il piano narrativo, per raccontare la dinamica e contestualizzare la vicenda, e la ricostruzione documentaria dell’incidente, interamente supportata da prove inconfutabili. Due sono anche gli spazi messi in scena: la sala d’attesa e la torre di controllo. Il racconto, che assume i connotati di una favola ambientata nella rabelaisiana città di Bengodi dove tutto ciò che accade sembra un comico nonsense, si mischia con la realtà più cruda dei fatti. Efficace in questo senso è il registro comunicativo, il grammelot, una forma di teatro inventato nella Commedia dell’arte e usato dai giullari del ‘500 per ottenere una recitazione espressiva, viscerale e immediata. Questo linguaggio, usato nella prima parte del monologo, nella sua grottesca espressione ha l’efficacia di rivelare un’amara verità che trova conferma nella cronaca dell’incidente, scritta seguendo i più severi canoni dell’inchiesta. Il monologo è accompagnato dalle musiche originali del compositore Davide Savaré.

Bambini a dondolo

Con l'inizio della stagione teatrale 2007/2008, l'8 settembre ha debuttato al Teatro dell'Elfo di Milano "Bambini a dondolo", monologo scritto e interpretato dallo stesso Cavalli dedicato ad un fenomeno mondiale che sembra non conoscere confini: il turismo sessuale nei confronti di minori. Coprodotto dalla ONG Intervita nell'ambito della campagna Vite invisibili, lo spettacolo tratta il tema con delicatezza, per riportare il problema dal punto di vista innocente di chi lo ha subito; un testo crudo e poetico allo stesso tempo, che riesce a dare voce alle vittime e ai carnefici, trascinando lo spettatore al fondo di vicende umane che racchiudono un’amara verità. Lo spettacolo prende le mosse da quattro “temi-compiti” a casa. In un paese qualsiasi di un martedì qualsiasi (che poi “qui” è un posto qualsiasi che sia tra le gambe di un aeroporto e un pezzo di mare con un alberghetto à la carte che sia poco meno di due dollari) la maestra Gran Mamita chiede agli alunni di raccontare la loro settimana in un tema-compito a casa. Emergono spaccati di un’infanzia comprata, rivenduta, sfruttata e taciuta per pochi dollari. Rispondono Soka, una bambina sfruttata, il piccolo Ny e la madre costretta a venderlo e un turista di “bambini a gettone”: quattro storie da angoli diversi dell’identico eccidio della dignità dell’infanzia. Una favola triste sì, ma costruita sulla base di una precisa ricostruzione documentaria, che non vuole portare all’attenzione i modi in cui si consumano queste atrocità e neanche soddisfare la curiosità morbosa che accompagna certi temi, ma che intende sensibilizzare gli spettatori, invitarli a riflettere e a prendere coscienza di un fenomeno poco conosciuto che pare riguardarci da molto lontano. A queste storie di fantasia si intrecciano stralci di videointerviste realizzate da esperti che in campi diversi e con modalità e punti di vista differenti si occupano di abusi su minori e turismo sessuale. Fondamentali risultano le collaborazioni del Pm GianLuca Prisco, che ha ottenuto la prima condanna in Italia per turismo sessuale, Maria Rosa Dominici, giudice onorario al Tribunale dei minori di Bologna, che si è occupata di traffico di organi e della sparizione di migliaia di bambini, Don Fortunato di Noto, parroco e fondatore dell'Associazione Meter ONLUS contro la pedofilia e la tutela dell'infanzia e il giornalista Pietro Orsatti, autore del video Gli angeli del Brasile. Ad accompagnare Cavalli le note di una ninna nanna stonata e crudele dell'autore di musica contemporanea Alberto Braida.

Do ut Des

Nel maggio 2008 ha debuttato al Teatro Franco Parenti di Milano con "Do ut Des". Scritto con la collaborazione di Francesco Angelo Lanza "Do ut Des" racconta riti e conviti mafiosi attraverso la storia di Totò Nessuno. Il ritmo dello spettacolo viene scandito dai momenti chiave della parabola del protagonista, interpretato da Cavalli, che da giovane aspirante picciotto si trasforma in sindaco di Mafiopoli. Il giuramento mafioso, che rappresenta il primo passo verso i vertici del potere, la pratica del Do ut Des che lo aiuta ad avere consenso e lo porterà infine ad essere eletto sindaco, il “tocsciò”, manifestazione esteriore della posizione raggiunta, capacità acquisita di eludere domande e confondere idee. Il risultato è una rilettura in chiave comica della storia della parola di cinque lettere che non esiste nei documenti ufficiali, che non appare sulle lapidi, ma uccide. Difficile distinguere tra verità e finzione, districarsi tra le frasi realmente pronunciate - magari da qualche politico - , le parole lette nei ‘pizzini’ e la fantasia degli autori. Fonte di ispirazione prima è stata la lezione di Peppino Impastato, che sulle frequenze di Radio Aut colpiva la mafia attraverso un’ironia pungente e sottile. Di grande impatto le musiche, composte da Davide Savarè ed eseguite in scena dall’orchestrina del Bar Emmeesse. Hanno partecipato alla realizzazione dello spettacolo figure preziose che animano un’antimafia poco istituzionale, ma incisiva e appassionata. Primo fra tutti Rosario Crocetta sindaco antimafia di Gela, che ha prodotto lo spettacolo insieme al comune di Lodi. Giovanni Impastato, che gira l’Italia tenendo viva la memoria del fratello Peppino Impastato. Il Centro di documentazione Giuseppe Impastato di Umberto Santino. Giuseppe Maniaci di TeleJato televisione locale con sede e Partinico che dal 1999 informa senza censure su tutto quello che succede in Sicilia. Per questo spettacolo ha subito nell'agosto 2008 delle intimidazioni mafiose che l'hanno costretto a sottostare ad un programma di protezione.[1][2]

Nomi, Cognomi e Infami

«Vivo in Lombardia dove la mafia non esiste, faccio l'attore, scrivo storie che sarebbe buona cosa non scrivere e mentre scrivevo mi è esplosa la storia in mano.»

Nomi, cognomi e infami è il diario impersonale di un anno di storie incrociate in una tournée che è scesa dal palco per diventare la sua storia: quella di un attore di teatro che vive sotto scorta da due anni. È un viaggio nel tempo e nello spazio che accompagna il lettore dalla strage di via D'Amelio al sorriso di Bruno Caccia, dalle parole di Pippo Fava all'omicidio di don Peppe Diana passando attraverso il coraggio di Peppino Impastato, Rosario Crocetta e i ragazzi di Addiopizzo, fino a svelare la presenza della mafia al Nord che l'autore è stato tra i primi a denunciare. È anche una storia corale dedicata alle 670 persone che oggi nel nostro Paese vivono sotto tutela. È una rivoluzione morbida contro coloro che, abituati a comprarsi giudici, onorevoli, senatori, funzionari, sindaci, imprenditori, giornalisti, sanno bene che nulla possono contro la parola, quel mitra senza proiettili che instilla germi; germi di consapevolezza, germi di coscienza, germi di libertà. È una ninna nanna recitata per tenerci tutti svegli, mentre urliamo che disonorarli, comunque, è una questione d'onore.

«Ridere di mafia è una ribellione incontrollabile.»

A cento passi dal Duomo

Nel 2010 Giulio Cavalli presenta il suo nuovo testo, scritto in collaborazione al giornalista Gianni Barbacetto direttore di Omicron (l'Osservatorio Milanese sulla Criminalità Organizzata al Nord) dedicandosi nuovamente all’approfondimento del tema mafia. Lo spettacolo ha inizio con il profondo silenzio milanese che ha accompagnato non solo l‟omicidio di Giorgio Ambrosoli, bensì anche il suo funerale, al quale parteciparono il Governatore della Banca d‟Italia Paolo Baffi e i soliti famigliari e amici. Il silenzio assordante milanese avvolge anche le “gesta” di Raul Gardini, i 103 sequestri avvenuti in Lombardia per mano di Cosa Nostra e della ‘ndrangheta calabrese tra il 1974 e il 1983, le retate delle forze dell’ordine ed i maxiprocessi contro la criminalità organizzata insediata nel territorio lombardo. Milano non percepisce i nuovi mafiosi in giacca e cravatta, i giovani rampolli delle famiglie mafiose ormai radicate sul territorio milanese. Tuttavia, non solo i cittadini non avvertono la gravità del pericolo mafioso, bensì anche la politica sembra sottovalutarne la diffusione e la potenza economica. E potrebbe essere proprio il potere economico ad accompagnare la criminalità organizzata alle porte dell’Expo 2015. Il pm Antimafia Vincenzo Macrì nel 2008 ha affermato che “Milano è oggi la vera capitale della ‘ndrangheta e, tuttavia, la politica sembra non accorgersene. Il lavoro di Cavalli e Barbacetto colpisce l’essenza stessa della mafia al Nord, mettendola a nudo, mostrandone la collusione con la politica e la sua capacità di infiltrarsi nei gangli di potere. Ma la mafia al Nord non rappresenta solo un pericolo per il corretto svolgimento della libera concorrenza a Milano e in Lombardia si uccide, come nel profondo sud, come a Gomorra. Uno spettacolo supportato da dati e documenti per mappare l‟attuale situazione, non per creare facile allarmismo, ma per segnalare alla coscienza civile la concreta e reale esistenza di un fenomeno criminale che si muove silenziosamente anche nell'"operoso Nord Italia". L'intervento è accompagnato dal musicista Gaetano Liguori, che culla la lettura teatrale rendendola, come afferma lo stesso Cavalli, "una ninna nanna dolce per un risveglio brusco di quella Lombardia che si crede immune dalla mafia".

L’innocenza di Giulio – Andreotti non è stato assolto

Nel 2011 sotto la regia di Renato Sarti, Giulio Cavalli presenta il suo spettacolo che descrive attraverso le testimonianze, le deposizioni, gli atti giudiziari una delle figure più controverse della politica italiana: Giulio Andreotti. In una scena nuda ed essenziale, dove il “posto d’onore” al centro del palco spetta ad un inginocchiatoio su cui è poggiato un impermeabile, prende forma una figura, quella del Senatore ‘prescritto a vita’. Lo racconta in primis un video di Giancarlo Caselli, il giudice che ha istruito il processo Andreotti, che ribadisce con forza qual è stata la sentenza e soprattutto come l’informazione sia stata manipolata in un paese che sembra aver voluto dimenticare la gravità di quanto accertato, di quanto realmente successo: cioè la concreta collaborazione di ‘Giulio Belzebù’ con esponenti di Cosa Nostra fino al 1980. Inizia così la ricostruzione documentata dell’ascesa del Senatore che lo ha visto negli anni intessere relazioni e rapporti con alcune personalità della politica e dell’economia legati alla mafia. Cavalli in scena racconta, racconta della Corrente Primavera della DC e dei legami con i cugini siciliani Salvo, legge le deposizioni processuali di Tommaso Buscetta, ricostruisce i rapporti di Andreotti con Salvo Lima e con “gli amici degli amici”. Ma Giulio nega, nega di sapere e nega di conoscere ed allora ecco che Cavalli, indossato l’impermeabile e chino sull’inginocchiatoio, riporta le testimonianze rese dallo stesso Andreotti nel corso del procedimento penale. Si susseguono così, in un'alternanza ricca di tensione, tra immagini video e momenti musicali, le diverse testimonianze, i racconti e le deposizioni che illustrano i momenti chiave della storia. Tante parti di un puzzle, tante tessere che compongono un quadro, dai rapporti tra Andreotti e Michele Sindona, al delitto Ambrosoli a quello del Generale Dalla Chiesa. Cavalli sul palco è narratore, testimone, accusa e difesa, solo in scena interpreta di volta in volta le tante facce del processo, arricchendo l’interpretazione con elementi diversi per ogni personaggio, dal tono monocorde per Andreotti, all’inflessione siciliana per la testimonianza di Balduccio di Maggio - dove si riporta, con un singolare sottofondo di musica western, dell’incontro tra il boss Totò Riina e Andreotti. Uno spettacolo in crescendo, con alcuni momenti ancora più forti e significativi come il serrato monologo di Cavalli “La mano di Giulio” che in un ritmo incalzante, veloce, teso ripercorre l’incontro tra il Senatore e il boss Stefano Bontade o come la lettura delle pesantissime parole che Aldo Moro dedicò dal rifugio delle BR al suo ex compagno di partito. Il tutto è accompagnato dalle musiche di Stefano “Cisco” Belotti, che alterna diverse atmosfere, tra melodie di sottofondo e intense canzoni. Con la collaborazione drammaturgica di Giancarlo Caselli e Carlo Lucarelli, Cavalli offre un quadro tanto emblematico quanto inquietante della realtà italiana. Alla fine dello spettacolo, anche un piccolo bis, in cui dimostra come l’infiltrazione e la corruzione della malavita organizzata all’interno della politica degli anni Ottanta ha degli aspetti identici a quelli di oggi. Il risultato è uno spettacolo ‘maleducato e rissoso’, per raccontare il processo al Senatore per collusione con la mafia; uno spettacolo ‘indignato’ per ribadire che Andreotti non è stato assolto.


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