Denha I

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Denha I (Adiabene, 1225Baghdad, 24 febbraio 1281) è stato un vescovo cristiano orientale siro, vescovo di Beth Bagas, metropolita di Erbil e patriarca della Chiesa d'Oriente dal 1265 al 1281.

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

La maggior parte delle informazioni sulla vita e l'operato di Mar Denha I sono contenute nelle cronache degli storici nestoriani Sliwa bar Yuhanna e Mari ibn Sulayman, e dello storico siro-occidentale Barebreo, contemporaneo e amico del patriarca.[1]

Il monaco Giovanni, forse segretario del patriarca, scrisse la sua vita, sotto forma di omelia, pubblicata con traduzione in francese da Jean-Baptiste Chabot nel 1895 con il titolo di Éloge du patriarche nestorien Mar Denha Ier.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Incerto è il luogo di nascita di Denha, avvenuta verso il 1225. Secondo il monaco Giovanni, nacque a Beth Bagas nell'Adiabene, a nord di Erbil, mentre Sliwa bar Yuhanna lo ritiene originario del villaggio di Rostaq a nord di Rawandiz.[2]

Era monaco nel monastero di Beth Qoqa,[3] quando, secondo l'interpretazione di Chabot di un versetto oscuro del monaco Giovanni, divenne vescovo di Beth Bagas.[4] Era molto giovane, poiché, secondo il racconto di Barebreo, aveva trent'anni quando fu eletto metropolita di Erbil nel 1256 circa.[1]

Denha era certamente già metropolita nel mese di novembre 1256, poiché partecipò in quest'occasione alla consacrazione del nuovo patriarca Makkikha II, succeduto a Sabrisho V, morto il 20 maggio.[2] Nella successione patriarcale, Denha cercò invano di far valere la propria candidatura.[1] A Erbil Denha si distinse per i buoni rapporti che seppe mantenere con i giacobiti in fuga da Mosul, conquistata dai Mongoli, e che accolse nella città episcopale, allestendo anche campi d'accoglienza.[5] Durante il suo episcopato a Erbil, i Mongoli, guidati da Hulagu Khan, conquistarono Baghdad e misero fine, dopo secoli, al califfato abbaside.

Il 18 aprile 1265 morì il patriarca Makkika II e la sede patriarcale rimase vacante per diversi mesi.[2] Secondo Sliwa bar Yuhanna, Denha fu eletto all'unanimità come nuovo patriarca, grazie anche all'appoggio della principessa cristiana Doquz Khatun. Fu consacrato il 15 novembre 1265 e pose la sua sede a Baghdad, nel palazzo che il conquistatore mongolo Hulagu Khan aveva concesso a Makkika II.[6]

Denha subì l'esilio, all'incirca verso il 1267/1268, per aver cercato di convertire un mussulmano,[6] il quale però era probabilmente un cristiano che aveva abiurato la propria fede.[7] Rifugiatosi a Erbil, dovette nuovamente fuggire perché accusato di aver cercato di rovesciare il governatore di Baghdad; si rifugiò in Azerbaigian.

Poté rientrare a Baghdad, dove si trova nel 1277, quando accolse il mafriano Barebreo, con il quale ebbe uno scambio epistolare. Di questa corrispondenza non resta nulla, eccetto una lettera di Barebreo al patriarca.[8]

Verso la fine della sua vita, Denha accolse a Maraga un'ambasciata di cristiani nestoriani proveniente dalla Cina, guidata da Marco di Kusang e dal monaco Rabban Bar Sauma; il patriarca consacrò vescovo Marco e lo inviò in Cina. Ma le difficoltà nei viaggi impedì al nuovo vescovo di recarsi nella sua terra di missione.

Nel viaggio di ritorno verso Baghdad, Denha si ammalò e morì il 24 febbraio 1281. Gli succedette sulla cattedra patriarcale il vescovo Marco, che prese il nome di Yab-Alaha III.[6]

Del patriarca Denha restano alcuni scritti: un inno sulla croce e un trattato sulla fede nestoriana.[6]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c (FR) Fiey, Assyrie chrétienne…, p. 78.
  2. ^ a b c (FR) Dictionnaire d'histoire et de géographie ecclésiastiques, vol. XIV, col. 219.
  3. ^ (FR) Éloge du patriarche nestorien Mar Denha, p. 127, nota 2.
  4. ^ (FR) Éloge du patriarche nestorien Mar Denha, p. 127, nota 3.
  5. ^ (FR) Fiey, Assyrie chrétienne…, pp. 79-80.
  6. ^ a b c d (FR) Dictionnaire d'histoire et de géographie ecclésiastiques, vol. XIV, col. 220.
  7. ^ (FR) Fiey, Assyrie chrétienne…, p. 81.
  8. ^ (FR) Une lettre de Bar Hébréus au catholicos Denha Ier, publiée et traduite par M. J.-B. Chabot, in: Journal Asiatique, Tome XI, 1898, pp. 75-128.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Patriarca della Chiesa d'Oriente Successore
Makkikha II 1265 - 1281 Yab-Alaha III bar Turkaye
Controllo di autoritàVIAF (EN82151246505744130347 · LCCN (ENno2013114952 · GND (DE1147225230