Carassius carassius

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Carassio
Carassius carassius
Stato di conservazione
Rischio minimo
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Phylum Chordata
Classe Actinopterygii
Ordine Cypriniformes
Famiglia Cyprinidae
Genere Carassius
Specie C. carassius
Nomenclatura binomiale
Carassius carassius
Linnaeus, 1758

Il carassio[1] (Carassius carassius; Linnaeus, 1758), noto anche come carpa cruciana o come rumatera in dialetto veneto, Rügatèra in lombardo, è un pesce d'acqua dolce appartenente alla famiglia Cyprinidae.

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

Questa specie è originaria dell'Europa centrale ed orientale e di varie regioni asiatiche. In Italia è alloctona, è stato introdotto per le gare di pesca e negli ultimi anni è stato segnalato un notevole aumento nei corsi d'acqua di tutto il paese; lo si può trovare infatti in zone dove nessun altro pesce riuscirebbe a vivere, essendo limitato il suo fabbisogno di ossigeno. Vive nei laghi con sponde paludose o nei bracci morti dei fiumi, nelle paludi e nei fossati. Negli stagni, in condizioni sfavorevoli di alimentazione cresce con grande lentezza e dà origini a forme nane; in condizioni ambientali favorevoli si sviluppa maggiormente e assume corpo più armonioso.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Un esemplare giovane

L'esemplare giovane presenta un corpo allungato, con profilo dorsale poco convesso, con livrea giallo chiara e ocello sul peduncolo caudale. L'adulto ha un corpo tozzo, compresso ai fianchi. La pinna dorsale è alta, composta da raggi ossei, i maggiori sono dentellati, come nella pinna anale. La mancanza assoluta dei barbigli lo distingue dalla carpa. La livrea è variabile, solitamente giallo-oro più o meno carico, con riflessi metallici sul dorso. Le pinne sono sfumate di rosso.
Il carassio può raggiungere una lunghezza massima di 45 cm per 1,5 kg di peso, tuttavia la taglia media risulta variabile tra i 20-30 cm di lunghezza per 3-4 hg di peso.

Il pesce rosso selvatico è quasi identico a questa specie e si può riconoscere con certezza solo mediante l'esame delle branchiospine[2].

Riproduzione[modifica | modifica wikitesto]

Uova viste al microscopio

Il periodo della frega va da marzo a giugno: la femmina depone da 130.000 a 250.000 piccole uova (tondeggianti e giallo-trasparenti) in acque basse, dense di vegetazione, che si schiudono entro una settimana. È possibile l'ibridazione con la Carpa.

Alimentazione[modifica | modifica wikitesto]

Ha dieta onnivora, si nutre prevalentemente di zooplancton (soprattutto specie dell'ordine Cladocera), insetti e copepodi e detriti vegetali.

Predatori[modifica | modifica wikitesto]

È preda abituale di lucci, lucioperche, siluri e persici reali

Pesca[modifica | modifica wikitesto]

Dato che abbocca con estrema voracità ad esche naturali di ogni tipo è molto apprezzato dai garisti mentre lo è molto meno da chi pesca per scopo alimentare, visto che può veramente rendere impossibile la cattura di carpe, tinche e vari altri pesci di fondale, come Pesci Gatto e piccoli Siluri. In molti territori della Pianura Padana, soprattutto nella bassa emiliana e lombarda, ed anche in Polesine, i pescatori sono soliti chiamare questo pesce col termine "carpa bastarda" o semplicemente "bastardo", per sottolineare la differenza con la Carpa, quest'ultima considerata animale più nobile e preda ambita. Le carni del Carassio sono estremamente spinose e generalmente hanno un forte gusto di fango, il che lo rende pressoché immangiabile. Ciò nonostante questi pesci sono apprezzati in maniera significativa nell'Europa orientale, principalmente in Polonia e nei paesi dell'ex URSS.

Effetti ecologici della sua introduzione[modifica | modifica wikitesto]

In molti corsi d'acqua ha mostrato spiccati fenomeni di competizione alimentare nei confronti delle altre specie di ciprinidi, soprattutto della carpa e della tinca tanto da causare estinzioni locali, soprattutto della seconda. Tuttavia si ritiene che la maggior parte dei pesci del genere Carassius presenti in Italia appartengano alla specie Carassius auratus, quasi indistinguibile.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Mipaaf - Decreto Ministeriale n°19105 del 22 settembre 2017 - Denominazioni in lingua italiana delle specie ittiche di interesse commerciale, su PoliticheAgricole.it, 14 novembre 2017. URL consultato il 9 giugno 2020.
  2. ^ *Kottelat M., Freyhof J. Handbook of European Freshwater Fishes, Publications Kottelat, Cornol (CH), 2007

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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