Battaglia di Milazzo (1860)

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Battaglia di Milazzo
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La battaglia di Milazzo fu combattuta fra il 17 e il 24 luglio 1860, nei dintorni e nella città Milazzo, quando i Mille di Giuseppe Garibaldi, unitamente a nuovi combattenti che diedero corpo all'esercito meridionale, affrontarono e sconfissero i borbonici. Le forze impiegate nello scontro ammontavano a circa 10.000 uomini, dei quali oltre 6.000 erano i garibaldini.

Schieramenti

La battaglia di Milazzo fu molto diversa da quella sostenuta a Calatafimi. Per la prima volta i garibaldini si misuravano con una formazione borbonica guidata da un comandante fermamente intenzionato a battersi e all'altezza della situazione.

Le forze borboniche, inviate da Messina a difendere la fortezza di Milazzo e la sua piccola guarnigione, erano composte da tre battaglioni di Cacciatori a piedi, uno squadrone di Cacciatori a cavallo ed una batteria di artiglieria da montagna, per un totale di 3.400 uomini, guidati dall'abile colonnello Ferdinando Beneventano del Bosco.

In questa occasione, però, anche lo schieramento garibaldino era temibile, forte delle 8.000 carabine a canna rigata e delle 400.000 cartucce inviate dal Piemonte. Inoltre, i garibaldini potevano contare sulla supremazia numerica, pur lamentando una totale assenza di reparti di cavalleria ed una iniziale inferiorità di artiglieria.

La città di Milazzo con la soprastante cittadella fortificata

Svolgimento

Dopo una serie di scaramucce preliminari, reciprocamente avviate nei giorni precedenti allo scopo di saggiare la consistenza delle forze avversarie, lo scontro decisivo si accese alle ore 6,30 del 20 luglio, al centro della piana che offre accesso alla piccola penisola ove sorge la città di Milazzo.

Garibaldi decise di attaccare lo schieramento borbonico, disposto su due linee, con una massiccia colonna centrale, preceduto da due attacchi laterali contemporanei, in modo da creare un utile diversivo. L'organizzazione e la sincronia dei movimenti fu piuttosto scoordinata e questo primo tentativo si tramutò in un vero disastro, nel quale i garibaldini furono respinti e riuscirono a stento nel contenere il contrattacco borbonico, subendo gravissime perdite.

Garibaldi salvato da Missori

Ma non erano certo gli uomini che mancavano a Garibaldi e, dopo una rapida riorganizzazione dei quadri, gli attacchi garibaldini si susseguirono per oltre sei ore, nelle quali gli schieramenti contrapposti dimostrarono una combattività eccezionale, galvanizzati dai due comandanti in capo che guidavano personalmente le azioni, entrambi continuamente presenti nella prima linea.

I due erano talmente vicini alla linea di combattimento che, in una celebre occasione, l'improvviso attacco di un drappello della cavalleria borbonica rischiò di travolgere lo stesso Garibaldi. Subito i garibaldini presenti si posero a difesa del comandante per dargli modo di mettersi al sicuro, ma egli si gettò nella mischia e, disarcionato, venne fortunosamente salvato dal provvido intervento di Missori.

Nel primo pomeriggio, dopo aver richiesto inutilmente l'invio di rinforzi dalla cittadella fortificata, dove la guarnigione borbonica di 1.400 uomini era asserragliata agli ordini del colonnello Raffaele Pironti, il quale si rifiutava di ricevere ordini data la maggiore anzianità di servizio, del Bosco decise di arretrare verso l'abitato, che offriva maggior protezione alla difesa.

Garibaldi si riposa dopo la battaglia, nell'abitato di Milazzo.

Fu in quel frangente che pirocorvetta Tukory giunse nei pressi della costa occidentale. Si trattava di una moderna unità della marina borbonica, la "Veloce", che pochi giorni prima era stata consegnata alla marina Sarda, dal corrotto capitano Amilcare Aguissola, contattato e "convinto" al tradimento dall'ammiraglio Persano.

La corvetta, subito ceduta alle forze garibaldine e rinominata "Tukory", era armata con 10 potenti cannoni che, diretti personalmente da Garibaldi, presero a martellare incessantemente l'ala sinistra delle forze borboniche, impedendo ogni tentativo di contrattacco e costringendole a ritirarsi nella cittadella fortificata.

Il 21 luglio, in seguito alla convenzione voluta dal ministro della guerra napoletano Pianell, il maresciallo Tommaso de Clary ed il generale Giacomo Medici firmarono il patto per l'evacuazione delle truppe borboniche dalla Sicilia ed il 25 luglio anche i reparti guidati dai colonnelli Pironti e del Bosco si imbarcarono per Napoli, lasciando Milazzo in mano garibaldina.

Le perdite

Secondo Garibaldi, su circa 6.000 uomini impiegati, ci furono un migliaio tra morti e feriti, mentre Giuseppe Bandi stimò un totale di 650 perdite. In ogni caso, il contingente garibaldino pagò a Milazzo un prezzo altissimo e largamente superiore alle perdite avversarie che, secondo la testimonianza di don Giuseppe Bottà, cappellano militare dei Cacciatori Napoletani, si limitarono a 51 morti, 80 feriti e 25 prigionieri o dispersi, sul totale di 3.400 uomini impiegati in battaglia.

Bibliografia