Astorre II Baglioni

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Astorre Baglioni (Perugia, marzo 1526Famagosta, 4 agosto 1571) è stato un condottiero italiano membro della nobile famiglia dei Baglioni. Figlio di Gentile, fratello di Adriano.

Biografia

Alla morte del padre, è prima a Tagliacozzo presso Ascanio Colonna, e poi a Città di Castello presso lo zio Alessandro Vitelli, che lo educa al mestiere delle armi.

Nel 1540, affianca il Vitelli contro i turchi a Pest al comando di 300 fanti. Nel mese di aprile del 1550, si imbarca come venturiere su una fregata a Civitavecchia; segue la flotta pontificia di Carlo Sforza sulle coste africane al fine di combattere il corsaro Dragut. Ad agosto è con Giordano Orsini all'assedio di Afrodisio (Mahdia), difesa da Hisar Rais, nipote di Dragut. Durante le operazioni salva la vita all'Orsini attaccato all'improvviso da alcuni berberi: si accampa con i cavalieri dell'ordine gerosolimitano e partecipa all'assalto finale. Tra il 1556 e il 1558 passa al servizio di Venezia, partecipa alla supervisione delle opere di fortificazione degli stati veneti, è governatore di Verona. Nel 1569 viene nominato governatore di Nicosia a Cipro.

L'assedio di Famagosta

Nel giugno del 1570 sistema le fortificazioni di Cerines e quelle di Famagosta, di cui è eletto governatore, con la collaborazione del rettore della città Marcantonio Bragadin. Cerca di agire nello stesso modo a Nicosia, i cui lavori di rafforzamento vanno, viceversa, a rilento. Raduna truppe per impedire lo sbarco ai turchi nei pressi di tale località; il luogotenente di Cipro Niccolò Dandolo si oppone alla misura per cui Astorre Baglioni, sdegnato, abbandona la capitale e ritorna con la sua compagnia a Famagosta. Dandolo lo richiama, invano, a Nicosia.

Quando viene a conoscenza dello sbarco dei turchi alle Saline, nelle vicinanze di Nicosia, vi si dirige con 300 archibugieri a cavallo, 150 stradiotti e vari capitani. Il collaterale conte di Rocas, mandato in precedenza in tale località con 400 stradiotti e 100 archibugieri italiani, non obbedisce ai suoi ordini e fugge a Famagosta. Astorre Baglioni è, pertanto, costretto a rientrare in tale città. Rafforza le difese di Famagosta, vettovaglia le fortezze, fa avvelenare i pozzi d'acqua, tagliare le piante, bruciare i raccolti non trasportabili nella città, spianare tutte le case vicine, disarmare le navi inutilizzabili nel porto, ripristina una disciplina ferrea. A fine mese esce da Famagosta con diversi cavalli e sorprende 500 cavalli turchi; assale ancora i nemici con 600 fanti italiani, 600 greci e 200 cavalli, uccide 300 uomini ed incendia un accampamento.

Nicosia cade a settembre e Famagosta è investita da Mustafa pascià, che pone il suo campo al casale Pomodano, a tre miglia dalla città. I turchi conducono da questo momento in poi ventisei assalti. Viene intimata la resa dagli avversari mediante la consegna della testa di Niccolò Dandolo, portata in un bacile di stagno. Astorre Baglioni incomincia con il respingere un buon numero di cavalli e, a fine mese, opera una nuova sortita con 2000 uomini appoggiati dalla cavalleria.

Ha a disposizione per la difesa di Famagosta 90 pezzi di artiglieria, 6000 fanti (2000 italiani e 4000 greci) e 200 cavalli; riceve in rinforzo, per mezzo della flotta del provveditore Marco Querini, 1700 fanti italiani e 150 cavalli.

Nel mese di Febbraio 1571 la flotta veneziana abbandona il porto di Famagosta per non rimanere bloccata dalla imponente flotta ottomana in avvicinamento; Astorre Baglioni ne approfitta per far credere al nemico che la città si sia svuotata di difensori. I turchi si avvicinano e sono presi di infilata dagli archibugieri e dai bombardieri, nonché caricati dalla cavalleria (2500 morti).

A metà mese di marzo viene condotto un primo assalto generale: l'esercito nemico dispone di 113 pezzi di artiglieria, 3000 cavalli, 193'000 fanti e 40'000 guastatori. Il Baglioni fa mettere una mina sotto il monte degli ebrei che provoca numerosi morti vicino alle trincee, fa avvelenare i pozzi nei pressi e riempie di triboli (tavolette con quattro chiodi) tutto il terreno che va dalle mura a trecento passi. In Famagosta trasferisce il suo alloggio nel bastione di Santa Nappa, da dove mette a punto il tiro delle artiglierie. In dieci giorni di scontri rimangono sul terreno almeno 30'000 turchi, fra soldati e guastatori.

Nel mese di giugno respinge sei ondate di un secondo assalto generale, portato in cinque ore, dopo che gli avversari hanno dato fuoco ad una potente mina di fronte alla mezza luna dell' arsenale. Cerca di riparare i danni; a fine mese i turchi fanno brillare un'altra mina davanti al rivellino. Anche il successivo assalto viene respinto.

Il mese di luglio i turchi conducono un terzo assalto generale al rivellino, alla torre di Santa Nappa, a quella dell'Andruzzi, alla Cortina ed al torrione dell'arsenale. Astorre Baglioni fa abbandonare ai suoi il rivellino: Luigi da Martinengo vi fa brillare una mina, in cui ri mangono uccisi 100 veneziani e 1500 turchi. Il condottiero si unisce con i fanti italiani, albanesi e greci e ributta ancora una volta gli avversari. A metà mese Mustafa Pascià fa costruire una grande trincea ed ordina il quarto attacco. Astorre Baglioni effettua una sortita con il Martinengo, dopo di che fa scoppiare una mina nel fianco sinistro del rivellino, in cui restano sepolti sotto le macerie 700 turchi. Alcuni giorni ancora e vi è il quarto assalto generale, preceduto dallo scoppio di cinque mine intorno ai fianchi del cavaliere di Limissol e di un'altra sotto la piazza della mezzaluna dell'arsenale. I veneziani subiscono forti perdite; gli attaccanti sono respinti; la popolazione civile fa pressione perché gli uomini della Serenissima chiedano la resa per la mancanza di vettovaglie e perché comincia a scarseggiare anche l'acqua. Astorre Baglioni è contattato da un rinnegato latore di un messaggio del capitano avversario; respinge la proposta onorevole che prevede la resa con l'onore delle armi. Il giorno dopo Mustafa Pascià sferra il quinto assalto generale, che viene parimenti respinto. Alla difesa di Famagosta non rimangono che 500 fanti italiani, dei quali molti sono feriti: tutti, in ogni caso, sono stanchi per la tensione e per il lavoro cui si sottopongono e deboli per la carenza di generi alimentari. L'ultimo giorno del mese i nobili ciprioti obbligano i veneziani a chiedere la resa.

Il 31 luglio 1571, i turchi accettano la resa a patti dei difensori; essa prevede un salvacondotto fino a Candia per i fanti italiani. La resistenza è durata 157 giorni, del presidio sono rimasti uccisi i sette-ottavi, sono state sparati d'ambo le parti 150.000 colpi di cannone; fra i turchi si contano 50.000 morti. Astorre Baglioni, scortato da 300 uomini, consegna le chiavi della città insieme con Marcantonio Bragadin, il Martinengo ed altri capitani. I veneziani vengono fatti entrare disarmati nella tenda di Mustafa Pascià; questi li riceve inizialmente con cortesia, poi si adira ad arte con il pretesto che il Bragadin ha fatto uccidere alcuni ottomani durante una tregua. Tutti sono catturati e vengono condotti fuori del padiglione, dove sono uccisi. Ad Astorre Baglioni viene tagliata la testa a causa delle sue proteste per il non rispetto dei termini della capitolazione; il suo capo è infisso su una picca e viene esposto per tre giorni.

Bibliografia

  • Vincenzo Ansidei. Alcuni appunti per la storia delle famiglie perugine Baglioni e degli Oddi. Unione Tip. Coop.va. Perugia. 1901
  • Vincenzo Ansidei. Nuovi appunti per la storia delle famiglie perugine Baglioni e degli Oddi. Unione Tip. Coop.va. Perugia. 1902
  • Gigi Monello, "Accadde a Famagosta, l'assedio turco ad una fortezza veneziana ed il suo sconvolgente finale", pp.192, tav. 10, Scepsi & Mattana Editori, Cagliari, 2006.
  • Bernardino Tomitano, Vita e fatti di Astorre Baglioni, in otto libri, Venezia, 1572-1576.
  • Alessandra Oddi Baglioni, "Astorre II Baglioni - Guerriero e Letterato - Il Grifone e la Mezzaluna", pagg.286, 2009 Volumnia Editrice
  • Wu Ming, Altai, Einaudi, Torino 2009

Collegamenti esterni

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