Alfabeto italiano

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L'alfabeto italiano deriva dall'alfabeto latino e viene utilizzato per scrivere nella lingua italiana.

Le lettere che compongono l'alfabeto italiano sono 21, di cui

Tutte le lettere vengono inserite nell'alfabeto seguendo un ordine ben preciso: a b c d e f g h i l m n o p q r s t u v z.

Oltre al carattere minuscolo col quale sono state fino ad ora indicate, possono venir scritte anche con il carattere maiuscolo:
A B C D E F G H I L M N O P Q R S T U V Z.

Le lettere straniere j k w x y si usano raramente nella lingua italiana, ma nella pratica si riscontra un uso sempre maggiore nella scrittura, per mezzo di parole prese in prestito da altre lingue [1].

Le lettere K, W e Y si trovano quasi esclusivamente in parole di origine straniera, quali kinesiterapia, water e yogurt. Le lettere J e X si trovano in parole di origine straniera, quali jazzista e xilofono, ma anche spesso in toponimi e cognomi italiani, quali Joppolo Giancaxio, Jannacci, Bixio, Craxi.

Talvolta l'alfabeto italiano viene sostituito, erroneamente, con quello che alcuni definiscono "alfabeto internazionale", prendendo in prestito le lettere dell'Alfabeto fonetico internazionale, comprendente le 21 lettere italiane più le 5 straniere, per un totale di 26:
a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z
A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W X Y Z.

Storia

L'alfabeto italiano deriva fondamentalmente da quello latino, che comprendeva 23 lettere:

 Aa Bb Cc Dd Ee Ff Gg Hh Ii Kk Ll Mm Nn Oo Pp Qq Rr Ss Tt Uu Vv Xx Yy Zz.

Le sue caratteristiche principali sono le seguenti.

  • In latino non distingueva graficamente i suoni corrispondenti alle lettere U e V; entrambi i suoni vocalico e consonantico erano indicati da V (anche se naturalmente puer e ver suonavano ben diversamente!); la distinzione fra U e V che troviamo sui testi pubblicati oggi in Italia è un'interpolazione operata dagli editori per favorire la lettura. In altri paesi si preferisce invece usare per entrambi i suoni la forma maiuscola V e la minuscola u.
  • Analogamente, esisteva una sola lettera per indicare i due suoni vocalico e "semivocalico" della I; diversamente da quanto avviene con la U e la V, gli editori moderni solitamente preferiscono evitare l'uso della J per indicare la pronuncia semivocalica della I: si usa dunque scrive dunque Iulius e non Julius, forse per evitare equivoci dovuti all'interferenza dei valori francese e inglese della lettera J.
  • La lettera K era usata in poche parole che mantenevano la grafia latina arcaica (che voleva sempre K prima di A), come kalendae.
  • Le lettere Y e Z erano usate solamente in parole greche, così come i digrammi PH e TH.

Anticamente le lettere avevano un'unica forma, più somigliante alle nostre maiuscole o alle nostre minuscole a seconda degli stili di scrittura. Nel corso del Medioevo si cominciò ad alternare nello stesso scritto due diversi stili, uno detto "maiuscolo" e riservato nei titoli alle lettere iniziali di certe parole, e l'altro detto "minuscolo" e usato per il resto del testo. In un secondo momento le lettere minuscole venivano usate insieme alle maiuscole nel testo. Le lettere I, S e V avevano ognuna due diverse forme minuscole. Queste forme non rappresentavano suoni diversi, e la scelta dell'una o dell'altra rispondeva solo a criteri estetici determinati dalla posizione della lettera nella parola, come avviene ancor oggi per la sigma minuscola greca e per le lettere degli alfabeti ebraico e arabo. Ad esempio, la forma v si usava solo all'inizio della parola, e la forma s solo alla fine o dopo altra S; vinum, unus, uva e sessiones si scrivevano dunque: vinum, vnus, vua e ſeſsiones.

Intorno al XVI secolo, la forma lunga della S minuscola (ſ) cesserà di essere usata, salvo in tedesco dove sopravvive ancor oggi come parte sinistra della lettera ß (scharfes es, in origine una ſ seguita da una s o una z), mentre le due forme di I e V daranno vita a due lettere distinte. L'uso di u e v e di i e j come lettere distinte (e la conseguente creazione delle maiuscole artificiali J e U) si deve a Gian Giorgio Trissino, il quale propose anche di usare le due forme della S e le lettere greche ε e ω per distinguere i due suoni corrispondenti a ognuna delle lettere S, E e O.

Le lettere X e Y prima e K dopo vengono eliminate già nel Medioevo; la J inizia ad essere usata nel '500 fino all'inizio del XX secolo, sia per indicare il suono semiconsonantico della I (jella), ovvero la "i" intervocalica (grondaja, aja), e come segno tipografico per la doppia i (principj). Le lettere I e J erano ancora considerate equivalenti, per quanto riguarda l'ordine alfabetico nei dizionari e nelle enciclopedie italiani, fino alla metà del XX secolo.

Fonetica

Vedi alfabeto fonetico italiano per vedere come molti italiani distinguono le lettere quando parlano.

Note