Dichiarazione di guerra dell'Italia a Gran Bretagna e Francia: differenze tra le versioni

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[[File:Mussolini DOW 10 June 1940.jpg|300px|miniatura|destra|Benito Mussolini durante il discorso sulla dichiarazione di guerra a Francia ed Inghilterra]]
La '''[[dichiarazione di guerra]] dell'Italia fascista agli [[Alleati della seconda guerra mondiale|Alleati]]''' fu un fatto occorso il 10 luglio 1940 nel quale [[Benito Mussolini]], dittatore dell'Italia fascista dichiarò guerra a [[Francia]] e [[Regno Unito]].
Il '''discorso sulla dichiarazione di guerra dell'Italia a Francia e Inghilterra''' è stato un [[discorso]] pronunciato il 10 giugno 1940 da [[Benito Mussolini]], dittatore dell'Italia fascista, dal balcone di [[Palazzo Venezia]] a [[Roma]]<ref name=Fiori>{{cita news|autore=Simonetta Fiori|titolo=Mussolini e il 10 giugno del 1940: il discorso che cambiò la storia d'Italia|pubblicazione=Repubblica|data=2014-06-10|url=http://www.repubblica.it/cultura/2014/06/10/news/mussolini-88555416/}}</ref>.


A seguito di tale discorso, l'Italia entrò ufficialmente nella [[seconda guerra mondiale]].
== Fatti ==
[[File:Balcón_Plaza_Venecia.JPG|miniatura|Balcone da quello che si asomó [[Benito Mussolini|Benito Mussolini.]] In [[Piazza Venezia]], [[Roma]], [[Italia]], veduto dal [[Vittoriano|Monumento a Víctor Manuel]] II. ]]
Nel pomeriggio del 10 di Luglio di 1940, [[Benito Mussolini]] si asoma a uno dei balconi del Palazzo Venezia, nella piazza omonima, [[Roma]], [[Italia|Italia.]] Pronunciò le seguenti parole in modo di [[dichiarazione di guerra]] a [[Francia]] e [[Inghilterra|Gran Bretagna]]:


==Contesto storico==
{{quote|
Di fronte agli straordinari ed inaspettati successi della Germania nazista tra l'aprile e il maggio del 1940, Mussolini credeva che la guerra volgesse ormai al termine e che gli esiti della guerra fossero oramai decisi. Affinchè l'Italia non restasse esclusa da quello che lui definiva il "''tavolo della pace''" e pensando di poter approfittare dei successi tedeschi per ottenere immediati vantaggi territoriali, il 10 giugno annunciò in un discorso a piazza Venezia in Roma l'avvenuta consegna della dichiarazione di guerra alla Francia ed alla Gran Bretagna, dando nel contempo ordine ai comandi di mantenere un contegno difensivo verso la Francia. Di fronte al parere contrario dei propri collaboratori (Pietro Badoglio, Dino Grandi, Galeazzo Ciano ed Enrico Caviglia), Mussolini rispose che gli serviva "''qualche migliaio di morti per sedersi al tavolo delle trattative''"<ref>{{cita news|titolo=Benito Mussolini e il 10 giugno 1940: il discorso che cambiò la storia dell'Italia|data=2014-06-10|sito=Lettera43|url=http://www.lettera43.it/cronaca/benito-mussolini-e-il-10-giugno-1940-il-discorso-che-cambio-la-storia-dell-italia_43675131749.htm}}</ref>.
Combattenti di terra, di mare, dell'aria.


Alle 16:30 del 10 giugno Galeazzo Ciano, all'epoca ministro degli esteri, chiamò l'ambasciatore francese André Francois-Poncet e quello inglese Percy Loraine a [[Palazzo Chigi]], ai quali consegnò la dichiarazione di guerra ufficiale<ref name=Fiori/>.
Camicie nere della rivoluzione e delle legioni.


La dichiarazione di guerra era già attesa all'estero da diversi giorni, tanto che l'agenzia di stampa Reuters l'aveva pre-annunciata già dal 6 giugno.
Uomini e donne d'Italia, dell'Impero e del Regno d'Albania.


==Il discorso==
Ascoltate!
[[File:Dichiarazione di guerra a Piazza Venezia (10 giugno 1940).jpg|300px|miniatura|destra|Una "folla oceanica" assiste al discorso di Mussolini in piazza Venezia a Roma il 10 giugno 1940]]
Mussolini pronunciò alle ore 18:00 il discorso indossando l'uniforme da caporale d'onore della milizia fascista. Il discorso venne minuziosamente preparato, studiando le pause oltre che la postura e la mimica (viene riportato che Mussolini utilizzò uno specchio nelle prove del discorso).


Il discorso di Mussolini venne trasmesso dall'[[Eiar]] anche nelle principali città italiane, tra cui Bari, Bologna, Firenze, Forlì, Genova, Milano, Napoli, Torino, Trieste e Venezia<ref name=Fiori/>, tramite altoparlanti appositamente allestiti già nel pomeriggio<ref>{{cita web|autore=Luciano Di Pietrantonio|titolo=10 giugno 1940: l’Italia dichiara guerra a Francia e Gran Bretagna|sito=abitarearoma.net|data=9 giugno 2013|url=http://www.abitarearoma.net/10-giugno-1940-litalia-dichiara-guerra-a-francia-e-gran-bretagna/#.V856RTVffcs}}</ref>.
Un'ora, segnata dal destino, batte nel cielo della nostra patria.


===Analisi del testo===
L'ora delle decisioni irrevocabili.
Il discorso si apre utilizzando subito alcuni termini come "combattenti", "rivoluzione" e "legioni" che indicano che l'Italia è già in guerra, la quale è vista come decisione imposta dal "destino" e dal "cielo" e pertanto "irrevocabile". Mussolini mette il popolo italiano davanti al fatto compiuto: la dichiarazione di guerra è già stata consegnata agli ambasciatori di Francia ed Inghilterra. La guerra, non voluta dal popolo italiano il quale ha fatto di tutto per evitarla, è colpa del nemico che ha imposto le sanzioni contro l'invasione fascista dell'Etiopia. Inoltre, al fine di evitare la guerra, sarebbe bastato prendere atto dell'invasione della Polonia da parte della Germania nazista, ma ormai il passato è passato e la guerra è ineludibile. La guerra è un dovere imposto al coraggioso popolo italiano da parte del proprio onore, interesse, avvenire ed impegno. Obiettivo della guerra è quello di ricercare la libertà ed avere il "libero" accesso all'[[Oceano Indiano]], fuggendo dalla prigionia ("spezzando le catene" che soffocano) imposta dalle altre Nazioni. La guerra è una naturale conseguenza della rivoluzione fascista, grazie a cui i poveri combattono i ricchi, i giovani combattono i vecchi e il futuro combatte il passato. L'Italia fascista non attaccherà le nazioni confinanti (Svizzera, Jugoslavia, Grecia, Turchia ed Egitto), ma esse dovranno prendere atto della situazione. L'italia rimarrà fedele al proprio alleato nazista e al suo Fürher. L'Italia è personificata in un soldato pronto alla guerra, in piedi, forte, fiero e compatto per la terza volta, dopo i successi militari in Etiopia e Spagna. L'obiettivo, indiscutibile, è uno solo: vincere! E l'Italia vincerà la guerra ovunque, dalle Alpi all'Oceano Indiano, a cui seguirà una pace duratura e giusta. Il discorso si chiude con l'esortazione al popolo italiano di correre alle armi e dimostrare il porprio caraggio.


==Note==
La dichiarazione di guerra è già stata consegnata agli ambasciatori di Gran Bretagna e di Francia.
<references/>

Scendiamo in campo contro le democrazie plutocratiche e reazionarie dell'Occidente, che, in ogni tempo, hanno ostacolato la marcia e spesso insidiato l'esistenza medesima del popolo italiano.

Alcuni lustri della storia più recente si possono riassumere in queste parole: frasi, promesse, minacce, ricatti e, alla fine, quale coronamento dell'edificio, l'ignobile assedio societario di cinquantadue Stati.

La nostra coscienza è assolutamente tranquilla.

Con voi il mondo intero è testimone che l'Italia del Littorio ha fatto quanto era umanamente possibile per evitare la tormenta che sconvolge l'Europa; ma tutto fu vano.

Bastava rivedere i trattati per adeguarli alle mutevoli esigenze della vita delle nazioni e non considerarli intangibili per l'eternità; bastava non iniziare la stolta politica delle garanzie, che si è palesata soprattutto micidiale per coloro che le hanno accettate.

Bastava non respingere la proposta che il Führer fece il 6 ottobre dell'anno scorso, dopo finita la campagna di Polonia.

Oramai tutto ciò appartiene al passato.

Se noi oggi siamo decisi ad affrontare i rischi ed i sacrifici di una guerra, gli è che l'onore, gli interessi, l'avvenire ferreamente lo impongono, poiché un grande popolo è veramente tale se considera sacri i suoi impegni e se non evade dalle prove supreme che determinano il corso della storia.

Noi impugniamo le armi per risolvere, dopo il problema risolto delle nostre frontiere continentali, il problema delle nostre frontiere marittime; noi vogliamo spezzare le catene di ordine territoriale e militare che ci soffocano nel nostro mare, poiché un popolo di quarantacinque milioni di anime non è veramente libero se non ha libero l'accesso all'Oceano.

Questa lotta gigantesca non è che una fase dello sviluppo logico della nostra rivoluzione.

È la lotta dei popoli poveri e numerosi di braccia contro gli affamatori che detengono ferocemente il monopolio di tutte le ricchezze e di tutto l'oro della terra.

È la lotta dei popoli fecondi e giovani contro i popoli isteriliti e volgenti al tramonto.

È la lotta tra due secoli e due idee.

Ora che i dadi sono gettati e la nostra volontà ha bruciato alle nostre spalle i vascelli, io dichiaro solennemente che l'Italia non intende trascinare nel conflitto altri popoli con essa confinanti per mare o per terra: Svizzera, Jugoslavia, Grecia, Turchia, Egitto prendano atto di queste mie parole e dipende da loro, soltanto da loro, se esse saranno o no rigorosamente confermate.

Italiani!

In una memorabile adunata, quella di Berlino, io dissi che, secondo le leggi della morale fascista, quando si ha un amico si marcia con lui sino in fondo. Questo abbiamo fatto con la Germania, col suo popolo, con le sue vittoriose Forze Armate.

In questa vigilia di un evento di una portata secolare, rivolgiamo il nostro pensiero alla Maestà del re imperatore [la moltitudine prorompe in grandi acclamazioni all'indirizzo di Casa Savoia], che, come sempre, ha interpretato l'anima della patria. E salutiamo alla voce il Führer, il capo della grande Germania alleata.

L'Italia, proletaria e fascista, è per la terza volta in piedi, forte, fiera e compatta come non mai.

La parola d'ordine è una sola, categorica e impegnativa per tutti.

Essa già trasvola ed accende i cuori dalle Alpi all'Oceano Indiano: vincere!

E vinceremo, per dare finalmente un lungo periodo di pace con la giustizia all'Italia, all'Europa, al mondo.

Popolo italiano!

Corri alle armi, e dimostra la tua tenacia, il tuo coraggio, il tuo valore!
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==Altri progetti==
==Altri progetti==
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[[Categoria:Discorsi]]
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Versione delle 10:38, 6 set 2016

Benito Mussolini durante il discorso sulla dichiarazione di guerra a Francia ed Inghilterra

Il discorso sulla dichiarazione di guerra dell'Italia a Francia e Inghilterra è stato un discorso pronunciato il 10 giugno 1940 da Benito Mussolini, dittatore dell'Italia fascista, dal balcone di Palazzo Venezia a Roma[1].

A seguito di tale discorso, l'Italia entrò ufficialmente nella seconda guerra mondiale.

Contesto storico

Di fronte agli straordinari ed inaspettati successi della Germania nazista tra l'aprile e il maggio del 1940, Mussolini credeva che la guerra volgesse ormai al termine e che gli esiti della guerra fossero oramai decisi. Affinchè l'Italia non restasse esclusa da quello che lui definiva il "tavolo della pace" e pensando di poter approfittare dei successi tedeschi per ottenere immediati vantaggi territoriali, il 10 giugno annunciò in un discorso a piazza Venezia in Roma l'avvenuta consegna della dichiarazione di guerra alla Francia ed alla Gran Bretagna, dando nel contempo ordine ai comandi di mantenere un contegno difensivo verso la Francia. Di fronte al parere contrario dei propri collaboratori (Pietro Badoglio, Dino Grandi, Galeazzo Ciano ed Enrico Caviglia), Mussolini rispose che gli serviva "qualche migliaio di morti per sedersi al tavolo delle trattative"[2].

Alle 16:30 del 10 giugno Galeazzo Ciano, all'epoca ministro degli esteri, chiamò l'ambasciatore francese André Francois-Poncet e quello inglese Percy Loraine a Palazzo Chigi, ai quali consegnò la dichiarazione di guerra ufficiale[1].

La dichiarazione di guerra era già attesa all'estero da diversi giorni, tanto che l'agenzia di stampa Reuters l'aveva pre-annunciata già dal 6 giugno.

Il discorso

Una "folla oceanica" assiste al discorso di Mussolini in piazza Venezia a Roma il 10 giugno 1940

Mussolini pronunciò alle ore 18:00 il discorso indossando l'uniforme da caporale d'onore della milizia fascista. Il discorso venne minuziosamente preparato, studiando le pause oltre che la postura e la mimica (viene riportato che Mussolini utilizzò uno specchio nelle prove del discorso).

Il discorso di Mussolini venne trasmesso dall'Eiar anche nelle principali città italiane, tra cui Bari, Bologna, Firenze, Forlì, Genova, Milano, Napoli, Torino, Trieste e Venezia[1], tramite altoparlanti appositamente allestiti già nel pomeriggio[3].

Analisi del testo

Il discorso si apre utilizzando subito alcuni termini come "combattenti", "rivoluzione" e "legioni" che indicano che l'Italia è già in guerra, la quale è vista come decisione imposta dal "destino" e dal "cielo" e pertanto "irrevocabile". Mussolini mette il popolo italiano davanti al fatto compiuto: la dichiarazione di guerra è già stata consegnata agli ambasciatori di Francia ed Inghilterra. La guerra, non voluta dal popolo italiano il quale ha fatto di tutto per evitarla, è colpa del nemico che ha imposto le sanzioni contro l'invasione fascista dell'Etiopia. Inoltre, al fine di evitare la guerra, sarebbe bastato prendere atto dell'invasione della Polonia da parte della Germania nazista, ma ormai il passato è passato e la guerra è ineludibile. La guerra è un dovere imposto al coraggioso popolo italiano da parte del proprio onore, interesse, avvenire ed impegno. Obiettivo della guerra è quello di ricercare la libertà ed avere il "libero" accesso all'Oceano Indiano, fuggendo dalla prigionia ("spezzando le catene" che soffocano) imposta dalle altre Nazioni. La guerra è una naturale conseguenza della rivoluzione fascista, grazie a cui i poveri combattono i ricchi, i giovani combattono i vecchi e il futuro combatte il passato. L'Italia fascista non attaccherà le nazioni confinanti (Svizzera, Jugoslavia, Grecia, Turchia ed Egitto), ma esse dovranno prendere atto della situazione. L'italia rimarrà fedele al proprio alleato nazista e al suo Fürher. L'Italia è personificata in un soldato pronto alla guerra, in piedi, forte, fiero e compatto per la terza volta, dopo i successi militari in Etiopia e Spagna. L'obiettivo, indiscutibile, è uno solo: vincere! E l'Italia vincerà la guerra ovunque, dalle Alpi all'Oceano Indiano, a cui seguirà una pace duratura e giusta. Il discorso si chiude con l'esortazione al popolo italiano di correre alle armi e dimostrare il porprio caraggio.

Note

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