Coordinate: 44°13′27.63″N 12°02′19.22″E

Palazzo Piazza Paulucci: differenze tra le versioni

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Nessun oggetto della modifica
Apportate fonti come richiesto dalle note.
Riga 1: Riga 1:
{{F|palazzi d'Italia|data=gennaio 2013|commento=- biblio per possibili bufale e scarsa affidabilità di IP dinamico come da discussione [[Discussioni_progetto:Coordinamento/Bibliografia_e_fonti/Archivio11#Bibliografie_da_wikificare]]}}{{E|Pare che il problema citato nell'avviso f non sia stato risolto|Architettura|Marzo 2015}}
{{Edificio civile
{{Edificio civile
|nome edificio = Palazzo Piazza Paulucci
|nome edificio = Palazzo Piazza Paulucci
Riga 7: Riga 6:
|divamm1 = [[Emilia-Romagna]]
|divamm1 = [[Emilia-Romagna]]
|città = Forlì
|città = Forlì
|cittàlink =
|indirizzo = Piazza Ordelaffi, 2
|indirizzo = Piazza Ordelaffi, 2
|periodo costruzione = [[1673]]-[[1940]]
|stato =
|periodo costruzione = [[1673]]
|inaugurazione =
|demolito =
|distrutto =
|ricostruito =
|stile =
|stile =
|uso = Sede della Prefettura di Forlì-Cesena
|uso = Sede della Prefettura di Forlì-Cesena
|proprietario storico = monsignor Camillo Piazza,<br />cardinal [[Giulio Piazza]]
|altezza =
|altezza antenna/guglia =
|altezza tetto =
|altezza ultimo piano =
|piani =
|area calpestabile =
|ascensori =
|costo =
|architetto =
|ingegnere =
|appaltatore =
|costruttore =
|proprietario =
|proprietario storico =
}}
}}
'''Palazzo Piazza Paulucci''', o '''Palazzo Paulucci''', è un edificio storico della città di [[Forlì]] che occupa tutto un lato di Piazza Ordelaffi. Il suo nome è legato a due antiche, famose e potenti famiglie nobiliari, che ne furono proprietarie: i Piazza e i Paulucci. Oggi è sede della [[Prefettura italiana|prefettura]].
'''Palazzo Piazza Paulucci''', o '''Palazzo Paulucci''', è un edificio storico della città di [[Forlì]] che occupa tutto un lato di Piazza Ordelaffi. Il suo nome è legato a due antiche, famose e potenti famiglie nobiliari, che ne furono proprietarie: i Piazza e i Paulucci. Oggi è sede della [[Prefettura italiana|Prefettura]]<ref name="Touring2003">{{cita|Touring 2003|p.36}}</ref>.


==Storia==
==Storia==
La costruzione iniziò il 1º ottobre 1673, su ispirazione de palazzi del [[Laterano]] e [[Palazzo Farnese|Farnese]] a Roma ad opera di monsignor Camillo dei conti Piazza, Vescovo di [[Dragona (Roma)|Dragonia]], durante il periodo di massimo splendore della famiglia, per essere continuato dal cardinale [[Giulio Piazza]], ma rimase incompleto<ref name="Casali1838">{{cita|cid=Casali 1838|pp.93-93}}</ref>. Portato in dote dalla Contessa Giulia Piazza quando sposò Giacomo Paulucci<ref name="Turismo Forlivese">{{cita web|titolo=Palazzo Piazza Paulucci|url=http://www.turismoforlivese.it/servizi/menu/dinamica.aspx?ID=6505
Il palazzo, costruito nel [[XVII secolo]], durante un periodo di massimo fulgore della famiglia Piazza, ricorda i palazzi del [[Laterano]] e [[Farnese]] di [[Roma]].
|anno=2003|editore=Turismo Forlivese|isbn=978-88-365-2908-7|accesso=7 marzo 2015}}</ref>, nel 1880 fu infine acquistato dal Comune di Forlì, che intendeva trasferirvi inizialmente il Museo Archeologico<ref name="Travelitalia">{{cita web|titolo=Palazzo Piazza Paulucci|url=http://guide.travelitalia.com/it/guide/forli/palazzo-piazza-paulucci/
|anno=2003|editore=Travelitalia|accesso=7 marzo 2015}}</ref>.


Una volta completato fu destinato all'archivio storico comunale<ref name="Mazzatinti1988">{{cita|Mazzatinti 1988|p.41}}</ref> e a pubblica scuola, mentre nel [[1908]] gli ampi seminterrati ospitarono la prima sede della [[cantina sociale]] forlivese, i cui principali promotori furono Pio Manuzzi, Dante Gibertini ed Ercole Gaddi, presidente del [[comizi agrari|comizio agrario]].
Venne edificato a partire dal 1º ottobre [[1673]], per volontà dei conti che giunsero a Forlì quando ancora l'edificio non era terminato. I lavori, per mancanza di fondi, vennero sospesi. Il palazzo rimase abbandonato per un certo periodo e nel [[1880]] fu acquistato dal Comune per essere destinato a sede scolastica. Fu qui che iniziò gli studi il futuro dittatore [[Benito Mussolini]].


Nel [[1924]] matura il progetto di un nuovo cambio destinazione come sede del Tribunale; i lavori, iniziati effettivamente nel [[1932]] su progetto dell'architetto Leonida Emilio Rosetti, furono interrotti l'anno seguente su intervento di [[Benito Mussolini]] perché, nel frattempo, analogamente a quanto avveniva in altre importanti città sull'influenza delle linee guida tracciate dall'architetto urbanista [[Marcello Piacentini]], si era sviluppata una nuova concezione architettonica del palazzo di Giustizia, il quale si decise di riprogettarlo ''ex novo''<ref name="Turismo Forlivese" />. Palazzo Piazza Paulucci fu perciò destinato a sede del [[Prefettura italiana|Palazzo del Governo]] a Forlì<ref name="VisitForlì">{{cita web|titolo=Palazzo del Governo|url=http://web.map2app.com/Visit-Forl%C3%AC/it/Architettura-moderna/Palazzo-del-Governo/editore=Visit Forlì|accesso=7 marzo 2015}}</ref>.
Intorno al [[1890]] vennero avviati i lavori per la rifinitura della facciata e una serie di opere di ristrutturazione dello stabile. Nel [[1908]] gli ampi seminterrati ospitarono la prima sede della [[cantina sociale]] forlivese, i cui principali promotori furono Pio Manuzzi, presidente della {{chiarire|cattedra ambulante per cultura}}, Dante Gibertini, direttore della stessa cattedra, e Ercole Gaddi, presidente del [[comizi agrari|comizio agrario]].

Nel [[1932]], su progetto dell'architetto Leonida Emilio Rosetti, l'edificio venne destinato a sede del tribunale, in quanto già si era insediata alla regia prefettura, ma i lavori furono presto interrotti perché, nel frattempo, analogamente a quanto avveniva in altre importanti città, si decise di riprogettare ex novo la sede del tribunale, seguendo le linee guida tracciate dall'architetto urbanista [[Marcello Piacentini|Marcello Piacentin]]<nowiki/>i. Palazzo Piazza Paulucci fu perciò destinato a sede del governo a Forlì.


==L'architettura==
==L'architettura==
Il progetto venne inizialmente definito dall'architetto [[Cesare Bazzani]], [[Accademia d'Italia|accademico d'Italia]], protetto dall'influente amicizia di [[Costanzo Ciano]], padre di [[Galeazzo Ciano|Galeazzo]] (marito di [[Edda Mussolini]]), fu molto attivo a Forlì in quegli anni.
Nel 1936 iniziò il ripristino, ove possibile, le vesti decorative originarie<ref>Di pregio sono alcune teste romane negli architravi delle finestre dell'ultimo piano, in particolare due teste di vecchie, al piano di mezzo, che fungono da mensole alla terza finestra ad est.</ref>, secondo una vera e propria progettazione in stile. In realtà, mentre i prospetti esterni vennero completati secondo un arbitrio discreto, gli interni furono pesantemente manomessi, come si può notare nella sala degli stucchi dell'appartamento cardinalizio<ref name="VisitForlì" />.


Alla morte di Bazzani nel [[1939]], il lavori furono diretti dal fido collaboratore [[Italo Mancini]]<ref name="ViroliGori1995">{{cita |Gori, Viroli 1995|p.66}}</ref>.
Il progetto venne inizialmente definito del celebre architetto [[Cesare Bazzani]], a cui successe, alla sua morte, avvenuta nel [[1939]], il fido collaboratore [[Italo Mancini]]. Tra [[1938]] ed il [[1940]], l'edificio fu ampiamente rimaneggiato. Cesare Bazzani, [[Accademia d'Italia|accademico d'Italia]], protetto dall'influente amicizia di [[Costanzo Ciano]], padre di [[Galeazzo Ciano|Galeazzo]] (marito di [[Edda Mussolini]]), fu molto attivo a Forlì in quegli anni. Riprogettò il palazzo e tutto il giardino, seguendo i tratti distintivi delle [[villa romana|ville romane]] del [[Cinquecento]]. l'intervento di ristrutturazione del palazzo, supportato anche dal contributo di artisti che ne abbellirono gli interni.


La sala da pranzo venne dipinta nel 1939 da Maria Biseo con affreschi murali ispirati all'{{chiarire|apologesi del pane}}. {{chiarire|Fra le opere scultoree vanno ricordati i tre stemmi in pietra, opera dello scultore Giuseppe Casalini, situati sopra la finestra centrale, il secondo dei quali conduce all'[[stemma|insegna]] dei [[Savoia (famiglia)|Savoia]], mentre gli altri due ai [[gonfalone|gonfaloni]] della Provincia e del Comune.}} Si deve invece a Gianna Nardi Spada il pannello decorativo raffigurante la [[provincia di Forlì]], mentre Cesare Camporesi realizzò a stucco i pregevoli soffitti a cassettoni.
Bazzani predispose anche un appartamento per i soggiorni forlivesi del Capo dello Stato e per la cui decorazione incaricò nel 1939 la sua collaudata collaboratrice romana Maria Biseo<ref name="Schiffini2002">{{cita|Schiffini 2002|p.498}}</ref>, con affreschi murali ispirati all'apologesi del pane<ref name="VisitForlì" />. Fra le opere scultoree vanno ricordati i tre stemmi in pietra, opera dello scultore Giuseppe Casalini, situati sopra la finestra centrale, il secondo dei quali conduce all'[[stemma|insegna]] dei [[Savoia (famiglia)|Savoia]], mentre gli altri due ai [[gonfalone|gonfaloni]] della Provincia e del Comune. Le altre opere scultoree si devono a Gianna Nardi Spada, che realizzò il pannello decorativo raffigurante la [[provincia di Forlì]] a B. Boifava. Cesare Camporesi realizzò a stucco i pregevoli soffitti a cassettoni.


Le decorazioni poste sulle pareti del salone d'onore, non più visibili, furono realizzate da [[Francesco Olivucci]] fra il [[1937]] ed il [[1941]]. Non sappiamo come sia avvenuta l'[[Scialbatura|eliminazione]] di quest'opera, che doveva risultare enorme (oltre 150 metri quadri) e che richiesero all'autore un grande impegno tecnico e creativo. Dietro approvazione di varie commissioni e lievemente corretto dallo stesso Mussolini, l'Olivucci affrontava il tema dei "[[trionfo|trionfi]]" del [[fascismo]], in particolare, la [[marcia su Roma]], il varo della [[Carta del Lavoro]], la {{chiarire|conquista dell'impero}}, le [[forze armate]]. In fondo al giardino, la scultura in [[marmo]] di [[Carrara]] raffigurante [[Giunone]], è opera dello scultore romano [[Publio Morbiducci]].
Le decorazioni poste sulle pareti del salone d'onore, non più visibili, furono realizzate da [[Francesco Olivucci]] fra il [[1937]] ed il [[1941]]. Non sappiamo come sia avvenuta l'[[Scialbatura|eliminazione]] di quest'opera, che doveva risultare enorme (oltre 150 metri quadri) e che richiesero all'autore un grande impegno tecnico e creativo.
Dietro approvazione di varie commissioni e lievemente corretto dallo stesso Mussolini, l'Olivucci affrontava il tema dei "[[trionfo|trionfi]]" del [[fascismo]], in particolare, la [[marcia su Roma]], il varo della [[Carta del Lavoro]], la conquista dell'impero e il re imperatore, le [[forze armate]].

Bazzani progettò, reinventandolo, anche il giardino retrostante secondo lo schema dei giardini delle [[villa romana|ville romane]] del [[Cinquecento]], dove la scenografica esedra di fondo si disegna sull'asse dell'ingresso del palazzo<ref name="Turismo Forlivese" />.
In fondo al giardino, fa da fondale una grande esedra dominata da una statua in [[marmo]] di [[Carrara]] raffigurante [[Giunone]], opera dello scultore romano [[Publio Morbiducci]]<ref name="VisitForlì" />.


== Note ==
== Note ==
<references/>
<references/>


==Bibliografia==
{{Portale|architettura|Forlì}}
* {{cita libro|titolo=La provincia di Forlì-Cesena. Terra del sole, Bertinoro, Longiano, Cesenatico|url=http://books.google.com/books?id=_W7thCvz8YsC&pg=PA36|anno=2003|città=Milano|editore=Touring Club Italiano|isbn=978-88-365-2908-7|p=36|cid=Touring 2003}}
* {{cita libro|autore=Giovanni Casali|titolo=Guida per la città di Forlì|url=http://books.google.com/books?id=XEpCAAAAYAAJ&pg=PA93|anno=1838|editore=tipografia Casali|p=93|cid=Casali 1838}}
*{{cita libro|autore=Giuseppe Mazzatinti|titolo=Gli archivi della storia d'Italia|url=http://books.google.com/books?id=HyMHRw76BiUC&pg=PA41|anno=1988|città=Hildesheim|editore=Georg Olms Verlag|isbn=978-3-487-41578-9|p=41|cid=Mazzatinti 1988}}
* {{cita libro|autore=Giordano Viroli|autore2=Mariacristina Gori|titolo=Palazzi di Forlì|url=http://books.google.com/books?id=c2nqAAAAMAAJ&pg=PA66|anno=1995|città=Cornaredo|editore=Nuova Alfa Edizioni|id=SBN IT\ICCU\BVE\0084469|p=66|cid= Gori, Viroli 1995}}
* {{cita libro|autore=Sandrino Schiffini|titolo=La storia d'Italia nei palazzi del governo|url=http://books.google.com/books?id=SRFPAAAAYAAJ&pg=PA498|anno=2002|città=Milano|editore=Electa|isbn=88-435-7890-1|cid=Schiffini 2002}}
* {{cita libro|autore=Mariacristina Gori|titolo=Passeggiate forlivesi : itinerari storici e artistici alla scoperta della città|anno=2002|editore=Soroptimist international d'Italia, Club di Forli|id=SBN IT\ICCU\RAV\0908869}}
* {{cita libro|autore=Gilberto Giorgetti|autore2=Fausto Fabbri|titolo=La citta scomparsa : Forli ieri e oggi|anno=2002|città=Forlì|editore=Speedgraphic|id=SBN IT\ICCU\RAV\1327458}}
* {{cita libro|autore=Fabio Lombardi|titolo=Storia di Forlì|anno=1996|città=Cesena|editore=Il Ponte Vecchio|id=SBN IT\ICCU\RAV\0284431}}
* {{cita libro|autore=Marino Mambelli|titolo=Le due città|anno=2007|città=Imola|editore=La Mandragora|id=SBN IT\ICCU\RAV\1633441}}


{{Portale|architettura|Forlì}}
[[Categoria:Palazzi di Forlì|Piazza Paulucci]]
[[Categoria:Palazzi di Forlì|Piazza Paulucci]]

Versione delle 21:31, 7 mar 2015

Palazzo Piazza Paulucci
La facciata, illuminata con i colori della bandiera italiana.
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneEmilia-Romagna
LocalitàForlì
IndirizzoPiazza Ordelaffi, 2
Coordinate44°13′27.63″N 12°02′19.22″E
Informazioni generali
CondizioniIn uso
Costruzione1673-1940
UsoSede della Prefettura di Forlì-Cesena

Palazzo Piazza Paulucci, o Palazzo Paulucci, è un edificio storico della città di Forlì che occupa tutto un lato di Piazza Ordelaffi. Il suo nome è legato a due antiche, famose e potenti famiglie nobiliari, che ne furono proprietarie: i Piazza e i Paulucci. Oggi è sede della Prefettura[1].

Storia

La costruzione iniziò il 1º ottobre 1673, su ispirazione de palazzi del Laterano e Farnese a Roma ad opera di monsignor Camillo dei conti Piazza, Vescovo di Dragonia, durante il periodo di massimo splendore della famiglia, per essere continuato dal cardinale Giulio Piazza, ma rimase incompleto[2]. Portato in dote dalla Contessa Giulia Piazza quando sposò Giacomo Paulucci[3], nel 1880 fu infine acquistato dal Comune di Forlì, che intendeva trasferirvi inizialmente il Museo Archeologico[4].

Una volta completato fu destinato all'archivio storico comunale[5] e a pubblica scuola, mentre nel 1908 gli ampi seminterrati ospitarono la prima sede della cantina sociale forlivese, i cui principali promotori furono Pio Manuzzi, Dante Gibertini ed Ercole Gaddi, presidente del comizio agrario.

Nel 1924 matura il progetto di un nuovo cambio destinazione come sede del Tribunale; i lavori, iniziati effettivamente nel 1932 su progetto dell'architetto Leonida Emilio Rosetti, furono interrotti l'anno seguente su intervento di Benito Mussolini perché, nel frattempo, analogamente a quanto avveniva in altre importanti città sull'influenza delle linee guida tracciate dall'architetto urbanista Marcello Piacentini, si era sviluppata una nuova concezione architettonica del palazzo di Giustizia, il quale si decise di riprogettarlo ex novo[3]. Palazzo Piazza Paulucci fu perciò destinato a sede del Palazzo del Governo a Forlì[6].

L'architettura

Il progetto venne inizialmente definito dall'architetto Cesare Bazzani, accademico d'Italia, protetto dall'influente amicizia di Costanzo Ciano, padre di Galeazzo (marito di Edda Mussolini), fu molto attivo a Forlì in quegli anni. Nel 1936 iniziò il ripristino, ove possibile, le vesti decorative originarie[7], secondo una vera e propria progettazione in stile. In realtà, mentre i prospetti esterni vennero completati secondo un arbitrio discreto, gli interni furono pesantemente manomessi, come si può notare nella sala degli stucchi dell'appartamento cardinalizio[6].

Alla morte di Bazzani nel 1939, il lavori furono diretti dal fido collaboratore Italo Mancini[8].

Bazzani predispose anche un appartamento per i soggiorni forlivesi del Capo dello Stato e per la cui decorazione incaricò nel 1939 la sua collaudata collaboratrice romana Maria Biseo[9], con affreschi murali ispirati all'apologesi del pane[6]. Fra le opere scultoree vanno ricordati i tre stemmi in pietra, opera dello scultore Giuseppe Casalini, situati sopra la finestra centrale, il secondo dei quali conduce all'insegna dei Savoia, mentre gli altri due ai gonfaloni della Provincia e del Comune. Le altre opere scultoree si devono a Gianna Nardi Spada, che realizzò il pannello decorativo raffigurante la provincia di Forlì a B. Boifava. Cesare Camporesi realizzò a stucco i pregevoli soffitti a cassettoni.

Le decorazioni poste sulle pareti del salone d'onore, non più visibili, furono realizzate da Francesco Olivucci fra il 1937 ed il 1941. Non sappiamo come sia avvenuta l'eliminazione di quest'opera, che doveva risultare enorme (oltre 150 metri quadri) e che richiesero all'autore un grande impegno tecnico e creativo. Dietro approvazione di varie commissioni e lievemente corretto dallo stesso Mussolini, l'Olivucci affrontava il tema dei "trionfi" del fascismo, in particolare, la marcia su Roma, il varo della Carta del Lavoro, la conquista dell'impero e il re imperatore, le forze armate.

Bazzani progettò, reinventandolo, anche il giardino retrostante secondo lo schema dei giardini delle ville romane del Cinquecento, dove la scenografica esedra di fondo si disegna sull'asse dell'ingresso del palazzo[3]. In fondo al giardino, fa da fondale una grande esedra dominata da una statua in marmo di Carrara raffigurante Giunone, opera dello scultore romano Publio Morbiducci[6].

Note

  1. ^ Touring 2003, p.36
  2. ^ pp.93-93
  3. ^ a b c Palazzo Piazza Paulucci, su turismoforlivese.it, Turismo Forlivese, 2003, ISBN 978-88-365-2908-7. URL consultato il 7 marzo 2015.
  4. ^ Palazzo Piazza Paulucci, su guide.travelitalia.com, Travelitalia, 2003. URL consultato il 7 marzo 2015.
  5. ^ Mazzatinti 1988, p.41
  6. ^ a b c d Forlì Palazzo del Governo, su web.map2app.com. URL consultato il 7 marzo 2015.
  7. ^ Di pregio sono alcune teste romane negli architravi delle finestre dell'ultimo piano, in particolare due teste di vecchie, al piano di mezzo, che fungono da mensole alla terza finestra ad est.
  8. ^ Gori, Viroli 1995, p.66
  9. ^ Schiffini 2002, p.498

Bibliografia