Uccisione di Giovanni Gentile: differenze tra le versioni

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Lo stesso rappresentante del Partito d'Azione [[Tristano Codignola]] prese duramente posizione contro l'omicidio del filosofo:{{Q|Deploriamo l'assassinio di Giovanni Gentile. La violenza, per quanto giustificata come reazione ad altrui violenza, ha un limite, oltre il quale si ritorce su se medesima: e la brutale eliminazione di Gentile ha creato nelle coscienze di noi tutti un disagio che dev'essere analizzato, senza settarismi e con spregiudicata serenità....La sua uccisione per mano di quattro irresponsabili ha generato una reazione negativa in vasti ambienti antifascisti.|Tristano Codignola sul foglio clandestino "La Libertà" del 30 aprile 1944}}
Lo stesso rappresentante del Partito d'Azione [[Tristano Codignola]] prese duramente posizione contro l'omicidio del filosofo:{{Q|Deploriamo l'assassinio di Giovanni Gentile. La violenza, per quanto giustificata come reazione ad altrui violenza, ha un limite, oltre il quale si ritorce su se medesima: e la brutale eliminazione di Gentile ha creato nelle coscienze di noi tutti un disagio che dev'essere analizzato, senza settarismi e con spregiudicata serenità....La sua uccisione per mano di quattro irresponsabili ha generato una reazione negativa in vasti ambienti antifascisti.|Tristano Codignola sul foglio clandestino "La Libertà" del 30 aprile 1944}}

In un loro articolo dedicato all'uccisione di Gentile<ref>[http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=439 Wu Ming, "Per Bruno Fanciullacci"], articolo apparso sul mensile GQ nel maggio 2010 e, in edizione ampliata, su Giap, organo del collettivo Wu Ming.</ref> gli scrittori [[Wu Ming]] hanno fatto notare che nel suo articolo Codignola, pur deplorando l'attentato e criticandone gli artefici, {{Q|si lanciava in una durissima requisitoria contro il filosofo, colpevole di avere “avvallato, con l’autorità della sua solida personalità di uomo e di studioso, la triste collana di violenze, di prevaricazioni, d’inettitudini che recarono la rovina d’Italia”. Codignola attribuiva a Gentile “una parte preponderante nel mercimonio della corruttela delle coscienze d’intere generazioni di giovani”. Dopo il delitto Matteotti, la corrotta coscienza morale e politica di Gentile “divenne essa stessa fomite di corruzione agli altri”. La figura di Gentile era giunta a “simboleggiare nella forma più manifesta e amara la diabolica potenza della tirannia”. Codignola concludeva che Gentile, dopo che aveva deciso di imbrattarsi “nella turpe e sanguinosa farsa” della RSI, “non poteva sfuggire alle sue responsabilità e alle sue colpe”. A conti fatti, non è precisamente “l’elogio di Gentile” descritto da alcuni revisionisti della domenica. Tanto che il Partito comunista fiorentino rispose: “Se noi non avessimo conosciuto Gentile, vi assicuriamo che sarebbe bastata una lettura del vostro articolo per approvare incondizionatamente l’azione giustiziera dei patrioti fiorentini”.}}


== Note ==
== Note ==

Versione delle 00:50, 7 mag 2010

Voce principale: Giovanni Gentile.

L'uccisione del filosofo Giovanni Gentile, avvenuto a Firenze il 15 aprile 1944, fu un episodio che divise lo stesso fronte antifascista e che ancora oggi è al centro di polemiche non sopite venendo infatti già all'epoca disapprovato dal CLN toscano con la sola esclusione del Partito Comunista Italiano.[1]

L'adesione alla Repubblica Sociale Italiana

Giovanni Gentile non aveva mai nascosto le proprie simpatie per il fascismo anzi, intellettuale organico del regime, aveva svolto fin dal 1923 una fondamentale azione a favore della sua legittimazione intellettuale e ideologica, presentandolo come la compiuta realizzazione del Risorgimento, anche se vi erano stati alcuni motivi di dissenso (Gentile non approvò il Concordato e le leggi antisemite) e non potevano essergli attribuiti crimini di nessun genere.

Il filosofo si era trasferito in Toscana fin dal 1942 ed aveva preso dimora prima a Troghi e poi nella Villa Montalto al Salviatino, ai piedi della collina di Fiesole. Durante la sua permanenza a Firenze, Gentile, su insistenza del Ministro Carlo Alberto Biggini, era stato nominato Presidente dell'Accademia d'Italia da Mussolini e si era schierato apertamente in favore del governo della RSI e della prosecuzione della guerra a fianco dell'alleato nazista, pur non approvando gli eccessi criminali della banda Carità che allora imperversava a Firenze, tanto che in un primo tempo si pensò che l'attentato a Gentile fosse stato commesso proprio da componenti della banda, allo scopo di porre fine alle proteste del filosofo verso le violenze commesse dai repubblichini toscani.[2]

L'ex ministro dichiarò il 28 dicembre 1943 in un articolo uscito sul Corriere della Sera intitolato Ricostruire di voler «sì la cessazione delle lotte, tranne quella vitale contro i sobillatori, i traditori, venduti o in buona fede, ma sadicamente ebbri di sterminio», [3] così definendo i partigiani antifascisti.

La lettera di Concetto Marchesi

Lo stesso argomento in dettaglio: Concetto Marchesi.

Il foglio comunista "La nostra lotta" pubblicò nei giorni successivi un comunicato durissimo, in cui ci si rivolge anche al filosofo, che si concludeva con la condanna a morte di tutti gli aderenti al fascismo. Fu Concetto Marchesi l'autore della lettera; questa, però, vide più volte modificato il suo finale da terzi, fino alla stesura finale che prevedeva, appunto, la condanna a morte dell'intero fascismo. Marchesi firmò la versione finale dello scritto, la cui ultima frase fu modificata da Girolamo Li Causi, rispettandone però il senso originale:

«[...] La spada non va riposta finché l'ultimo nazista non abbia ripassato le Alpi, finché l'ultimo traditore fascista non sia sterminato. Per i manutengoli del tedesco invasore e dei suoi scherani fascisti, senatore Gentile, la giustizia del popolo ha emesso la sentenza: morte!».

In un'intervista pubblicata dal Corriere della Sera il 6 agosto 2004, Teresa Mattei, deputata comunista dell'Assemblea Costituente, ha peraltro attribuito l'iniziativa dell'omicidio al marito Bruno Sanguinetti, ricordando anche il ruolo giocato da lei stessa (che conosceva personalmente il filosofo) e rivendicato la legittimità dell'esecuzione di Gentile in virtù del suo ruolo di ideologo di punta della dittatura fascista. Secondo la Mattei, la decisione di assassinare Gentile fu approvata, senza alcuna consultazione col centro nazionale del partito o con gli altri partiti del Comitato di liberazione toscano, dal capo del PCI clandestino di Firenze Giuseppe Rossi e dall' archeologo Ranuccio Bianchi Bandinelli[4] .

L'omicidio

Il 30 marzo 1944 Giovanni Gentile ricevette una cartolina, con timbro postale di Firenze del 28 marzo, recante il seguente messaggio: Tu come esponente del neofascismo sei responsabile dell'assassinio dei cinque giovani al mattino del 22 marzo 1944. L'accusa era chiaramente riferita alla fucilazione di cinque giovani renitenti alla leva, che aveva suscitato un profondo sconcerto nella capitale toscana[5].

Il 15 aprile due gappisti fiorentini, Bruno Fanciullacci e Antonio Ignesti, si appostarono verso le 13,30 nei pressi della Villa del Salviatino e appena il filosofo giunse in auto, gli si avvicinarono tenendo sotto braccio dei libri per camuffarsi da studenti. Il filosofo abbassò il vetro per prestare ascolto ma fu subito colpito da una raffica. Fuggiti i due gappisti (che trovarono rifugio in casa del pittore Ottone Rosai, che stigmatizzò il fatto con dure parole), l'autista si diresse all'ospedale di Careggi per trasferirvi il filosofo morente, ma invano.

Le prese di posizioni dopo la morte

Dopo la morte del filosofo, Mussolini pubblicò un articolo nel quale tra l'altro affermava:

«Il solito benpensante potrebbe chiederci come mai nell’Italia invasa non succedano simili episodi. È facile rispondere: anche ai fascisti costerebbe poco prezzolare dei sicari per uccidere Sforza o il carabiniere che presta servizio lungo la linea ferroviaria Bari-Brindisi o il Commissario per la Sicilia Musetto, padre di un eroico marinaio, ma non è nostro costume armare la mano degli italiani per uccidere alle spalle vigliaccamente altri italiani. Noi non ci sentiamo nemici fino a tale punto dei napoletani e dei baresi che fanno il loro dovere per assicurare un po’ di ordine, pur di alleviare col lavoro le già molte sofferenze del popolo italiano. Noi non siamo anti-italiani. Perché ormai non è più questione di fascismo: Giovanni Gentile non è stato ucciso soltanto perché era fascista, egli è stato assassinato perché italiano e il suo assassino non è un patriota italiano»

Lo stesso rappresentante del Partito d'Azione Tristano Codignola prese duramente posizione contro l'omicidio del filosofo:

«Deploriamo l'assassinio di Giovanni Gentile. La violenza, per quanto giustificata come reazione ad altrui violenza, ha un limite, oltre il quale si ritorce su se medesima: e la brutale eliminazione di Gentile ha creato nelle coscienze di noi tutti un disagio che dev'essere analizzato, senza settarismi e con spregiudicata serenità....La sua uccisione per mano di quattro irresponsabili ha generato una reazione negativa in vasti ambienti antifascisti.»

In un loro articolo dedicato all'uccisione di Gentile[6] gli scrittori Wu Ming hanno fatto notare che nel suo articolo Codignola, pur deplorando l'attentato e criticandone gli artefici,

«si lanciava in una durissima requisitoria contro il filosofo, colpevole di avere “avvallato, con l’autorità della sua solida personalità di uomo e di studioso, la triste collana di violenze, di prevaricazioni, d’inettitudini che recarono la rovina d’Italia”. Codignola attribuiva a Gentile “una parte preponderante nel mercimonio della corruttela delle coscienze d’intere generazioni di giovani”. Dopo il delitto Matteotti, la corrotta coscienza morale e politica di Gentile “divenne essa stessa fomite di corruzione agli altri”. La figura di Gentile era giunta a “simboleggiare nella forma più manifesta e amara la diabolica potenza della tirannia”. Codignola concludeva che Gentile, dopo che aveva deciso di imbrattarsi “nella turpe e sanguinosa farsa” della RSI, “non poteva sfuggire alle sue responsabilità e alle sue colpe”. A conti fatti, non è precisamente “l’elogio di Gentile” descritto da alcuni revisionisti della domenica. Tanto che il Partito comunista fiorentino rispose: “Se noi non avessimo conosciuto Gentile, vi assicuriamo che sarebbe bastata una lettura del vostro articolo per approvare incondizionatamente l’azione giustiziera dei patrioti fiorentini”.»

Note

  1. ^ Carioti Antonio, "Sanguinetti venne a dirmi che Gentile doveva morire", sul Corriere della Sera del 6 agosto 2004, pag. 29: "L' omicidio di Gentile, anziano e inerme, suscitò una forte impressione e fu disapprovato dal Cln toscano, con l' astensione dei comunisti. Tristano Codignola, esponente del Partito d' Azione, scrisse un articolo per dissociarsi."
  2. ^ Bernard Berenson, Echi e riflessioni, Mondadori, Milano, 1950
  3. ^ Giovanni Gentile, Corriere della Sera del 28 dicembre 1943.
  4. ^ Sanguinetti venne a dirmi che Gentile doveva morire - Corriere della Sera
  5. ^ Gabriele Turi, Giovanni Gentile. Una biografia, Torino, UTET, 2006.
  6. ^ Wu Ming, "Per Bruno Fanciullacci", articolo apparso sul mensile GQ nel maggio 2010 e, in edizione ampliata, su Giap, organo del collettivo Wu Ming.

Bibliografia