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Woodblock print by Ishikawa Toyonobu of kabuki actors Nakamura Shichisaburō II and Sanogawa Ichimatsu, signed 'Meijōdō Ishikawa Shūha Toyonobu zu', 1740s.
Blocco di legno stampato da Ishikawa Toyonobu, 1740 circa, che ritrae due attori: un wakashū (sinistra) e un uomo adulto (destra). Notare la differenza di acconciatura.

Wakashū (若衆? , lett. "persona giovane"), è un termine storico giapponese che indicava gli adolescenti maschi. Più specificamente, si definiva wakashū un ragazzo che si trovava in un'età tra la fine della prima infanzia (5-10 anni circa), durante la quale portava i capelli acconciati con la frangetta (前髪?, maegami) e aveva inizio la sua educazione formale, e l'età adulta.

Durante questa fase, per contraddistinguersi sia dal bambino che dall'uomo adulto, il wakashū portava un'acconciatura peculiare, caratterizzata da una piccola porzione di testa rasata alla sommità della testa e lunghi ciuffi sul davanti e sui lati, detta sumi maegami (角前髪? "frangetta squadrata")[1]. Inoltre anche il suo abbigliamento era diverso: generalmente indossava un kimono a maniche aperte (wakiake) e se era di famiglia benestante indossava invece il furisode.

Il passaggio all'età adulta e all'assunzione di nuove responsabilità veniva sancito con una cerimonia chiamata genpuku (元服? , lett. "vestire il capo"), risalente al periodo Nara (710-794 dC)[1][2]. Dopo questa cerimonia, al wakashū venivano tagliati i ciuffi tipici della sua acconciatura e sostituiti con quella tipica dell'uomo adulto, chiamata chonmage. Inoltre iniziava a indossare anche il kimono da adulto, con le maniche arrotondate. A quel punto era autorizzato a sua volta ad intraprendere una relazione con un wakashū.

Ruolo sociale[modifica | modifica wikitesto]

Il concetto di wakashū in sé racchiudeva vari significati: una fascia d'età a cavallo tra l'infanzia e l'età adulta; il ruolo sociale di un adolescente, di solito concepito come subordinato (studente, apprendista o protetto); l'idea di una "bella giovinezza", che rendeva i wakashū oggetto privilegiato dei desideri omosessuali.

Mentre i ragazzi erano ritenuti idonei a legami omosessuali solo quando erano wakashū, a volte i loro patroni ritardavano la cerimonia di ingresso nell'età adulta oltre i limiti socialmente accettabili. Nell'opera Wakashū asobi kyara no makura (若衆遊伽羅之枕? "Giochi di ragazzi, cuscino profumato d'aloe"), attribuita a Hishikawa Moronobu[3], viene riportato che a Kōya vi erano wakashū di sessant'anni, e a Nachi addirittura di ottanta[4]. Questo mostra come i confini temporali della fase wakashū fossero relativamente flessibili. Nel 1685 furono intraprese misure legislative per imporre ai wakashū di sottoporsi alla cerimonia di passaggio all'età adulta all'età di 25 anni[5].

Nel complesso sistema di relazioni del Giappone del periodo Edo (1603-1868) i wakashū con il loro aspetto androgino (二形?, futanari), costituivano una sorta di terzo genere. La loro mutevole sessualità divenne oggetto dell'interesse maschile, originando la cosiddetta wakashūdō (若衆道?) o shūdō (衆道?), "la via dei giovani", ossia la pederastia.

Nel periodo Meiji il termine divenne obsoleto; per indicare una categoria di età e il ruolo sociale di un adolescente si adottò il termine shōnen; per il terzo significato si usò il termine collegato bishōnen ("bel giovane")[6].

"Kannazuki" (tenth month of the traditional Japanese calendar), polychrome woodblock print. Original woodblock by Harunobu Suzuki c. 1770, later printing. One of a pair (with "Risshun") showing a young couple in autumn and spring, respectively.
Un wakashū (seduto) e la sua compagna in un elegante ambiente autunnale. Notare le maniche del furisode, indossato da entrambi. Suzuki Harunobu, stampa su blocco di legno policromo, 1770 circa

Teatro Kabuki[modifica | modifica wikitesto]

Nel teatro Kabuki, il termine wakashū (o wakashū-gata) indicava attori specializzati nel ruolo di adolescenti. Spesso erano loro stessi wakashū[7] ed era d'uso che interpretassero anche ruoli femminili. Perciò, dopo la maturità, non era raro che continuassero a esibirsi come onnagata ("figura di donna").[8]

Le versioni al femminile del Kabuki, ossia l'Onna-kabuki (女歌舞伎? "Kabuki delle donne") e lo Yūjo-kabuki (遊女歌舞伎? "Kabuki delle cortigiane"), furono soppresse dalle autorità governative nel 1629, in quanto furono la causa di numerosi disordini e incidenti. Una direttiva dello shogunato Tokugawa stabilì che il Kabuki diventasse un'esibizione prettamente maschile: nacque lo Yarō-kabuki (野郎歌舞伎?), il Kabuki degli uomini. Vennero estromesse le compagnie femminili e a raccoglierne l’eredità rimasero i gruppi formati da ragazzi molto giovani, che si esibivano nel Wakashū-kabuki. Non si sa con precisione quando nacque questo termine, ma ci sono testimonianze di giovani che recitavano nel Kabuki già nel 1603.[9]

In conseguenza all'estromissione delle donne, alcuni attori si dovettero specializzare nell'interpretazione dei ruoli femminili. Nacque così verso la fine del XVII sec. e gli inizi del XVIII sec. la figura dell’onnagata, che ricalcò l'immagine e le caratteristiche fisiche dei wakashū, e che è presente ancora oggi nel Kabuki moderno[10]. Per interpretare personaggi femminili venivano preferiti i giovani adolescenti, a causa del loro aspetto androgino e del loro tono di voce più alto rispetto agli adulti. E anche i ruoli dei wakashū, interpretati da ragazzini, erano spesso selezionati sulla base del fascino da essi suscitato e venivano spesso presentati in un contesto erotico.

Questi ragazzi, per la loro bellezza ancora acerba e per il tono della voce ancora priva di quella mascolinità della maturità, erano i più adatti a sostituire, anche nel cuore del popolino, le donne dell’Onna-kabuki.

La vita del Wakashū-kabuki fu però piuttosto breve. L’erotismo presente nei testi, i tratti femminei di molti di questi ragazzini e le frequenti risse tra gli spettatori portarono le autorità a bandire anche questo genere di spettacolo. L’accusa era sempre la stessa: immoralità, con conseguenti problemi di ordine pubblico. Il Wakashū-kabuki venne definitivamente proibito nel 1652 per istigazione all'omosessualità. Vennero poste condizioni molto severe per il rilascio della licenza di spettacolo: gli attori dovevano rasarsi completamente la frangetta, simbolo del fascino ambiguo dei wakashū, e riconvertire gli spettacoli in rappresentazioni (物真似?, monomane), scevre da danze e scene sensuali o allusive[11].

La scomparsa dei wakashū favorì la richiesta di nuovi attori in grado di interpretare ruoli femminili non solo sulla base delle proprie caratteristiche somatiche, ma anche e soprattutto attraverso l'esercizio di abilità recitative.[12]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Gregory M. Pflugfelder, Cartographies of desire: male-male sexuality in Japanese discourse, 1600-1950, University of California Press, 1999, p. 33, ISBN 0-520-20909-5.
  2. ^ Gary P. Leupp, Male Colors: The Construction of Homosexuality in Tokugawa Japan, University of California Press, 1997, p. 125, ISBN 0-520-20900-1.
  3. ^ Ruperti Bonaventura, Il gioco delle parole. Immagini, sensualita' e umorismo nelle stampe dell'ukiyoe, in AA. VV. (a cura di), Shunga, Arte ed eros nel Giappone del periodo Edo, Roma, Mazzotta, 2009.
  4. ^ Joshua S Mostow; Norman Bryson; Maribeth Graybill, Gender and Power in the Japanese Visual Field, Honolulu, University of Hawaiʻi Press, 2003, p. 53, ISBN 0824825721.
  5. ^ Gary P. Leupp, Male Colors: The Construction of Homosexuality in Tokugawa Japan, University of California Press, 1997, pp. 34, note 24, ISBN 0-520-20900-1.
  6. ^ Gregory M. Pflugfelder, Cartographies of desire: male-male sexuality in Japanese discourse, 1600-1950, University of California Press, 1999, pp. 221–234, ISBN 0-520-20909-5.
  7. ^ Gary P. Leupp, Male Colors: The Construction of Homosexuality in Tokugawa Japan, University of California Press, 1997, p. 90, ISBN 0-520-20900-1.
  8. ^ James R Brandon; William P Malm; Donald H Shively, Studies in kabuki : its acting, music, and historical context, Honolulu, University Press of Hawaii, 1978, p. 40, ISBN 082480452X.
  9. ^ Maki Isaka, Onnagata: A Labyrinth of Gendering in Kabuki Theater, Seattle, University of Washington Press, 2016, p. 24, ISBN 9780295806242.
  10. ^ Katherine Mezur, Beautiful boys/outlaw bodies : devising Kabuki female-likeness, New York, Palgrave Macmillan, 2005, p. 8, ISBN 9781403979131.
  11. ^ Ruperti Bonaventura, Storia del teatro giapponese. Dalle origini all'Ottocento, Venezia, Marsilio, 2015, p. 150-151, OCLC 956166839.
  12. ^ Maki Isaka, Onnagata: A Labyrinth of Gendering in Kabuki Theater, Seattle, University of Washington Press, 2016, p. 16, ISBN 9780295806242.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • (EN) Donald H Shively, James R Brandon e William P Malm, The Social Environment of Tokugawa Kabuki, in Studies in kabuki, Honolulu, University Press of Hawaii, 1979, ISBN 082480452X, OCLC 251513644.
  • (EN) Joshua S. Mostow, Norman Bryson e Maribeth Graybill, Gender and power in the Japanese visual field, Honolulu, University of Hawaiʻi Press, 2003, ISBN 0824825721, OCLC 50859011.
  • (EN) Katherine Mezur, Beautiful Boys/Outlaw Bodies: Devising Kabuki Female-Likeness, New York, Palgrave Macmillan, 2005, ISBN 9781403979131, OCLC 560482064.
  • (EN) Maki Isaka, Onnagata: A Labyrinth of Gendering in Kabuki Theater, Seattle, University of Washington Press, 2016, ISBN 9780295995106, OCLC 939419470.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]