Utente:Amarotta13/Who cares who killer roger ackroyd

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Who Cares Who Killed Roger Ackroyd?
Titolo originaleWho Cares Who Killed Roger Ackroyd?
1ª ed. originale20 Gennaio 1945
GenereArticolo
Lingua originaleinglese
(EN)

«This letter has made my blood run cold: so the opium smoker tells the novice not to mind if the first pipe makes him sick; and I fall back for reassurance on the valiant little band of my readers who sympathize with my views on the subject»

(IT)

«Questa lettera mi gela il sangue: come il fumatore di oppio spiega al novizio di non preoccuparsi se la prima pipa lo fa star male; io ritorno per rassicurare la piccola banda di valorosi lettori che simpatizza con le mie opinioni sull'argomento»

Who Cares Who Killed Roger Ackroyd? è un articolo scritto da Edmund Wilson pubblicato il 20 Gennaio 1945 sulla rivista The New Yorker. L'articolo è conseguente a quello pubblicato l'Ottobre dell'anno prima dello stesso Wilson: Why Do People Read Detective Stories?, a causa di una serie di lettere arrivate all'autore in seguito a questa pubblicazione.


Contenuto[modifica | modifica wikitesto]

Le lettere[modifica | modifica wikitesto]

Dopo il precedente articolo pubblicato su The New Yorker, Wilson ricevette molte critiche da parte dei suoi lettori, i quali si erano mostrati in disaccordo sulla sua forte presa di posizione. Durante questo periodo, vengo pubblicati vari articoli da autori come Jacques Barzun, Joseph Wood Krutch e Raymond Chandler che, invece, difendono il genere. Wilson, allora, rispose comunicando al pubblico la sua intenzione di “correggere le ingiustizie” e di approfondire ulteriormente la lettura con le opere degli autori che risultano più richiesti dai suoi lettori.

Contro Dorothy L. Sayers[modifica | modifica wikitesto]

Il critico inizia da Dorothy L. Sayers poiché era la scrittrice più consigliata insieme al suo libro ‘’Il segreto delle campane’’. Purtroppo, durante la lettura, si accorge di quanto sia noioso il romanzo, specie nelle parti descrittive delle campane, delle chiese inglesi e dei loro villaggi tradizionali. Per Wilson, tutte queste informazioni enciclopediche sono un espediente per allungare un romanzo che poteva benissimo essere scritto da Doyle in meno di trenta pagine piuttosto che in trecentotrenta come ha fatto la signora Sayers. Inoltre, il protagonista, Lord Peter Wimsey, è l’ennesima copia di Sherlock Holmes. Wilson, dunque, rivela ai lettori di aver saltato diverse parti del libro, finendo per perdere il filo della storia e arrivando a capire, solo dopo aver ripreso da capo la lettura, che si può uccidere un uomo, in un campanile, grazie alle vibrazioni prodotte dalle stesse campane. Conclude il libro sorpreso dal fatto che l’autrice non scrive affatto bene, come invece avevano scritto i suoi ammiratori. La Sayers potrebbe apparire, però, geniale, se comparata a Ngaio Marsh, il cui romanzo’’Ouverture per un delitto’’ gli era stato altrettanto consigliato. Il critico reputa la scrittura della Sayers mediocre e si stupisce del fatto che il suo collega De Voto, invece, la definisce, come quella delle scrittrici Marsh e Allingham, una "eccellente prosa". A questo punto, Wilson crede che il senso critico di un amante delle parole come De Voto sia venuto meno, dato che questi romanzi sono pieni di inutili lunghe descrizioni, dialoghi e azioni messe in scena da spiacevoli personaggi della contea inglese.

I libri giusti[modifica | modifica wikitesto]

Wilson, come realizza egli stesso con le successive letture, leggeva i gialli con delle aspettative poco realistiche: il critico cercava una buona scrittura e una buona caratterizzazione dei personaggi ed una buona atmosfera, motivo per cui rimaneva puntualmente deluso. Soltanto con la lettura di Fiori Per Il Giudice di Margery Allingham, considerato uno dei migliori libri di una delle più grandi maestre dagli esperti del genere, Wilson comprese che le sue aspettative non sarebbero state accontentate, anzi, avrebbe dovuto accettare che i gialli rappresentassero tutt'altro. Trovò, infatti, il libro illeggibile, piatto e talmente noioso che gli fu richiesto uno sforzo immane per continuarne la lettura. Notando l'assenza di atmosfera e caratterizzazione dei personaggi, il critico arrivò alla conclusione che il vero amante del giallo doveva saper mettere da parte ogni gusto letterario per poter affrontare la lettura come un problema intellettuale. Wilson riprende la critica citando apertamente articoli di scrittori che hanno difeso il romanzo poliziesco. Comincia dissociandosi dai consigli di Jacques Barzun per i principianti del genere, consigli che fungono da mappa al lettore non esperto per muoversi tra le varie letture del giallo e comprendere cosa gli viene richiesto, ma non ne nega la legittimità. Il critico analizza i commenti di scrittori come William Somerset Maugham, Bernard DeVoto e Joseph Wood Krutch, i quali sostenevano che i romanzi fossero diventati talmente filosofici e psicologici da costringere il pubblico a rifugiarsi in quelli polizieschi. Wilson, in completo disaccordo con i commenti degli scrittori, fece notare che non si poteva certamente parlare di un'assenza di narrazione in maestri come Francis Scott Fitzgerald e Virginia Woolf. In secondo luogo, nota che vi è una rappresentazione poco veritiera del romanzo poliziesco medio, il quale viene utilizzato come esempio di buona narrazione. Il critico americano fa comprendere che il dono della narrazione è un dono che possiedono in pochi e che l'unico tra gli scrittori tanto consigliati dai lettori che abbia questo talento, a parer suo, è Raymond Chandler. La lettura di Addio, Mia Amata di Chandler fu positiva per Wilson, pur trovandolo piuttosto distante dalla vecchia scuola del romanzo poliziesco. Wilson, infatti, elogia Chandler, il quale è riuscito ad inventare degli ottimi personaggi e creare un'atmosfera. Tuttavia, il critico rimane nuovamente deluso alla fine del romanzo: la rivelazione gli pare sempre forzata, noiosa oppure poco credibile, e Chandler non è da meno. Considerando il resoconto di questo secondo lotto di romanzi gialli, Wilson constata che si sente più disilluso di quanto non lo fosse al primo tentativo di avvicinamento al genere. Il critico americano arriva alla conclusione che i lettori dei gialli riconoscono il loro vizio, per questo motivo partono sulla difensiva e provano a giustificare la loro ossessione parlando di una presunta "buona narrazione". Wilson ne ricevette la conferma nella lettera di una fanatica del genere, la quale riconobbe quanto fosse difficile trovare un romanzo che consiglierebbe ad altri nella caterva di gialli che ha letto.

Consigli sull'approccio alla lettura[modifica | modifica wikitesto]

Wilson, spiega che a un lettore di romanzi gialli, in realtà, non interessa il susseguirsi di eventi casuali, ma unicamente la scoperta di un segreto sensazionale e, se non comprende lo scioglimento finale degli eventi, non torna indietro per spiegarsi quella scelta ma, semplicemente, chiude il libro e ne inizia un altro. Wilson definisce Woodrow Wilson e Andre Gide come spiriti puri e sinceri e, insieme, rappresentano una minoranza ma egli intima loro di non temere perchè la letteratura è dalla loro parte. Consiglia, infine, di non annoiarsi con questa "spazzatura", essendoci così tanti bei libri da leggere e da cui imparare.

Note[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Edmund Wilson

Giallo (genere)

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Copertina_de_The_New_Yorker_del_20_Gennaio_1945.jpg