Umm Qirfa

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Umm Qirfa (in arabo ﺍﻡ ﻗﺮﻓـة?; ... – ...; fl. VII secolo) fu una donna beduina araba molto onorata[1] che guidava la tribù araba dei Banū Fazāra nel Wādī al-Qurā.

Era moglie di Malik ibn Ḥudhayfa ibn Badr al-Fazārī[2] e si dice che fosse fatta uccidere da Zayd ibn Ḥāritha, su ordine di Maometto, facendola squarciare da due dromedari, aizzati a muoversi in direzioni opposte dopo aver fatto legare le sue gambe alle bestie.[3] La sua testa, spiccata dal busto, sarebbe stata poi mostrata nelle straducole di Medina.[4]

Esiste tuttavia un'altra versione meno truculenta, riportata in modo autorevole, dal tradizionista Muslim,[5] secondo la quale la donna, fatta prigioniera con la figlia, sarebbe stata scambiata da Maometto con alcuni musulmani prigionieri a La Mecca.

Ibn Isḥāq, il primo biografo di Maometto, scrive che:

«Il Messaggero di Allah inviò Zayd nel Wādī al-Qurā, dove egli si scontrò con i Banū Fazāra. Alcuni Compagni furono uccisi e Zayd stesso fuggì ferito. Ward fu trucidato dai Banū Badr. Quando Zayd turnò a Medina, egli fece il voto di non lavarsi la testa[6] finché non avesse afflitto con un raid i Fazara. Dopo di ciò Maometto lo inviò con uno stuolo contro l'insediamento dei Fazara. Zayd si scontrò con essi nel Wadi al-Qura e inflisse loro perdite e prese prigioniera Umm Qirfa. Egli catturò anche una delle sue figlie e ʿAbd Allāh b. Masʿada. Ziyād b. Ḥāritha ordinò a Qays di uccidere Umm Qirfa ed egli lo fece in maniera crudele. Le fece legare le gambe con una corda, fissata [a sua volta] a due dromedari, e la fece squarciare in due.»

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Ismāʿīl ibn ʿUmar Ibn Kathīr Ibn Kathir, The Life of the Prophet Muhammad: Al-Sira Al-Nabawiyya, traduzione di Trevor Le Gassick, Garnet & Ithaca Press, 2000, p. 314, ISBN 978-1-85964-145-3.
  2. ^ (EN) Ibn ʿAbd Rabbih, The Unique Necklace, Volume 3, traduzione di Issa J. Boullata, UWA Publishing, 2012, p. 6, ISBN 978-1-85964-240-5.
  3. ^ (EN) The History of Al-Tabari: the Victory of Islam, trans. Michael Fishbein, SUNYP, 1997, pp. 95–97.
  4. ^ Khalil Abd al-Karim Manshurat Al-Jamal, Al-nass al-muʾassasa wa mujtamauhu, p. 174.
  5. ^ Ṣaḥīḥ, XIX, n. 4345.
  6. ^ Ciò implicava di non pregare e di non avere rapporti sessuali.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]