Pietro Dodi

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Prece funebre del generale Pietro Dodi

Pietro Dodi anche detto Piero (Firenze, 4 settembre 1880[1]Roma, 3 giugno 1944) è stato un partigiano italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Ufficiale di carriera, aveva partecipato alla prima guerra mondiale come capitano di cavalleria. Dal 1921 aveva insegnato agli allievi della Scuola militare d'applicazione dell'arma. Fu presidente della Federazione Italiana Sport Equestri dal 1932 al 1939.[2] Dopo l'8 settembre 1943 entrò come partigiano combattente nella formazione "Rosi". Catturato dai nazifascisti il 15 maggio 1944, fu torturato per diversi giorni e quindi ucciso con altri dodici antifascisti nell'eccidio de La Storta.

Il 24 maggio 1946, Piero Dodi viene insignito della medaglia d’oro al valor militare alla memoria.[2]

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Generale di cavalleria della riserva fu tra i primi organizzatori del fronte clandestino di resistenza, animato sempre da altissimo amor di Patria. Sebbene attivamente ricercato dalla polizia nemica, continuò la sua fattiva opera di organizzatore e di animatore, incurante dei rischi cui continuamente si esponeva. Tratto in arresto dalle SS. germaniche fu sempre un magnifico esempio di calma e di coraggio per i propri compagni di prigionia che instancabilmente incitava a mantenersi fieri e a non cedere alle lusinghe e alle minacce degli aguzzini nemici. Durante i numerosi e atroci interrogatori, nei quali non gli furono risparmiate le sevizie più inumane, non lasciò trapelare nemmeno il minimo particolare della sua organizzazione, deciso a sacrificare solo la sua persona pur di salvare i suoi collaboratori che lottavano per il bene della Patria. Durante l’abbandono di Roma da parte delle truppe tedesche, fu barbaramente trucidato dagli agenti della «Gestapo», che sfogarono così il loro livore contro questa nobile figura di italiano e di soldato.»
— Fronte clandestino di resistenza, 15 settembre 1943 - 3 giugno 1944[3].

Note[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]