Miniera Terre Verdi

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Miniera Terre Verdi
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneTrentino-Alto Adige
LocalitàBrentonico
Coordinate45°46′42.87″N 10°53′12.49″E / 45.778575°N 10.886802°E45.778575; 10.886802
Informazioni generali
CondizioniIn uso
Usoin disuso

Miniera Terre Verdi è un giacimento di celadonite situato nel comune di Brentonico, in provincia di Trento in Trentino-Alto Adige, nella Valle Aviana, una zona montuosa (1.200m slm) limitata dai versanti del Trét di Avio e dei Pianéti di Brentonico.

La scoperta e l'estrazione della celadonite in Valle Aviana avvenne sul finire del Cinquecento[1]; l'ampio sfruttamento e la commercializzazione di questo colorante minerale incise sull'economia e la società di questo territorio andando a plasmarne l'identità.[1]

In passato la Valle rappresentava un punto nevralgico per svariate attività: dalla raccolta della legna, all'estrazione del carbone, dalla raccolta di erbe a scopo medicinale, fino alla ricerca della Terra Verde, chiamata anche verde di Verona, verde del monte Baldo, verde di Brentonico, clorite, veronite e baldogea, ovvero pietra del monte Baldo.[1]

Chi si reca in Valle Aviana in epoca contemporanea lo fa spesso per visitare l'altopiano di Brentonico, che è protetto dal Parco Naturale Locale Monte Baldo; si tratta di un territorio boschivo, ricco di malghe e di proposte per sport all'aria aperta.[2]

Geologia[modifica | modifica wikitesto]

La celadonite è un minerale fillosilicato del gruppo delle miche il cui colore varia dal grigio-verde opaco al verde scuro-bluastro; questo minerale nasce dalla disgregazione e risedimentazione in ambienti marini idrotermali, caratterizzati cioè dal flusso di acqua calda a getto elevate di elementi basaltici vulcanici.[1]

La celadonite è resistente all'aria e all'acqua, proprietà che, insieme alla sua consistenza "grassa", hanno fatto si che venisse particolarmente apprezzata in ambito pittorico.[1]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Da analisi mineralogiche in microspettigrafia infrarossa risulta che la celadonite era conosciuta e utilizzata già in epoca romana; il museo civico di Rovereto ha infatti analizzato dei campioni di materiale prelevato da affreschi della villa romana di Isera del I secolo ed è emerso che furono prelevati dalla zona dal monte Baldo.[3]

La prima testimonianza scritta relativa alla celadonite è da attribuirsi al medico e naturalista toscano Michele Mercati che nella seconda metà del Cinquecento la descrisse nella sua Metallotheca Vaticana nell'armadio I (o delle Terre) come “Creta viridis, acris, lapidosa, ex Agro Veronensi”.[1]

Il commercio della Terra Verde in Val Aviana è testimoniata da documenti come l'investitura concessa da Leopoldo III e dal principe vescovo tridentino nel 1668 in favore della famiglia Eccheli[4], posseditrice delle due miniere più grandi e redditizie sulla destra e sulla sinistra dell'Aviana. Fu appunto con il fortunato commercio di quelle terre che gli Eccheli fecero la loro fortuna; tuttavia non fu l'unica famiglia del luogo a trarne vantaggio, infatti anche alcuni nuclei contadini prestavano manodopera o acquistavano il diritto all'estrazione, lavoro che li occupava soprattutto durante la stagione invernale in cui le consuete attività agro-silvo pastorali diminuivano.[5]

L'epoca di maggior diffusione del minerale si ebbe appunto tra Seicento e Settecento quando, oltre che per realizzare fondi neutri sulle tele da dipingere a olio per dare contrasto in chiaroscuro agli incarnati e in generale per la pittura ad affresco, venne utilizzato come pigmento decorativo nei palazzi nobiliari.[1]

La fortuna della celadonite crebbe al punto che venne esportata in diversi paesi europei e in America.[5]

Le cave e le miniere hanno inciso sull'economia e sulla società e fanno quindi parte del patrimonio storico e dell'identità di questo luogo.

Il declino e la chiusura delle miniere che estraevano il minerale verde arrivò con l'avvento della moderna industria dei coloranti sintetici nel dopoguerra.[1]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g h Michele Longo, Alessandro De Bertolini e Emanuele Armani, I paesaggi minerari del Trentino : storia e trasformazioni, Fondazione Museo storico del Trentino, 2020, pp. 286, ISBN 978-88-7197-255-8, OCLC 1312604869.
  2. ^ Touring Club Italiano, Estate in Trentino nel Parco del Baldo, "giardino d’Italia", su Touring Club Italiano. URL consultato il 12 maggio 2023.
  3. ^ Anna Pasqualini, Studi sulle antichità di Anzio e Nettuno e l'affresco con la rappresentazione dal mare di Capo d'Anzio - PAOLA BRANDIZZI VITTUCCI, ANTIUM. ANZIO E NETTUNO IN EPOCA ROMANA (Bardi Editore, Roma 2000). Pp. 166, 67 figg., XVI tavv. ISBN 88-85699-83-9. Lire It. 70.000., in Journal of Roman Archaeology, vol. 16, 2003, p. 9, DOI:10.1017/s1047759400013398. URL consultato il 6 maggio 2023.
  4. ^ Archivio parrocchiale di Brentonico, "Collecta di A. Boschetti", "Famiglia Eccheli".
  5. ^ a b Aldo Gorfer, Un paesaggio tra Alpi e Prealpi : storia società e cultura del territorio di Brentonico, Cierre, 1993, p. 342-344, ISBN 88-85923-56-9, OCLC 797728015. URL consultato il 6 maggio 2023.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Cenni storici, turistici, economici sull'altopiano di Brentonico in provincia di Trento, Rovereto, Manfrini, pp. 30-31.
  • Alessandro de Bertolini e Emanuela Schir (a cura di), I paesaggi minerari del Trentino: storia e trasformazioni, con la collaborazione di Emanuele Armani, Lara Casagrande e Michele Longo, 2020, pp. 380, ISBN 978-88-7197-255-8.
  • Aldo Gorfer, Un paesaggio tra Alpi e Prealpi. Storia, società e cultura del territorio di Brentonico, 1993, pp. 425, ISBN 8885923569.
  • I colori degli affreschi della villa romana di Isera in Annali del Museo civico di Rovereto, vol. 21, 2006.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]