M.5 (dirigibile)

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M.5
Descrizione
TipoMilitare da bombardamento
ProgettistaGaetano Arturo Crocco
CostruttoreBandiera dell'Italia
CantieriTorino-Mirafiori
Data impostazione1914
Data primo volo1916
Utilizzatore principaleBandiera dell'Italia Regio Esercito
Destino finaleperso per collisione il 2 giugno 1916
Dimensioni e pesi
StrutturaDirigibile semirigido
Lunghezza83 m
Diametro17,00 m
Volume12500 
Gasidrogeno
Rivestimentotela
CapacitàCarico utile: 3,000 t
Propulsione
Motore4 motori Wolseley
Potenza7x125 CV ciascuno
Prestazioni
Velocità max70 km/h
Quota di servizio4 000 m

dati tratti da I dirigibili italiani[1]

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Il dirigibile M.5 era un dirigibile di tipo semirigido costruito in Italia presso il campo d'aviazione di Torino-Mirafiori nella seconda metà degli anni dieci del XX secolo per scopi militari. L'M.5 apparteneva alla "Classe M" progettata dall'ingegnere Gaetano Arturo Crocco.

Storia del progetto[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1910 la legge di potenziamento dell'aeronautica aveva previsto la costruzione di 9 dirigibili, di cui tre piccoli, cinque medi e uno grande.[2] I dirigibili medi (tipo M), del tipo semirigido, vennero progettati dagli ufficiali del genio militare Gaetano Arturo Crocco e Ottavio Ricaldoni.[2] Dopo l'M.1 e l'M.2, il successivo M.3 venne realizzato presso lo Stabilimento Costruzioni Aeronautiche di Roma, e montato sulla base di Vigna di Valle nel corso del 1913.[3]

Il programma di potenziamento della Legge 1910 si concluse all'inizio del 1916, ma erano già state messe in produzione altre due aeronavi tipo M, lo M.4 e lo M.5, entrambe progettate da Crocco. I due dirigibili appartenevano al modello pesante, dotato di quattro propulsori Wolseley da 125 CV azionanti eliche bipala. Costruito sul campo d'aviazione di Torino-Mirafiori a partire dalla fine del 1914, sotto la supervisione del capitano Luigi Scelzo, l'M.5 volò per la prima volta nel corso del 1916.

Tecnica[modifica | modifica wikitesto]

Si trattava di un dirigibile di tipo semirigido. La struttura era costituita da una trave metallica che dava rigidità all'involucro realizzato con tessuto gommato ed alluminato.[4] Esso era diviso al suo interno in due parti tramite un diaframma orizzontale che separava la camera superiore del gas da quella inferiore dell'aria.[4] La camera del gas, a sua volta, era suddivisa da dodici diaframmi, poi ridotti a sei per il modello da alta quota.[4] I diaframmi erano regolati manualmente, e in automatico, da valvole che permettevano di mantenere una giusta pressione senza compromettere la tenuta dell'involucro, sollecitato dalle variazioni di temperatura alle diverse quote operative.[4] La trave, situata nella parte inferiore del dirigibile, era un insieme di travi e tubi metallici irrigiditi da tiranti d'acciaio che formavano una struttura rigida adatta a reggere i piani di coda e i cavi di acciaio che sostenevano la navicella.[4] Quest'ultima ospitava l'equipaggio, i propulsori, i comandi, la strumentazione, l’armamento e gli attacchi per i cavi e le cime di manovra.[4] I timoni di direzione erano due, posizionati sulla parte posteriore del dirigibile, ed aventi configurazione biplana.[2]

La propulsione era affidata a quattro motori Wolseley a 8 cilindri a V raffreddati ad acqua, eroganti la potenza di 125 CV ciascuno,[3] ed azionanti due eliche bipala lignee. I propulsori consentivano all'aeronave di raggiungere una velocità massima di circa 70 km/h.[3]

Impiego operativo[modifica | modifica wikitesto]

Il 2 giugno dello stesso anno mentre, al comando di Ugo Mojares, effettuava le prove motore ormeggiato a un pilone, il dirigibile fu investito da un aereo da addestramento Caudron G.3 condotto da pilota Erminio Gherardi, e precipitò al suolo distruggendosi.[1] Il bilancio del disastro fu di cinque morti e circa trenta feriti.

Utilizzatori[modifica | modifica wikitesto]

Bandiera dell'Italia Italia

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni[modifica | modifica wikitesto]

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Pesce 1982, p.135.
  2. ^ a b c Pesce 1982, p.56.
  3. ^ a b c Pesce 1982, p.57.
  4. ^ a b c d e f Trevisani 2016, p.11.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Alessandro Fraschetti, La prima organizzazione dell'Aeronautica Militare in Italia 1884-1925, Roma, Ufficio Storico dell'Aeronautica Militare, 1986.
  • Luigi Mancini (a cura di), Grande Enciclopedia Aeronautica, Milano, Edizioni Aeronautica, 1936.
  • Giuseppe Pesce, I dirigibili italiani, Modena, Mucchi Editore, 1982.
Pubblicazioni

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]