L'Europa dopo la pioggia II

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L'Europa dopo la pioggia II
AutoreMax Ernst
Data1940 - 1942
Tecnicaolio su tela
Dimensioni55×125 cm
UbicazioneWadsworth Atheneum, Hartford

L'Europa dopo la pioggia II (L'Europe après la pluie II) è un dipinto (55 × 128 cm, olio su tela) del pittore tedesco Max Ernst, realizzato fra il 1940 e il 1942, ed attualmente esposto al Wadsworth Atheneum di Hartford, nel Connecticut.[1] Viene considerato fra i dipinti più rappresentativi dell'artista.[2]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

A partire dal 1939 fino al 1953, Ernst realizzò dipinti che presentano soggetti "metamorfici" a dire di molti inquietanti. Questa nuova fase pittorica rifletteva, infatti, l'angoscia del pittore per l'inizio del Conflitto mondiale,[3][4] che lo aveva inoltre costretto a fuggire dalla Francia dominata dai nazisti per rifugiarsi negli Stati Uniti. Iniziata nel 1940, L'Europa dopo la pioggia II venne spedita per posta al Museum of Modern Art e terminata oltreoceano.[2][5]

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

L'Europa dopo la pioggia II raffigura il lungo scorcio di un paesaggio desolato immaginario. L'ambiente, caratterizzato da un cielo azzurro e da alcune guglie scoscese sullo sfondo, è completamente costituito da un insieme di elementi ibridi e deformi (soggetti organici indefiniti, figure vorticose, vegetali, ecc.) divenuti un tutt'uno omogeneo pietrificato. Osservando il dipinto si ha, infatti, l'impressione che non vi sia vita.[3][5]

L'opera è suddivisa orizzontalmente in tre parti non uguali che vanno lette da destra verso sinistra.[6] La sezione a destra, che è la più informe e caotica, presenta una struttura, forse un tempio, nel quale sono inglobate numerosissime figure, inclusi un nudo femminile rinchiuso fra alcune colonne ed un toro quasi completamente decomposto.[2][5]

Al centro è raffigurata un'altra figura femminile, eretta e voltata di schiena, situata fra un pilastro scuro ed un uomo con la testa di uccello. Quest'ultimo, certamente una delle figure più emblematiche dell'intero dipinto, è il solo soggetto che non sembra completamente inglobato al paesaggio, come sottolineano le sue gambe libere.[2] Le due figure sono voltate verso il lato sinistro, ovvero il più arido del dipinto, che è dominato da conformazioni rocciose.

L'opera è dominata dai colori caldi (arancione, giallo, marrone ecc.) che fanno contrasto al cielo luminoso e azzurro.

Stile[modifica | modifica wikitesto]

Le "deformità" del dipinto sono state rese possibili con la decalcomania, una tecnica che consiste nell'applicare un materiale (ad esempio carta o vetro) sulla pittura ancora fresca e rimuoverlo al fine di distorcere i soggetti precedentemente dipinti.[2] Questa tecnica venne "scoperta" da Ernst grazie Óscar Domínguez, un altro pittore surrealista.

Significati dell'opera e ispirazione[modifica | modifica wikitesto]

Sebbene l'opera sia di difficile interpretazione, sono tutti concordi sul fatto che essa raffiguri quel che rimane di un paesaggio devastato dalla Seconda guerra mondiale.[2][5][7] L'uccello antropomorfo, che sembra essere l'unico soggetto sopravvissuto al disastro circostante, è considerato la personificazione della Guerra stessa,[2] mentre al suo fianco vi sarebbe il simbolo di un'"Europa colta", ovvero la figura femminile pietrificata al suo fianco.[2] L'uomo-uccello è, secondo altri, lo stesso Ernst che "sfugge da noi e dalla volta che è collassata ed ha bruciato il toro dell'Europa (la carcassa animale al centro)."[7] Alcuni riconducono quel personaggio a Loplop, una creatura immaginaria inventata da Ernst ed apparsa in alcuni suoi dipinti.

Il pilastro centrale di colore scuro è considerato la bomba che ha generato la catastrofe circostante, ed è finalizzato, di conseguenza, a criticare l'uso della tecnologia per fini di distruzione.[2]

L'animale decomposto al centro, il tempio a destra e il busto femminile incastonato fra le sue colonne, potrebbero alludere al mito greco di Europa, che venne rapita da Zeus trasformatosi in toro.

Il titolo del dipinto è un probabile riferimento al Diluvio universale biblico.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Ralph Ubl, Prehistoric Future: Max Ernst and the Return of Painting between the Wars, University of Chicago Press, 2013, p. 189.
  2. ^ a b c d e f g h i Troy Doyle: Max Ernst and Europe after the Rain II, Art - Mansfield University, su web-archives.mansfield.edu. URL consultato il 3 febbraio 2014.
  3. ^ a b Michael LaClotte, Dizionario della pittura e dei pittori - D-J - Volume secondo, Larousse Einaudi, 1990, p. 219.
  4. ^ Eugenia Dossi, Le Garzantine - Arte, Garzanti, 2002, p. 373.
  5. ^ a b c d Luisa Passerini, Il mito d'Europa: radici antiche per nuovi simboli, Giunti editore, 2002, pp. 135, 137-139.
  6. ^ Vedi Res: Anthropology and Aesthetics 57/58: Spring/Autumn 2010
  7. ^ a b Helga Schreckenberger, Ästhetiken des Exils, Rodopi, 2003, p. 398.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Ellen E. Adams, After the Rain: Surrealism and the Post-World War II Avant-garde, 1940--1950, ProQuest, 2007, pp. 23-25.
  • Francesco Pellizzi, Res: Anthropology and Aesthetics, 57/58: Spring/Autumn 2010, Harvard University Press, 2011, p. 214.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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