Equal justice under law

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La facciata del palazzo della Corte suprema, incluso il frontone occidentale.

«Equal justice under law» (inglese, letteralmente: «Uguale giustizia ai sensi della legge») è una frase incisa sulla facciata del palazzo della Corte suprema degli Stati Uniti a Washington. Esso rappresenta anche un principio ideale della società statunitense, che ne ha profondamente influenzato il sistema giuridico.

Il motto fu apposto nel 1932 dallo studio di architettura che progettò l'edificio;[1] il presidente della Corte suprema Charles Evans Hughes e il giudice Willis Van Devanter approvarono successivamente tale iscrizione, così come fece la Commissione per il palazzo della Corte suprema degli Stati Uniti, presieduta da Hughes stesso (e di cui Van Devanter faceva parte).[2][3] Lo studio di architettura artefice della frase era guidato da Cass Gilbert, benché Gilbert stesso fosse più interessato al disegno e alla disposizione, che al significato.[4]

La giurisprudenza del Quattordicesimo emendamento[modifica | modifica wikitesto]

Le parole Equal Justice Under Law parafrasano un'espressione precedentemente coniata dal presidente della Corte suprema, Melville Weston Fuller.[5] Nel caso Caldwell vs. Texas del 1891, Fuller scrisse del Quattordicesimo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti come segue:

«Secondo il Quattordicesimo emendamento, i poteri degli Stati di fronte a crimini entro i propri confini non sono limitati, ma nessuno Stato può privare particolari cittadini o gruppi di cittadini di equa e imparziale giustizia di fronte alla legge.»

Le ultime sette parole sono sintetizzate dall'iscrizione sul palazzo della Corte suprema degli Stati Uniti.[7]

Il presidente della Corte suprema Fuller (davanti al centro) scrisse un parere in Caldwell per una Corte unanime. In questa foto del 1899, il giudice Harlan è seduto alla destra di Fuller e il giudice Peckham è in piedi alla destra di Harlan.

In seguito nel 1891, il parere di Fuller per la Corte in Leeper v. Texas si riferì di nuovo a «uguale... giustizia... ai sensi della legge».[8] Come Caldwell, il parere di Leeper fu unanime, al contrario dei notevoli disaccordi della Corte presieduta da Fuller su questioni di uguaglianza registrati in altri casi come Plessy v. Ferguson.[9]

Sia in Caldwell che in Leeper, le incriminazioni per omicidio erano contestate perché, a quanto si asseriva, davano un avviso inadeguato dei reati che venivano contestati. La Corte dichiarò legittime le incriminazioni perché seguivano la forma richiesta dalla legge del Texas.[10] In un caso di nove anni dopo (Maxwell v. Dow), la Corte citò l'espressione equal... justice under... law che aveva usato in Caldwell e Leeper, per puntualizzare che lo Utah poteva ideare la propria procedura penale, fino a quando i convenuti sono «trattati legalmente con lo stesso tipo di procedura e ... hanno lo stesso tipo di processo, ed è assicurata loro l'uguale tutela delle leggi.»[11]

Nel caso del 1908 di Ughbanks v. Armstrong, la Corte Fuller tuttavia discusse di nuovo il Quattordicesimo emendamento in termini simili, stavolta però menzionando le pene: «Il suddetto emendamento non era inteso limitare, né limita i poteri di uno Stato nel trattare un reato commesso all'interno dei suoi confini o la relativa pena, sebbene nessuno Stato possa privare particolari persone o classi persone di una uguale e imparziale giustizia ai sensi della legge.»[12]

Ughbanks era un caso di furto con scasso, e il parere fu scritto per la Corte dal giudice Rufus Peckham, mentre il giudice John Marshall Harlan fu l'unico dissenziente. La Corte in seguito avrebbe respinto l'idea che il Quattordicesimo emendamento non limita le pene (vedi il caso del 1962 di Robinson v. California).

Negli anni a partire dal trasferimento nel suo attuale palazzo, la Corte suprema ha spesso collegato le parole «uguale giustizia in base alla legge» al Quattordicesimo emendamento. Ad esempio, nel caso del 1958 di Cooper v. Aaron, la Corte disse: «La Costituzione creò un governo dedicato a un'uguale giustizia in base alla legge. Il Quattordicesimo emendamento incarnava ed enfatizzava quell'ideale.»[13][14]

Le parole «uguale giustizia ai sensi della legge» non sono nella Costituzione, che invece dice che nessuno Stato «nega ad alcuna persona all'interno della sua giurisdizione l'uguale protezione delle leggi.»[15] Da una prospettiva architettonica, il principale vantaggio della prima frase sulla seconda era la brevità — la Clausola di uguale protezione non era abbastanza breve da entrare sul frontone data la dimensione delle lettere da utilizzare.

Un'antica tradizione[modifica | modifica wikitesto]

Pericle, statista e generale greco

Nell'orazione funebre che pronunciò nel 431 a.C., il capo ateniese Pericle incoraggiò a credere in quella che noi ora chiamiamo uguale giustizia ai sensi della legge.[16] Così, quando il presidente Fuller scrisse il suo parere in Caldwell v. Texas, non era affatto il primo a discutere il concetto.[17] Ci sono parecchie diverse traduzioni inglesi del passaggio relativo nella traduzione funebre di Pericle.

Ecco Pericle che discute l'«uguale giustizia» secondo la traduzione inglese di Richard Crawley nel 1874:

(EN)

«Our constitution does not copy the laws of neighbouring states; we are rather a pattern to others than imitators ourselves. Its administration favours the many instead of the few; this is why it is called a democracy. If we look to the laws, they afford equal justice to all in their private differences; if no social standing, advancement in public life falls to reputation for capacity, class considerations not being allowed to interfere with merit; nor again does poverty bar the way, if a man is able to serve the state, he is not hindered by the obscurity of his condition.»

(IT)

«La nostra costituzione non copia le leggi degli stati vicini; anzi siamo noi un esempio per gli altri piuttosto che imitatori noi stessi. La sua amministrazione favorisce i molti invece dei pochi; ecco perché si chiama democrazia. Se guardiamo le leggi, esse garantiscono uguale giustizia a tutti nelle loro divergenze private; se non vi è la stima sociale, l'avanzamento nella vita pubblica dipende dalla reputazione per le proprie capacità, non essendo permesso a considerazioni di classe di interferire con il merito; né d’altronde la povertà ostacola la strada, se un uomo è in grado di servire lo stato, non è impedito dall'oscurità della sua condizione.»

La traduzione inglese di Benjamin Jowett del 1881 parimenti faceva dire a Pericle: «la legge assicura uguale giustizia a tutti allo stesso modo nelle loro dispute private».[19] E la traduzione inglese di Rex Warner del 1954 faceva dire a Pericle: «esiste uguale giustizia per tutti e allo stesso modo nelle loro dispute private».[20] L'orazione funebre di Pericle fu pubblicata in La storia della guerra del Peloponneso, della quale esistono varie traduzioni in tutte le lingue.

Come citato sopra, Pericle diceva che la ricchezza o l'importanza di una persona non dovrebbe influenzare la sua idoneità per il pubblico impiego o incidere sulla giustizia che riceve. Simikmente, il presidente della Corte suprema Hughes difese l'iscrizione «equal justice under law» riferendosi al «giuramento d'ufficio» (oath of office) giudiziario, ossia quello prestato dai magistrati quando assumono l'ufficio, che richiede ai giudici di «amministrare la giustizia senza guardare in faccia a nessuno, e rendere uguale giustizia ai poveri e ai ricchi».[3] Decenni dopo, il giudice della Corte suprema Thurgood Marshall fece un punto simile: «I principi che avrebbero guidato con 10.000 dollari in palio dovrebbero guidare anche quando le migliaia sono diventate miliardi. Questa è l'essenza della uguale giustizia ai sensi della legge.»[21][22]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Pusey, Merlo, Charles Evans Hughes, vol. 2, Columbia University Press, 1963, p. 689.
  2. ^ Scheda informativa sul Frontone Occidentale Archiviato il 27 giugno 2017 in Internet Archive. attraverso il sito della Corte suprema degli Stati Uniti. A quel tempo, gli altri membri della Commissione erano il senatore Henry W. Keyes, il senatore James A. Reed, il deputato Richard N. Elliott, il deputato Fritz G. Lanham e l'architetto del Campidoglio David Lynn. Vedi Liu, Honxia, Court Gazing: Features of Diversity in the Supreme Court Building (PDF), in Court Review, inverno 2004. URL consultato il 27 novembre 2018 (archiviato dall'url originale il 2 marzo 2012).
  3. ^ a b McGurn, Barrett., Slogans to Fit the Occasion (PDF), in United States Supreme Court Yearbook, 1982, pp. 170-174. URL consultato il 27 novembre 2018 (archiviato dall'url originale il 26 febbraio 2013).
  4. ^ Goodwin, Priscilla, A Closer Look at the Bronze Courtroom Gates, in Supreme Court Quarterly, vol. 9, 1988, p. 8.
  5. ^ Peccarelli, Anthony, The Meaning of Justice, DuPage County Bar Association BriefMarch, 2000. URL consultato il 28 luglio 2010 (archiviato dall'url originale il 3 febbraio 2007).
  6. ^ Caldwell v. Texas, 137 U.S. 692 (1891).
  7. ^ Cabraser, Elizabeth, The Essentials of Democratic Mass Litigation, in Columbia Journal of Law & Social Problems, estate del 2012, pp. 499, 500.
  8. ^ Leeper v. Texas, 139 U.S. 462 (1891). Il parere di Fuller in Leeper affermava: "Deve ritenersi stabilito che...in base al Quattordicesimo emendamento i poteri degli Stati nell'affrontare i reati all'interno dei loro confini non siano limitati, tranne per il fatto che nessuno Stato può privare particolari persone, o classi di persone, di una giustizia equa e imparziale ai sensi della legge; che la legge nel suo corso regolare di amministrazione attraverso le corti di giustizia è il giusto processo, e quando è assicurato dalla legge dello Stato il requisito costituzionale è soddisfatto; e che il giusto processo è così assicurato da leggi che operano su tutti allo stesso, e che non assoggettano l'individuo all'esercizio arbitrario dei poteri di governo non trattenuti dai principi consolidati del diritto privato e della giustizia distributiva."
  9. ^ A parte Fuller, i membri della Corte nel 1891 erano i seguenti: Joseph P. Bradley, Stephen Johnson Field, John Marshall Harlan, Horace Gray, Samuel Blatchford, Lucius Quintus Cincinnatus Lamar, David Josiah Brewer ed Henry Billings Brown. La Corte di Fuller ebbe i disaccordi più famosi sulle questioni di uguaglianza in Plessy v. Ferguson, 163 U.S. 537 (1896).
  10. ^ Stuntz, William, The Collapse of American Criminal Justice, Harvard U. Press, 2011, p. 124.
  11. ^ Maxwell v. Dow, 176 U.S. 581 (1900); il giudice Peckham scrisse il parere della Corte, e il giudice Harlan fu l'unico dissenziente. Harlan sostenne che una persona non può essere processata per un reato infame da una giuria di meno di dodici persone, invece degli otto giurati ammessi nello Utah. Molti anni dopo, in Williams v. Florida, 399 U.S. 78 (1970), la Corte sostenne che sei giurati sono sufficienti.
  12. ^ Ughbanks v. Armstrong, 208 U.S. 481 (1908).
  13. ^ Cooper v. Aaron, 358 U.S. 1 (1958).
  14. ^ Mack, Raneta e Kelly, Michael, Equal Justice in the Balance: America's Legal Responses to the Emerging Terrorist Threat, U. Mich. Press, 2004, p. 16.
  15. ^ Feldman, Noah, Scorpions: The Battles and Triumphs of FDR's Great Supreme Court Justices, Hachette Digital, 2010, p. 145.
  16. ^ Rice, George, Law for the Public Speaker: Legal Aspects of Public Address, Christopher Pub. House, 1958, p. 171.
  17. ^ Vedi, ad es., Yick Wo v. Hopkins, 118 U.S. 356 (1886): «Benché la legge stessa sia a prima vista equa e in apparenza imparziale, tuttavia, se è applicata e amministrata dalla pubblica autorità con occhio malvagio e mano iniqua, così da fare praticamente discriminazioni ingiuste e illegali tra persone in circostanze simili, essenziali per i loro diritti, il diniego di un'uguale giustizia ricade ancora nella proibizione della Costituzione.»
  18. ^ Tucidide, La storia della guerra del Peloponneso Archiviato il 30 marzo 2012 in Internet Archive., scritto nel 431 a.C., tradotto da Richard Crawley (1874), consultato via Progetto Gutenberg.
  19. ^ Jowett, Benjamin, Thucydides, translated into English, to which is prefixed an essay on inscriptions and a note on the geography of Thucydides, 2ª ed., Oxford, Clarendon Press, 1900. URL consultato il 28 luglio 2010 (archiviato dall'url originale il 7 giugno 2016).
    «Our form of government does not enter into rivalry with the institutions of others. We do not copy our neighbours, but are an example to them. It is true that we are called a democracy, for the administration is in the hands of the many and not of the few. But while the law secures equal justice to all alike in their private disputes, the claim of excellence is also recognised; and when a citizen is in any way distinguished, he is preferred to the public service, not as a matter of privilege, but as the reward of merit. Neither is poverty a bar, but a man may benefit his country whatever be the obscurity of his condition.»
    «La nostra forma di governo non entra in competizione con le istituzioni degli altri. Noi non copiamo i nostri vicini, ma siamo un esempio per loro. È vero che siamo chiamati una democrazia, perché l'amministrazione è nelle mani dei molti e non dei pochi. Ma mentre la legge assicura uguale giustizia a tutti allo stesso modo, si riconosce anche il diritto dell'eccellenza; e quando un cittadino si distingue in qualsiasi modo, è preferito per il servizio pubblico, non come una questione di privilegio, ma come la ricompensa del merito. Né la povertà è di ostacolo, ma un uomo può essere di beneficio al suo paese qualunque sia l'oscurità della sua condizione.»
  20. ^ Orazione funebre di Pericle, tradotta da Rex Warner (1954), via wikisource: «Our form of government does not enter into rivalry with the institutions of others. Our government does not copy our neighbors', but is an example to them. It is true that we are called a democracy, for the administration is in the hands of the many and not of the few. But while there exists equal justice to all and alike in their private disputes, the claim of excellence is also recognized; and when a citizen is in any way distinguished, he is preferred to the public service, not as a matter of privilege, but as the reward of merit. Neither is poverty an obstacle, but a man may benefit his country whatever the obscurity of his condition.»
    «La nostra forma di governo non entra in competizione con le istituzioni degli altri. Il nostro governo non copia quello dei nostri vicini, ma è un esempio per loro. È vero che siamo chiamati una democrazia, perché l'amministrazione è nelle mani dei molti e non dei pochi. Ma mentre esiste uguale giustizia per tutti e allo stesso modo nelle loro dispute private, si riconosce anche il diritto dell'eccellenza; e quando un cittadino si distingue in qualsiasi modo, è preferito per il servizio pubblico, non come una questione di privilegio, ma come la ricompensa del merito. Né la povertà è di ostacolo, ma un uomo può essere di beneficio al suo paese qualunque sia l'oscurità della sua condizione.»
  21. ^ Pennzoil v. Texaco, 481 U.S. 1 (1987) (Thurgood Marshall, che concorreva nel giudizio).
  22. ^ How To Handle A Texas-sized Lawsuit, in Chicago Tribune, 11 aprile 1987.