Consiglio Superiore degli Ulema (Marocco)

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Il Consiglio Superiore degli Ulema è un'istituzione del Marocco creata nel 1981 avente per scopo sostenere la politica religiosa musulmana del Marocco.

Nel 2009, il re Mohammed VI si è rivolto al consiglio in questi termini: « Ci attendiamo da loro che, con l'aiuto e il sostegno di Dio, e con le scontate efficienza e la costanza, possano condurre a buon fine la missione che abbiamo loro affidato in materia di predicazione, sensibilizzazione e orientamento»[1].

Quadro giuridico[modifica | modifica wikitesto]

Creato nel 1981, il Consiglio degli Ulema non si è mai riunito prima degli anni 2000[2]. Nel maggio 2004, la sua composizione è stata modificata con la nomina di una donna e di membri che non sono esclusivamente presidenti dei consigli locali degli ulema[2].

Il Consiglio Superiore degli Ulema apparve per la prima volta nella Costituzione con l'articolo 41 della Costituzione marocchina del 2011[3]. Presieduto dal re del Marocco, esso ha il monopolio delle « consultazioni religiose (fatwe) che devono essere ufficialmente accreditate »[4].

Pronunciamenti[modifica | modifica wikitesto]

  • nell'aprile 2012, in risposta a una domanda del Ministero degli Ḥabūs, il Consiglio superiore degli ulema redasse una Fatwā secondo cui, in linea con la tradizione, il musulmano che commette apostasia merita la pena di morte[5]; la fatwa fu poi pubblicata nel 2013 in una raccolta[6][7] e ripresa dal quotidiano Akhbar Al Youm nell'aprile 2013, suscitando una discussione;
  • nel novembre 2015, a seguito degli attentati di Parigi di matrice islamista, il Concilio ha pubblicato una fatwa chiarendo il significato di Jihād, indicando che il ricorso alla violenza è da considerarsi l'ultima ratio e deve comunque essere stabilito dall'autorità competente, altrimenti equivale a terrorismo[8];
  • nel febbraio 2017, nella fatwa intitolata la via degli eruditi, il Consiglio ha ribaltato la precedente sentenza che prescriveva l'uccisione dell'apostata, ritenendo che l'hadith della sunna su cui essa si basava andava contestualizzato e riferito all'alto tradimento e non esteso alla decisione di cambiare religione[9][10].

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Gli ulema hanno storicamente avuto un ruolo politico significativo in Marocco, anche se non erano mai stati organizzati in un corpo amministrativo.

Nel corso degli anni il ruolo degli ulema quale contro-potere si è ridotto sempre più. Il consiglio degli ulema è una conseguenza del ruolo da essi assunto.

Esso si ispira ad analoghe istituzioni già esistenti in altri Paesi dell'Africa francofona, come l'Alto Consiglio Islamico d'Algeria e quello della Mauritania, il Consiglio degli ulema della Repubblica delle Comore, eccetera.[3].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ http://zamane.ma/fr/a-quoi-servent-les-oulemas/
  2. ^ a b Chafik Laâbi, État et religion, comment lire les changements annoncés Archiviato il 14 febbraio 2018 in Internet Archive., La Vie éco, 7 maggio 2004
  3. ^ a b André Cabanis, « Autour de la constitution marocaine : les permanences, les évolutions programmées, les éléments de rupture », in Abdelhak Azzouzi (dir.), « Annuaire marocain de la stratégie et des relations internationales », L'Harmattan, 2012, Volume 2, pag. 1012
  4. ^ Costituzione del Marocco del 2011, (in francese), pag. 1910.
  5. ^ Conseil Supérieur des Oulémas : peine de mort pour les Marocains musulmans qui changent de religion Archiviato il 12 gennaio 2018 in Internet Archive., Akhbar Al Youm
  6. ^ Apostasie/peine de mort : les explications du Conseil Supérieur des Oulémas Archiviato il 12 gennaio 2018 in Internet Archive., Lakome, 16 aprile 2013
  7. ^ «Se un musulmano cambia religione deve essere condannato a morte». La fatwa degli ulema in Marocco, Tempi, 25 aprile 2013
  8. ^ Morocco’s Higher Council of Ulemas Issues Fatwa on the True Jihad in Islam, 16 novembre 2015
  9. ^ Marocco, il Consiglio dei religiosi: «Liberi di lasciare l'Islam», 7 febbraio 2017
  10. ^ Marocco, niente più condanna a morte per chi vuole uscire dall'Islam, il Messaggero, 7 febbraio 2017

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]