Codice ebraico

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I nomi delle persone assassinate al Museo dell'Olocausto di Sereď

Il Codice ebraico (in slovacco: Židovský kódex) fu il decreto governativo del governo Tuka emanato il 9 settembre 1941,[1] ispirato alle Leggi di Norimberga.[2] Le norme contenute nei suoi 270 paragrafi sono state considerate dagli studiosi più crudeli e restrittive di quelle di Norimberga[3][4][5]. Con la collaborazione tra il governo slovacco e il regime nazista, in virtù di questo codice furono assassinate oltre 60000 persone.[6] Secondo le stime di Yad Vashem, nelle persecuzioni in Slovacchia sarebbero morti complessivamente 69500 dei circa 90000 ebrei.[7]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il Codice segnò la transizione della questione ebraica in Slovacchia dalla tradizionale prospettiva religiosa a quella «razziale».[8] Nell'ottica razziale la legge definiva ebreo ogni cittadino discendente da almeno tre nonni di fede ebraica non battezzati prima del 20 aprile 1939. Le persone così individuate dovevano indossare una stella di David gialla e perdevano i loro diritti: l'elettorato attivo e passivo, la libertà di frequentare teatri, stabilimenti balneari, parchi e altre strutture pubbliche, il diritto a lavorare come impiegati statali, come medici, ad esercitare le arti, a svolgere attività editoriali. Il matrimonio tra ebrei o meticci e non ebrei fu vietato. Chi violava tali disposizioni era punito con la reclusione da tre a cinque anni. La legge consentiva al capo dello Stato Jozef Tiso di esonerare da queste restrizioni persone benemerite o quelle da impiegare per necessità urgenti di economia nazionale.[9]

Oltre a privare gli ebrei slovacchi dei diritti, il Codice pose le condizioni per la loro deportazione.[10]

Secondo lo storico ed esperto dell'Europa dell'Est Jörg Konrad Hoensch, un terzo degli ebrei slovacchi fu risparmiato dalla deportazione e dallo sterminio grazie ad una distribuzione generosa di certificati di esenzione o di lettere di protezione.[8] La storica Tatjana Tönsmeyer cita in proposito, sottoponendola a critica, la cifra di 35000 ebrei[11] che nel 1942 sarebbero stati in possesso di tali lettere, usata più volte da storici slovacchi in esilio come Milan Stanislav Ďurica.[12] Tale cifra proviene essenzialmente da un telegramma spedito il 26 giugno 1942 dal terzo inviato diplomatico tedesco a Bratislava Hanns Ludin al ministero degli Esteri del Reich, nel quale il funzionario dava notizia dello stallo delle deportazioni degli ebrei slovacchi ad Auschwitz. Il documento riporta testualmente:

(DE)

«Die Durchführung der Evakuierung der Juden aus der Slowakei ist im Augenblick auf einem Toten Punkt angelangt. Bedingt durch kirchliche Einflüsse und durch die Korruption einzelner Beamter haben etwa 35.000 Juden Sonderlegitimationen erhalten, auf Grund deren sie nicht evakuiert zu werden brauchen.[13]»

(IT)

«L'attuazione dell'evacuazione degli ebrei dalla Slovacchia è al momento a un punto morto. A causa dell'influenza della Chiesa e della corruzione di alcuni funzionari, circa 35000 ebrei hanno ottenuto permessi speciali sulla cui base non vanno evacuati.»

La determinazione esatta del numero dei certificati di esenzione e delle lettere di protezione rilasciati è difficile, dato che nel dopoguerra l'archivio interessato fu più volte ispezionato e depredato dalle autorità cecoslovacche, e molti documenti importanti andarono perduti.[14] Ernest Žabkay, difensore di Tiso davanti al tribunale del popolo nel 1947, riporta nelle sue memorie che il presidente del tribunale Igor Daxner si oppose alle indagini sul numero delle lettere di protezione effettivamente emesse.[15]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Documenti del governo della Repubblica slovacca in 198/1941 Sl.z. Nariadenie zo dňa 9. septembra 1941 o právnom postavení Židov (PDF), su upn.gov.sk.
  2. ^ Commemorato venerdì il 75º anniversario dell'emissione delle leggi antisemite, su Buongiorno Slovacchia, 13 settembre 2016. URL consultato il 26 ottobre 2023 (archiviato dall'url originale il 31 luglio 2018).
  3. ^ 9. september 1941 – vydanie tzv. Židovského kódexu (nariadenia č. 198/1941 Slov. z. o právnom postavení Židov), su upn.gov.sk. URL consultato il 3 novembre 2023.
  4. ^ The JUST Act Report: Slovakia, su state.gov. URL consultato il 3 novembre 2023.
  5. ^ Slovakia Officially Apologizes for Antisemitic Laws During World War II, su haaretz.com. URL consultato il 3 novembre 2023.
  6. ^ Le potenze dell’Asse e l’Olocausto, su encyclopedia.ushmm.org. URL consultato il 23 ottobre 2023.
  7. ^ (EN) Slovakia: Historical Background during the Holocaust, su yadvashem.org. URL consultato il 27 ottobre 2023.
  8. ^ a b Jörg K. Hoensch, Studia Slovaca. Studien zur Geschichte der Slowaken und der Slowakei. Festgabe zu seinem 65. Geburtstag, Monaco di Baviera, Oldenbourg, 2000, p. 273, ISBN 3-486-56521-4.
  9. ^ Igor-Philip Matić, Edmund Veesenmayer. Agent und Diplomat der nationalsozialistischen Expansionspolitik, München, Oldenbourg, 2002, p. 175, ISBN 3-486-56677-6.
  10. ^ Peter Heumos, Die Emigration aus der Tschechoslowakei nach Westeuropa und dem Nahen Osten. 1938–1945. Politisch-soziale Struktur, Organisation und Asylbedingungen der tschechischen, jüdischen, deutschen und slowakischen Flüchtlinge während des Nationalsozialismus. Darstellung und Dokumentation, n. 63, Oldenbourg, München, Veröffentlichungen des Collegium Carolinum, 1989, p. 106, ISBN 3-486-54561-2.
  11. ^ Cfr. Milan Stanislav Ďurica, Dejiny Slovenska a Slovákov., 2ª ed., Bratislava, Slovenské pedagogické nakladateľstvo, 1996, p. 163, ISBN 80-08-01427-X., anche in Ďurica, pp. 378, 393
  12. ^ Tatjana Tönsmeyer, Das Dritte Reich und die Slowakei 1939–1945. Politischer Alltag zwischen Kooperation und Eigensinn., Paderborn, Schöningh, 2003, p. 149, ISBN 3-506-77532-4.
  13. ^ Gabriel Hoffmann, Zamlčaná pravda o Slovensku, Partizánske, Garmond, 1996, p. 667, ISBN 80-85587-04-1.
  14. ^ Ďurica, p. 382.
  15. ^ Anton Rašla e Ernest Žabkay, Proces s dr. J. Tisom. Spomienky., Bratislava, Tatrapress, 1990, p. 212, ISBN 80-85260-03-4.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]