Chiesa dei Santi Benedetto e Scolastica all'Argentina

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Chiesa dei Santi Benedetto e Scolastica
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StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneLazio
LocalitàRoma
Coordinate41°53′48.55″N 12°28′34.5″E / 41.89682°N 12.47625°E41.89682; 12.47625
Religionecattolica di rito romano
TitolareBenedetto e Scolastica da Norcia
Diocesi Roma
Completamento1625
Sito webwww.nursini.org/
Interno

La chiesa dei Santi Benedetto e Scolastica all'Argentina è un luogo di culto cattolico di Roma, nel rione Sant'Eustachio, in via di Torre Argentina, al pianterreno di palazzo Lucarucci.

Storia e tradizioni[modifica | modifica wikitesto]

Essa è chiesa regionale dei nursini[1], che agli inizi del XVII secolo fondarono a Roma un'arciconfraternita intitolata ai due santi fratelli nati a Norcia costruendo un oratorio nel 1625: la confraternita fu approvata da papa Paolo V nel 1615 e da papa Gregorio XV nel 1623. Un membro della confraternita, Pier Matteo Lucarucci, morendo, lasciò alla stessa un proprio immobile (dove essa già si riuniva, al piano terreno), dando così la possibilità al sodalizio di allargare l'oratorio e trasformarlo in chiesa[2].

La chiesa è conosciuta anche con il nome di San Benedetto della ciambella; così Marcello Armellini spiega questo curioso nome:

«… il cardinale della Valle, incapricciandosi di cavar tesoro, fece cavare nelle terme di M. Agrippa nelle quali vi trovò una gran corona civica imperiale di metallo dorato, e perché avea simiglianza di certe ciambelle che a quel tempo si vedevano per Roma, quelli cavatori dissero: ecco una ciambella; e per avere la mancia corsero al cardinale dicendoli: havemo trovato una ciambella di bronzo, e di lì a poco venendoci ad abitare un oste fece per insegna la detta ciambella; ed in questo modo è stato sempre chiamato la ciambella»

La chiesa fu spogliata della maggior parte delle sue ricche opere dai francesi nel 1798 e dalla Repubblica romana nel 1849 e per questo più volte restaurata dai papi Pio IX e Leone XIII. Nella spoliazione effettuata dai francesi ne andò disperso anche l'archivio.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

La chiesa è priva di facciata propria; il suo ingresso, costituito da un elegante portale sormontato da un tondo recante l'iscrizione in latino «Divis Benedicto et Scholasticae patronis ordo et populus nursinus» (in italiano: «La magistratura ed il popolo di Norcia ai santi patroni Benedetto e Scolastica»), è inserito all'interno del prospetto su via di Torre Argentina dell'antico palazzo Lucarucci.

L'interno è a unica navata, con finte colonne dipinte alle pareti, e la scritta «Felix Nursiae tellus quae talem genuit alumnun» (in italiano: «O fortunata terra di Norcia che ha generato un tale figlio»); vi sono poi raffigurati dipinti e decorazioni ottocentesche dei papi restauratori. La navata è divisa in due campata da un arco poggiante su semipilastri: quella dedicata ai fedeli con copertura a botte mentre quella del presbiterio è a copertura piana.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Da Norcia venivano tradizionalmente, a Roma, i macellai di maiali (tanto che, per antonomasia, il pizzicagnolo veniva chiamato "norcino"). Questa attività ebbe carattere di migrazione stagionale legata alla macellazione annuale del maiale - da ottobre a marzo - fino alla diffusione generale dei frigoriferi industriali dopo gli anni cinquanta (il maiale infatti non veniva commerciato nella stagione calda, e chi scrive ricorda ancora una bottega, a Campo de' Fiori, dove d'inverno si vendeva maiale, e d'estate pantofole). Si veda, per documentazione, qui Archiviato il 31 agosto 2010 in Internet Archive.
  2. ^ Nell'annuario Archiviato il 27 maggio 2008 in Internet Archive. delle chiese di Roma tenuto dalla diocesi, la chiesa, è annessa all'arciconfraternita dei Santi Benedetto e Scolastica, ed è classificata tra le 60 "basiliche minori".
  3. ^ La via vicina mantiene il nome di Via dell'Arco della Ciambella: l'arco era un residuo delle costruzioni delle Terme di Agrippa, e fu demolito nel 1621; la ciambella era di certo un'insegna di osteria o locanda, probabilmente precedente agli scavi citati. Scomparsi entrambi da qualche secolo, il nome è rimasto (si veda in Rendina-Paradisi, Le strade di Roma, 2003).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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