Autoscopia: differenze tra le versioni

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Per '''autoscopia''' s'intende il fenomeno psicologico per il quale un individuo ha visione del proprio corpo (o delle vicinanze) da una posizione esterna a quest'ultimo.<ref>{{Cita web|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/autoscopia|titolo=autoscopia nell'Enciclopedia Treccani|sito=www.treccani.it|lingua=it-IT|accesso=2022-07-16}}</ref> Il termine deriva dalle parole [[Lingua greca antica|greche]] ''αὐτός'' (sé) e ''σκοπέω'' (osservo), quindi è definibile come l'atto di "osservare sé stessi".
Per '''autoscopia''' s'intende il fenomeno psicologico per il quale un individuo ha visione del proprio corpo (o delle vicinanze) da una posizione esterna a quest'ultimo.<ref>{{Cita web|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/autoscopia|titolo=autoscopia nell'Enciclopedia Treccani|sito=www.treccani.it|lingua=it-IT|accesso=2022-07-16}}</ref> Il termine deriva dalle parole [[Lingua greca antica|greche]] ''αὐτός'' (sé) e ''σκοπέω'' (osservo), quindi è definibile come l'atto di "osservare sé stessi".


L'autoscopia fu descritta inizialmente dal filosofo greco [[Aristotele]] nel trattato [[Meteorologica|''Meteorologica'']]<ref>Specificatamente, Aristotele ne parla nel III libro dell'opera.</ref>, ma il fenomeno viene anche illustrato da [[Publio Ovidio Nasone|Ovidio]] ne [[Le metamorfosi (Ovidio)|''Le metamorfosi'']]<ref>Più precisamente, tramite il mito di [[Narciso (mitologia)|Narciso]]. Quest'ultimo, rimirandosi attraverso lo specchio d'acqua, pensa di osservare una persona diversa da sé.</ref> e da [[Tito Maccio Plauto|Plauto]] nella commedia [[Anfitrione (Plauto)|''Anfitrione'']].
L'autoscopia fu descritta inizialmente dal filosofo greco [[Aristotele]] nel trattato [[Meteorologica|''Meteorologica'']]<ref>Specificatamente, Aristotele ne parla nel III libro dell'opera.</ref>, ma viene anche illustrata da [[Publio Ovidio Nasone|Ovidio]] ne [[Le metamorfosi (Ovidio)|''Le metamorfosi'']]<ref>Più precisamente, tramite il mito di [[Narciso (mitologia)|Narciso]]. Quest'ultimo, rimirandosi attraverso lo specchio d'acqua, pensa di osservare una persona diversa da sé.</ref> e da [[Tito Maccio Plauto|Plauto]] nella commedia [[Anfitrione (Plauto)|''Anfitrione'']]. [[Fëdor Dostoevskij]] contribuì nella divulgazione del fenomeno attraverso la sua opera [[Il sosia (Dostoevskij)|''Il sosia'']].<ref>{{Cita pubblicazione|nome=Francesca|cognome=Anzellotti|nome2=Valeria|cognome2=Onofrj|nome3=Valerio|cognome3=Maruotti|data=2011|titolo=Autoscopic phenomena: case report and review of literature|rivista=Behavioral and Brain Functions|volume=7|numero=1|pp=2|lingua=en|accesso=2022-07-25|doi=10.1186/1744-9081-7-2|url=http://behavioralandbrainfunctions.biomedcentral.com/articles/10.1186/1744-9081-7-2}}</ref>


== Note ==
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Versione delle 15:36, 25 lug 2022

Per autoscopia s'intende il fenomeno psicologico per il quale un individuo ha visione del proprio corpo (o delle vicinanze) da una posizione esterna a quest'ultimo.[1] Il termine deriva dalle parole greche αὐτός (sé) e σκοπέω (osservo), quindi è definibile come l'atto di "osservare sé stessi".

L'autoscopia fu descritta inizialmente dal filosofo greco Aristotele nel trattato Meteorologica[2], ma viene anche illustrata da Ovidio ne Le metamorfosi[3] e da Plauto nella commedia Anfitrione. Fëdor Dostoevskij contribuì nella divulgazione del fenomeno attraverso la sua opera Il sosia.[4]

Note

  1. ^ autoscopia nell'Enciclopedia Treccani, su www.treccani.it. URL consultato il 16 luglio 2022.
  2. ^ Specificatamente, Aristotele ne parla nel III libro dell'opera.
  3. ^ Più precisamente, tramite il mito di Narciso. Quest'ultimo, rimirandosi attraverso lo specchio d'acqua, pensa di osservare una persona diversa da sé.
  4. ^ (EN) Francesca Anzellotti, Valeria Onofrj e Valerio Maruotti, Autoscopic phenomena: case report and review of literature, in Behavioral and Brain Functions, vol. 7, n. 1, 2011, pp. 2, DOI:10.1186/1744-9081-7-2. URL consultato il 25 luglio 2022.
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