Vaso di Uruk
Vaso di Uruk | |
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Il vaso di Warka esposto nel museo nazionale iracheno | |
Autore | sconosciuto |
Data | 3200-3000 a.C. |
Materiale | alabastro |
Dimensioni | 105×36 cm |
Ubicazione | Museo nazionale iracheno |
Il vaso di Uruk (detto anche vaso di Warka) è un sottile vaso di alabastro scolpito, rinvenuto fra le rovine del complesso del tempio della dea sumera Inanna dell'antica città di Uruk, nell'Iraq meridionale. La sua eccezionalità è dovuta — come la "mangiatoia di Uruk" e la tavoletta di Narmer egizia — al fatto di essere una delle prime opere note di scultura in rilievo raffigurante una sorta di narrativa[1]; è datata circa al 3200-3000 a.C.[2] Di contro, sculture semplici sono note anche da periodi di molto precedenti, ad esempio dal sito di Göbekli Tepe, risalente al 9000 a.C. circa.
Descrizione
[modifica | modifica wikitesto]La decorazione del vaso è suddivisa in quattro ordini distinti i cui rilievi si svolgono dal basso verso l'alto.
Il registro di fondo raffigura la vegetazione del delta del Tigri e dell'Eufrate, con i suoi canneti e le coltivazioni di grano. Gli elementi naturalistici di questa parte inferiore del vaso illustrano la presenza d'acqua e piante, palma da datteri, l'orzo e il grano. Al di sopra di questa vegetazione arieti e pecore si alternano mentre marciano in corteo, su una fila, presentati di profilo. La processione prosegue nel secondo registro, al centro, vi sono uomini nudi che trasportano coppe e ceste di offerte alimentari. Nella parte alta, infine, la processione si conclude nell'area del tempio dove è raffigurata la dea Inanna che accetta l'offerta votiva[3]. Inanna attende le offerte davanti ad un cancello (identificabile da due fasci di canna decorati con stendardi pendenti), nel suo santuario col magazzino riccamente riempito. Una figura nuda le offre una ciotola di frutta e grano. Il lugal di Uruk, vestito con una stoffa cerimoniale arrotolata intorno alla vita e una lunga cintura, è alla guida della processione e sta di fronte alla dea[4]. Questa scena potrebbe illustrare il matrimonio rituale tra la dea e Dumuzi, il suo consorte che assicura la continua vitalità di Uruk[3]. La raffigurazione sul vaso illustra una porzione della visione della natura secondo i Sumeri, che, secondo l'antropologa Susan Pollock, mostra come le gerarchie sociali e naturali fossero molto probabilmente tra loro simili nell'antica Mesopotamia[5].
La tematica iconografica del vaso è comune al periodo di Uruk III (chiamato anche periodo di Gemdet Nasr). Altri manufatti sono decorati con scene di offerte agli dei contenute in vasi; un sigillo cilindrico riporta, ad esempio, un dignitario seguito da altri uomini che offre una capra alla divinità e i vasi sul sigillo hanno fattezze simili a quelli rappresentati sul vaso di Uruk, così come le corna di una capra ricordano quelle rappresentate sulla stele degli avvoltoi[1]. Allo stesso modo, figure maschili nude sono rappresentate su sigilli dello stesso periodo mentre stanno compiendo ogni sorta di attività[6].
L'atto di offrire prodotti del raccolto alla dea (o a una sua sacerdotessa, come è stato a volte ipotizzato[7]), documenta, sul vaso di Uruk, l'esistenza di rituali di ringraziamento alla dea, fonte di abbondanza[8]. I frutti del raccolto precedente sono portati alla dea per affermare la gratitudine del suo popolo in un ciclo di donazioni reciproco, anticipando le elargizioni divine per l'anno successivo. Simili cerimonie sono state riscontrate nell'antico mondo mesopotamico, come più tardi, in periodo sargonide, nel festival di Enlil dove le ricche offerte testimoniavano della fertilità del passato anno e anticipavano quella della stagione a venire[9][10].
Scoperta
[modifica | modifica wikitesto]Il vaso fu scoperto in frammenti dagli assiriologi tedeschi durante la loro sesta stagione di scavi a Uruk nel 1933/1934. Il ritrovamento è stato registrato col numero W14873 nel quaderno di scavo della spedizione, che il 2 gennaio 1934 recitava: "Großes Gefäß aus Alabster, ca. 96 cm hoch mit Flachrelief" ("grande contenitore di alabastro, circa 96 cm di altezza con rilievi piatti")[11]. Il vaso, che mostrava segni di un'antica riparazione, era alto circa 1 metro[2]. Altre fonti parlano di un'altezza di 106 cm e con un diametro superiore di 36 cm[11][12].
Il vaso prende il suo nome dal moderno villaggio di Warka, nel governatorato di al-Muthanna, sul sito dell'antica Uruk dei Sumeri. Dell'originale è stato realizzato un calco in gesso e questa riproduzione è rimasta per molti decenni nella sala 5 del Vorderasiatisches Museum di Berlino[11].
Furto e restauro
[modifica | modifica wikitesto]Il vaso di Uruk è stato fra le migliaia di manufatti saccheggiati dal Museo nazionale iracheno durante l'invasione dell'Iraq del 2003. Nell'aprile del 2003[12] fu strappato con forza dalla base su cui era montato, spezzandosi alla base (il piede del vaso rimase attaccato alla base della vetrina frantumata)[13].
Il vaso fu successivamente restituito il 12 giugno 2003 da tre uomini non identificati, poco più che ventenni, alla guida di un veicolo Toyota rosso, alle porte del museo[14].
Dopo la restituzione, il vaso restò spezzato in 14 pezzi[15] e fu annunciato che sarebbe stato restaurato[16]. Un paio di fotografie di confronto[17], pubblicate dall'Istituto orientale dell'università di Chicago, mostrarono danni significativi alla parte superiore e inferiore dell'artefatto[18].
Il vaso di Uruk, interamente restaurato, dal 2015 è esposto al museo nazionale iracheno[19] col numero d'inventario IM19606[12].
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b (EN) Yağmur Heffron, Adam Stone e Martin Worthington, At the Dawn of History: Ancient Near Eastern Studies in Honour of J. N. Postgate, Penn State Press, 21 aprile 2017, p. 6, ISBN 978-1-57506-474-1. URL consultato il 10 marzo 2022.
- ^ a b (EN) Fred S. Kleiner e Mamiya, Christin J., Gardner's Art Through the Ages: The Western Perspective, vol. 1, 12ª ed., Belmont, California, USA, Thomson Wadsworth, 2006, pp. 20–21, ISBN 0-495-00479-0.
- ^ a b (EN) Marilyn Stokstad, Art History, Upper Saddle River, Pearson, 2018, pp. 30, ISBN 9780134479279.
- ^ (EN) Images of Enship, Between the Rivers and Over the Mountains, Università di Roma, pp. 201–209.
- ^ (EN) Susan Pollock, Ancient Mesopotamia: The Eden that Never Was, Cambridge, Cambridge University Press, 1999, pp. 189–191, ISBN 0521575680.
- ^ (FR) P. Amiet, La glyptique mésopotamienne antique, CNRS, 1980.
- ^ (EN) Daniel C. Snell (a cura di), A Companion to the Ancient Near East, John Wiley & Sons, 15 aprile 2008, p. 287.
- ^ (EN) Åke W. Sjöberg, A Hymn to Inanna and Her Self-Praise, in Journal of Cuneiform Studies, vol. 40, n. 2, 1988-09, p. 167, DOI:10.2307/1359660. URL consultato il 10 marzo 2022.
- ^ (EN) Richard L. Zettler e Walther Sallaberger, Inana's Festival at Nippur under the Third Dynasty of Ur, in Zeitschrift für Assyriologie und vorderasiatische Archäologie, vol. 101, n. 1, 2011-01, pp. 1–71, DOI:10.1515/za.2011.001. URL consultato il 10 marzo 2022.
- ^ (EN) Elizabeth C. Stone, Settlement and Society: Essays Dedicated to Robert McCormick Adams, ISD LLC,, 31 dicembre 2007, p. 131.
- ^ a b c (DE) Ralf B. Wartke, Eine Vermißtenliste (2): Die "Warka-Vase" aus Bagdad, n. 97, 26 aprile 2003, p. 39 (archiviato dall'url originale il 28 settembre 2007).
- ^ a b c (EN) Lost Treasures from Iraq - Warka Vase, su oi-archive.uchicago.edu, Oriental Institute, Chicago. URL consultato il 9 marzo 2022.
- ^ (EN) Museum Photos: Iraq Museum (Baghdad, 2003): tossed-over case with foot of Warka Vase, su oi-archive.uchicago.edu, Oriental Institute, Chicago. URL consultato il 9 marzo 2022 (archiviato dall'url originale il 5 febbraio 2012).
- ^ (EN) Ch. Lamb, Just 32 Prize Items Still Missing as Iraq’s Treasures Flood Back, in The Times, 15 giugno 2003. URL consultato il 9 marzo 2022 (archiviato dall'url originale l'8 giugno 2007).
- ^ (EN) Simon Jenkins, In Iraq's four-year looting frenzy, the allies have become the vandals, in The Guardian, Londra, 8 giugno 2007. URL consultato l'8 giugno 2007.
- ^ (EN) Mark Memmott, Iraqi museum to repair broken 5,000-year-old vase, in USA TODAY, 18 giugno 2003. URL consultato il 29 gennaio 2007.
- ^ (EN) Lost Treasures from Iraq - Fotografie del Warka Vase prima e dopo il furto, su oi-archive.uchicago.edu, Oriental Institute, Chicago. URL consultato il 9 marzo 2022.
- ^ (EN) Clemens D. Reichel, Iraq Museum Project (PDF), The Oriental Institute 2002–2003 Annual Report, 2002-2003. URL consultato il 9 marzo 2022 (archiviato dall'url originale il 21 maggio 2012).
- ^ (EN) 12 years later, Iraq’s national museum reopens, in The Columbian, 1º marzo 2015. URL consultato il 9 marzo 2022.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Vaso di Uruk
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- (EN) Jocelyn Prasad, Iraq Museum looting: 15 years on, 10 aprile 2018. URL consultato il 9 marzo 2022.
- (EN) Iraq Museum Database, su oi-archive.uchicago.edu, Oriental Institute, Chicago. URL consultato il 9 marzo 2022.