Utente:Zanekost/Sandbox/Chiesa di Sant'Eufemia

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Chiesa di Sant'Eufemia
Sant'Eufemia
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneVeneto
LocalitàVenezia
TitolareSante Eufemia, Dorotea, Tecla ed Erasma

La chiesa di Sant'Eufemia, è un edificio religioso della città di Venezia sull'isola della Giudecca.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

la chiesa è una delle più antiche di Venezia e certamente la più antica dell'isola della Giudecca. Tuttavia le origini non sono note con assoluta sicurezza. Secondo una tradizione potrebbe essere stata fondata nell'865 dalle antiche famiglie degli Iscoli, Selvi e Barbolani secolo, sotto il doge Orso Partecipazio[1]. Si trattava dei primi proprietari dell'isola di Spinalonga, come a quel tempo era era chiamata la Giudecca.

Un'altra tradizione ne attribuisce l'edificazione alla famiglia Dente nel 952[2]. La chiesa era dedicata alle Sante Eufemia, Dorotea, Tecla ed Erasma, un gruppo fittizio di vergini martirizzate sotto Nerone, il cui culto nasce ad Aquileia e si è esteso in Friuli, Veneto ed anche a Ravenna; talvolta identificate individualmente con altre sante omonime ma non aquileiesi[3][4].

Crocifissione con i dolenti, angeli e donatorici, antica lunetta gotica murata sopra il lato ovest del portico.

Risulta essere stata l'unica chiesa parrocchiale della Giudecca dalle origini fino all'inizio dell'Ottocento quando il riordino delle parrocchie veneziane decretato dal regno italico la relegò al ruolo di succursale del Redentore. Nel 1822 venne nuovamente elevata a parrocchia sotto il dominio asburgico. Oggi fa parte della comunità pastorale della giudecca assieme alle altre parrocchie.

Nonostante la vetustà dell'impianto non venne ma mai demolita e riedificata, come accadde a diverse altre chiese veneziane coeve, venne invece spesso ristrutturata. Di una ristrutturazione con l'aggiunta di alcuni elementi gotici, ora non rintracciabili, abbiamo notizia da una lapide murata su una parete laterale interna che ricorda la sua riconsacrazione il 3 settembre 1371. Era il giorno della ricorrenza delle quattro vergini e la data in cui furono ricevute le loro reliquie dal patriarca di Aquileia Giovanni Conte[5].

Altre ristrutturazioni ebbero luogo nel Seicento con la costruzione di altari barocchi portanti le relative pale tardo-manieriste[6] e poco dopo la metà del Settecento una sostanziale ristrutturazione portò alla decorazione a fresco dei soffitti delle navate centrale e la rifinitura a stucchi anche sulle arcate, oltre all'estensione dell'apparato iconografico.

Nel tardo Ottocento invece venne ristrutturato il portico esterno inserendovi le colonne tuscaniche che sorreggevano il barco nella vicina chiesa monacale dei Santi Biagio e Cataldo, già completamente spogliata e allora in corso di definitiva demolizione per costruirvi il nuovo grande Molino Stucky[7]. Dallo stesso complesso erano già state traslate anche le reliquie della beata Giuliana di Collalto fondatrice di quel convento.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Esterno[modifica | modifica wikitesto]

Mantenimento orientamento abside a levante e pianta basilicale.

Portico con le colonne dell'altro portico che sosteneva l'ambiente coro laterale della monache nei santi B&C, risistemato da Giorgio Massari [8]

Curioso è il tozzo campanile abbellito sul lato verso il Canale della Giudecca da un timpano e, sopra un cornicione, con la cella aperta da una ampia trifora e gli altri tre lati aperti da sole due più semplici finestre ad arco.

Interno[modifica | modifica wikitesto]

Sebbene la chiesa non sia stata depauperata dalle confische dl demanio francese mancano all'interno tutte le opere pittoriche mobili della fine del settecento (la Visitazione di Giambattista Canal, la Disputa con i dottori di Francesco Cappella, Celesti, la Fuga in Egitto e la Presentazione della Vergine di Giuseppe De Gobbis, la Natività, l'Adorazione dei Magi e un'Annunciazione di Jacopo Marieschi, un San Rocco, la Madonna in gloria e la Vergine con i santi Valentino, Vincenzo, Nicolò, Agnese, Lucia e le anime purganti di Antonio Zanchi) oltre una pala tardo manierista di Girolamo Pilotti (la Vergine con i santi Giovanni evangelista e Silvestro papa) e la perdita di qualche pittura a fresco più antica (il soffitto della cappella maggiore e quella del Rosario di Agostino Litterini) ricordate ancora dal Moschini nel 1815[9] e dal Paoletti e nel 1837[10].

L'apparato iconografico e la decorazione dell'interno rimangono comunque abbastanza ricchi.

Navata Destra[modifica | modifica wikitesto]

1) piccolo altare con la tavola di Bartolomeo Vivarini San Rocco e l'angelo sormontata della lunetta dello stesso con la Madonna col Bambino

2) cappella di Madonna del Rosario spogliata dai dipinti del Marieschi

3) pulpito ligneo e fonte battesimale

Abside[modifica | modifica wikitesto]

1 dx Cappella di Sant'Anna ora ridedicata alla beata Giuliana di Collalto dove se ne conserva il corpo entro l'urna, probabilmente la stessa disegnata da Giorgio Massari per la Chiesa dei Santi Biagio e Callalto[11]

2 presbiterio parete sx Ultima cena di Alvise Benfatto - parete dx Discesa della manna attribuito a Benedetto Caliari - altare madonna e quattro sante titolari del bassanese Bartolomeo Giorda

3 sx Capella di San Silvestro crocfisso recente al posto della pala del Pilotti (Vergine con i santi Giovanni evangelista e Silvestro papa)

urna molto simile a quella della beata Giuliana nella cappella opposta[11]

Navata sinistra[modifica | modifica wikitesto]

1 Altare degli scorzeri con pala Padre Eterno in gloria con Angeli e Santi Andrea, Pietro e Paolo urna rococò con commessi di marmi colorati qui posta nel 1757[12]

2 Altare dell’Addolorata con gruppo marmoreo della Pietà opera di Gianmaria Morlaiter

controfacciata[modifica | modifica wikitesto]

organo con cantoria di Pietro Bazzani 1730

Soffitti[modifica | modifica wikitesto]

1 navata centrale Sant'Eufemia in Gloria

2 n sx Battesimo di Sant'Eufemia

3 n dx Arrivo delle reliquie in laguna

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Basaldella 2000, p. 91.
  2. ^ Sansovino 1581, drl Sestiero di Dorsoduro, Libro VI, p. 90.
  3. ^ Pietro Burchi, Eufemia, Dorotea, Tecla ed Erasma, in Bibliotheca Sanctorum, vol. 5, Roma, Città Nuova, 1965, pp. 163-164.
  4. ^ Presenti ancora nel Martirologio Romano del 1954 ( Martirologio Romano, Roma, 1954, p. 227.) ne sono escluse nell'edizione del 2004.
  5. ^ Siusa
  6. ^ Martinioni 1663, p. 251.
  7. ^ Alvise Zorzi, Venezia scomparsa, 2ª ed., Milano, Electa, 1984 [1972], pp. 215.
  8. ^ Antonio Massari, Giorgio Massari : Architetto veneziano del Settecento, Vicenza, Neri Pozza, 1971, pp. 61-62.
  9. ^ Moschini 1815, pp. 352-354.
  10. ^ Paoletti 1837, 175-176.
  11. ^ a b Antonio Massari, Giorgio Massari : Architetto veneziano del Settecento, Vicenza, Neri Pozza, 1971, pp. 61, 62 nota 6.
  12. ^ Gradenigo citato in Antonio Massari, Giorgio Massari : Architetto veneziano del Settecento, Vicenza, Neri Pozza, 1971, p. 62, n. 6.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Francesco Sansovino, Venetia città nobilissima et singolare descritta in XIIII libri da M. Francesco Sansovino, Venezia, Iacomo Sansovino, 1581.
  • Francesco Sansovino e Giustiniano Martinioni [con aggiunta di], Venetia città nobilissima et singolare descritta in XIIII libri da M. Francesco Sansovino, Venezia, Steffano Curti, 1663.
  • Antonio Maria Zanetti, Descrizione di tutte le pubbliche pitture della citta' di Venezia e isole circonvicine: o sia Rinnovazione delle Ricche minere di Marco Boschini, colla aggiunta di tutte le opere, che uscirono dal 1674. sino al presente 1733., Venezia, Pietro Bassaglia al segno della Salamandra, 1733, pp. 371-372.
  • Flaminio Corner, Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia, e di Torcello …, Padova, Giovanni Manfrè, 1758, p. 437.
  • Giannantonio Moschini, Guida per la città di Venezia, II, Tipografia di Alvisopoli, 1815, pp. 352-354.
  • Ermolao Paoletti, Il fiore di Venezia, I, Venezia, Fontana, 1837-1840, pp. 175-176.
  • Giulio Lorenzetti, Venezia e il suo estuario, Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, 1963, p. 777.
  • Umberto Franzoi e Dina Di Stefano, Le chiese di Venezia, Venezia, Alfieri, 1976, pp. 278-279.
  • Gino Bortolan, Le chiese del Patriarcato di Venezia, Venezia, 1975, pp. 153-154.
  • Marcello Brusegan, Le chiese di Venezia - storia, arte, segreti, leggende, curiosità, Roma, Newton Compton, 2007.
  • Francesco Basaldella, Alla riscoperta di un tesoro sacro : le oreficerie della Chiesa di S. Eufemia della Giudecca, collana Quaderno di cultura giudecchina, vol. 9, Venezia, 1996.
  • Francesco Basaldella, Santa Eufemia: chiesa delle Sante Eufemia, Dorotea, Tecla ed Erasma, collana Quaderno di cultura giudecchina, vol. 13, Venezia, 2000.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]