Utente:Pas99/Sciopero delle donne islandesi del 1975

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Il 24 ottobre del 1975, si svolse lo Sciopero delle donne islandesi per dimostrare quanto fosse indispensabile il lavoro delle donne per l'economia islandese e la società[1][2] e per protestare per la disuguaglianza salariale e le ingiuste condizioni lavorative.[1][3] Le partecipanti non andarono a lavorare, né svolsero il lavoro casalingo, né si occuparono dell'educazione dei figli per tutta la giornata.[2][1] Il novanta percento della popolazione femminile partecipò allo sciopero.[2]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Le donne islandesi che lavoravano fuori di casa prima del 1975, guadagnavano meno del sessanta percento di quello che guadagnasse un uomo. Molte altre donne non erano capaci di trovare lavoro perché erano occupate nel lavoro casalingo e nell'educazione dei figli.[2]

Le Nazioni Unite annunciarono che il 1975 sarebbe stato l'Anno Internazionale delle Donne. Cinque delle maggiori organizzazioni per i diritti delle donne inviarono delle rappresentanti per formare un comitato che organizzasse gli eventi dell'anno.[2] Una rappresentante del gruppo chiamato Redstockings avanzò la proposta di una giornata di sciopero tra gli eventi. Il comitato decise di chiamare lo sciopero "giorno libero" dato che questa parola era più gradevole e sarebbe stata più efficace nel coinvolgere le masse. Inoltre, alcune donne sarebbero state licenziate per partecipare allo sciopero ma non le sarebbe stato negato un giorno libero.[3]

Le organizzazioni delle donne sparsero la voce sul Giorno Libero in tutto il paese.[2] Le organizzatrici dello sciopero fecero in modo che le stazioni radio, televisive ed i giornali trattassero storie basate sulla discriminazione di genere e degli stipendi più bassi per le donne. L'evento si guadagnò l'attenzione internazionale.[4]

Il Giorno Libero delle donne[modifica | modifica wikitesto]

Il 24 ottobre 1975 le donne islandesi non andarono a lavorare, né svolsero il lavoro casalingo, né si occuparono dell'educazione dei figli. Il novanta percento delle donne partecipò al giorno libero, incluso le donne delle comunità rurali.[4] Come risultato diversi settori chiusero durante tutta la giornata. Non ci fu servizio telefonico ed i giornali non furono stampati perché i compositori tipografici erano tutte donne. I teatri chiusero tutta la giornata perché le attrici si rifiutarono di lavorare. La maggioranza dei professori erano donne e quindi anche le scuole chiusero o "operarono con capacità limitata".[2] I voli furono cancellati dato che le assistenti di volo non furono a lavorare ed i dirigenti di banca dovettero lavorare come cassieri per mantenere le banche aperte durante la giornata.[2] Le aziende di prodotti ittici chiusero perché i lavoratori in questo settore erano principalmente donne.[5]

Durante il Giorno Libero, 25.000 donne su 200.000 abitanti in Islanda si riunirono nel centro di Reykjavik per una manifestazione. Durante la manifestazione, le donne ascoltarono le oratrici, cantarono e discussero tra di loro su cosa si sarebbe dovuto fare per raggiungere l'uguaglianza di genere in Islanda. Ci furono diverse oratrici, inclusa una casalinga, due parlamentari, una rappresentante del movimento delle donne, ed una lavoratrice. L'ultimo discorso della giornata fu di Aðalheiður Bjarnfreðsdóttir, che "rappresentava Sókn, il sindacato per le donne meno pagate d'Islanda."[3]

I datori di lavoro si prepararono per la giornata senza donne, comprando dolci, matite e quaderni per intrattenere i bambini che sarebbero stati portati a lavoro dai loro padri.[1][3] Gli uomini furono obbligati a portarsi i propri figli a lavoro e a dargli da mangiare perché tutti gli asili nidi erano chiusi.[1][2]

Lo sciopero durò fino alla mezzanotte, momento in cui le compositrici tipografiche tornarono a lavoro per far uscire i giornali. Non fu una stampa molto corposa e solo fu composta da articoli relazionati con lo sciopero.[1][2]

Conseguenze[modifica | modifica wikitesto]

Le donne raggiunsero il loro obiettivo di mostrare all'Islanda il loro valore spegnendo il paese per una giornata intera.[2] Il Giorno Libero "aprì gli occhi di molti uomini" e al cui chiamarono "il lungo venerdì".[4]

L'anno successivo, "il parlamento islandese approvò una legge per garantire l'uguaglianza di diritti tra donne ed uomini".[2] Sebbene questa legge del 1976 "fece poco per cambiare la disuguaglianza salariale ed occupazionali per le donne",[2] fu un gran passo politico verso la vera uguaglianza. Le scioperanti raggiunsero i loro obiettivi e dimostrarono la innegabile importanza delle donne e del loro lavoro in Islanda. Inoltre lo sciopero aprì la strada per l'elezioine di Vigdís Finnbogadóttir, la prima donna al mondo eletta democraticamente come Presidente della Repubblica.

Ogni dieci anni dell'anniversario del Giorno Libero, le donne smettono di lavorare prima per "dimostrare l'importanza della loro posizione e continuare nella lotta per l'uguaglianza."[2] Nel 1975 le donne scioperanti lasciarono il lavoro alle 14:05, e nel 2005 lo lasciarono alle 14:08, rispecchiando il piccolo progresso fatto in 30 anni. Incrementando la frequenza degli scioperi, nel 2010 lasciarono il lavoro alle 14:25 e nel 2016 alle 14:38, con molte donne prendendo parte nel Viking Clap fuori l'Althing.[1][6]

L'eredità[modifica | modifica wikitesto]

Le proteste in Polonia nel 2016 per l'aborto libero si basarono nello sciopero islandese del 1975.[7]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g Islanda, lo sciopero delle donne: "Pagate meno degli uomini, ci fermiamo alle 14 e 38", su repubblica.it, la Repubblica, 25 ottobre 2016.
  2. ^ a b c d e f g h i j k l m n (EN) Swarthmore College, Icelandic women strike for economic and social equality, 1975 | Global Nonviolent Action Database, su nvdatabase.swarthmore.edu, Global Nonviolent Action Database.
  3. ^ a b c d (EN) The day the women went on strike, su theguardian.com, The Guardian, 18 ottobre 2005, ISSN 0261-3077 (WC · ACNP).
  4. ^ a b c (EN) Kirstie Brewer, The day Iceland's women went on strike - BBC News, su bbc.com, BBC News, 23 ottobre 2015.
  5. ^ (EN) Else Mia Einarsdottir and Gerdur Steinhtorsdottir, The Day the children came to the offices, su kvennasogusafn.is, Scandinavian Review, 1977.
  6. ^ (EN) Icelandic women cut working day to protest wage gap, su observers.france24.com, France24, 25 ottobre 2016.
  7. ^ (EN) Black Monday: Polish women strike against abortion ban, su bbc.com, 3 ottobre 2016.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

In Inglese

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]