Spesa per la Difesa: differenze tra le versioni

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== Voci correlate ==
== Voci correlate ==
* [[Difesa (politica)]]
* [[Forze armate]]
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* [[Industria della difesa]]
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Versione delle 18:30, 30 giu 2018

La locuzione spesa per la difesa indica l'insieme delle uscite statali, all'interno della spesa pubblica, destinate al finanziamento dell'attività delle forze armate e della difesa del territorio nazionale da minacce militari esterne.

Descrizione

Definizione

La difesa nazionale è ritenuta dagli economisti il “bene pubblico puro” per eccellenza, con delle caratteristiche e delle peculiarità che lo contraddistinguono da ogni altro servizio offerto dallo Stato.

Analizzando il bene pubblico puro “difesa nazionale”, partendo per assurdo dall'ipotesi che sia necessario difendere la nazione ma che lo stato non fornisca questo tipo di servizio. Un'ipotetica azienda privata non sarebbe mai incentivata a provvedere a questa mancanza perché avrebbe bisogno di finanziamento e non potrebbe escludere chi decidesse di non pagare per contribuire alla difesa: infatti nessuno è incentivato a pagare volontariamente un servizio di cui sa che ne beneficerà comunque (fenomeno del “free rider”). Questo è il motivo per cui è lo stato che deve provvedere alla difesa e finanziarla imponendo tasse obbligatorie ai cittadini. Per questo la difesa è ritenuta un bene pubblico puro.

Inoltre, i bilanci della funzione difesa necessariamente si intrecciano con le altre voci della spesa pubblica come il welfare ma con la differenza che sanità ed istruzione, ad esempio, sono beni privati puri: escludibili e con costi marginali non nulli. Questo implica che, se per questi beni forniti comunque con il contributo dallo stato si può discutere sia sui loro metodi di gestione ed organizzazione che sull'ipotesi di affidarli ai privati nell'ottica di ridurre la spesa pubblica, per la difesa si possono pensare diversi modelli e modalità per attuarla, anche in un'ottica di riduzione delle dimensioni ed aumento dell'efficienza.

Finanziamento

La spesa militare è finanziata direttamente con Fondi del Ministero della Difesa, ma in parte consistente con fondi stanziati su capitoli di spesa previsti nei bilanci di altri Ministeri, come quello dello Sviluppo Economico, non risultanti nelle immediate disponibilità del settore militare.

La legge n. 244/2012 stabilisce le procedure per il finanziamento di programmi pluriennali del settore difesa, nell'ottica di un più incisivo controllo parlamentare sugli investimenti e una più profonda condivisione delle responsabilità tra Governo e Parlamento per l'adeguamento dei sistemi e delle dotazioni dei militari.

Annualmente, entro la data del 30 aprile, il Ministro della difesa provvede a trasmettere al Parlamento, nell'ambito della nota aggiuntiva di cui agli articoli 12 e 548, il piano di impiego pluriennale che riassume:

  • il quadro generale delle esigenze operative delle Forze armate, comprensive degli indirizzi strategici e delle linee di sviluppo capacitive;
  • l'elenco dei programmi d'armamento e di ricerca in corso ed il relativo piano di programmazione finanziaria, indicante le risorse assegnate a ciascuno dei programmi per un periodo non inferiore a tre anni, compresi i programmi di ricerca o di sviluppo finanziati nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico. Nell'elenco sono altresì indicate le condizioni contrattuali, con particolare riguardo alle eventuali clausole penali.
  • sotto forma di bilancio consolidato, tutte le spese relative alla funzione difesa, comprensive delle risorse assegnate da altri Ministeri.

Lo schema di decreto viene trasmesso alle Camere per l'espressione del parere delle Commissioni Difesa, entro quaranta giorni, dopodiché vale il silenzio-assenso. In caso di parere contrario, il Governo rinvia lo schema di decreto modificato tenendo conto delle richieste delle Commissioni, con ulteriori 30 giorni per il secondo esame del testo.
Se le Commissioni esprimono sullo schema di decreto un secondo parere contrario a maggioranza assoluta dei componenti, motivato con riferimento alla mancata coerenza con il piano di impiego pluriennale della Nota aggiuntiva, il programma proposto dal Governo non potrà essere adottato. In ogni altro caso, il governo potrà invece procedere all'adozione del decreto.

Rispetto alla legge 436/1988 (cosiddetta "Legge Giacchè") sono rafforzati gli obblighi di informativa e trasparenza verso il Parlamento, e il ruolo delle Commissioni Difesa, che in precedenza non potevano in nessun caso bocciare in via definitiva una proposta di finanziamento, che il Governo poteva ripresentare mediante decreto: la nuova norma invece prevede che se la proposta non è conforme alle esigenze operative dichiarate dalle Forze Armate o alle previsioni di spesa, non possa essere adottata.

Dibattito

Tesi in favore della spesa per la Difesa

Chi è favorevole a questo tipo di spesa ne sostiene i benefici prodotti sull'economia nazionale dalla fornitura di numerosi beni e le ricadute importanti sul sostegno alla politica estera ed alla credibilità internazionale di una Nazione. Inoltre si sostiene che scarsi investimenti in sicurezza e Difesa possono colpire un grande comparto dell'economia che opera in ambito internazionale e che vede in sé un mix di industria pesante (si pensi alla cantieristica navale) e settori di alta tecnologia (come ad esempio i sensori, i sistemi d'arma e di comunicazione). L'obiettivo principale della spesa militare è inoltre quello di garantire la difesa dei confini nazionali; senza un esercito preparato, l'Italia sarebbe facile preda di chiunque manifestasse in epoca presente o futura intenzioni ostili. Inoltre le spese per la Difesa, essendo di importanza strategica e avendo come cliente lo stato, sono generalmente sostenute verso aziende con bassi indici di delocalizzazione questo a causa di molteplici fattori:

  • Lo stato, che è generalmente unico cliente, può pretendere che i soldi spesi abbiano un ritorno in tasse e rimangano sul territorio nazionale.
  • A causa dell'elevato valore strategico, deve essere garantita anche la produzione scenari di crisi non necessariamente prevedibili. Questo impone che la produzione e la progettazione siano in area amiche o in territorio nazionale
  • La protezione dei dati sensibili è generalmente facilitata dall'utilizzo di personale nazionale generalmente più fedele allo stato finanziatore rispetto al dipendente straniero.
  • La delocalizzazione è generalmente spinta dalle produzioni di massa che richiedono un alto numero di personale e dove la diminuzione del costo orario del dipendente, rilevante rispetto ai costi di progetto, giustifica le spese generate dai viaggi e dalla costruzione di filiali in paesi stranieri. Nella Difesa, invece, generalmente le produzioni sono molto limitate e i costi di progetto sono maggiori rispetto ai costi di produzione. La delocalizzazione, quindi, non è necessariamente più conveniente.

Tesi contrarie alla spesa per la Difesa

Molti movimenti e associazioni vorrebbero una riduzione di questo tipo di spesa poiché questa avrebbe come effetto l'aumento della tensione internazionale e il rischio di conflitti armati, spesso dettati da interessi diversi da quelli della collettività. Il tutto sottraendo risorse ad altre voci di spesa come welfare e servizi pubblici.

La spesa per la Difesa nel mondo

La spesa per la Difesa in Italia in epoche recenti

Composizione ed evoluzione negli ultimi anni

Parlando delle recenti disponibilità finanziarie delle Forze armate italiane va prima introdotta la distinzione tra Bilancio della Difesa e la Funzione Difesa. Il primo è l'ammontare complessivo delle risorse finanziarie messe di anno in anno a disposizione del Ministero della Difesa mentre la Funzione Difesa costituisce quella parte del Bilancio che viene effettivamente destinata alle Forze Armate. In quest'ottica il Bilancio della Difesa si divide tra "funzione Difesa" (che ne costituisce la gran parte), "anticipo pensioni" (sotto forma di un istituto che prende il nome di “ausiliaria” che costituisce un pensionamento anticipato per chi lascia le Forze Armate), "funzione sicurezza pubblica" (i fondi per i Carabinieri che operano quasi esclusivamente nel comparto della pubblica sicurezza, appunto) e una serie di "funzioni esterne" che sono spese non riconducibili alla Difesa nazionale.

La funzione difesa

la Funzione Difesa a sua volta si divide in tre voci di spesa:

  1. personale;
  2. esercizio;
  3. investimento.

La prima può venire compressa solo nel medio e lungo termine e per questo una riduzione dei bilanci può colpire nel breve o la capacità operativa, salvando i programmi di investimento, oppure al contrario colpire i programmi per far fronte alle spese di esercizio). Notiamo che, con il passaggio dalla leva ad un apparato basato essenzialmente sull'impiego di professionisti, la voce Personale, dopo un primo assestamento, sta tornado ad espandersi visto che un professionista costa quattro volte più che un soldato di leva, mentre assume molta importanza la voce Esercizio perché serve un maggiore e continuo addestramento. La spesa per l’Investimento, infine, significa aggiornare lo strumento militare e sopperire alla maggiore usura dovuta all'impiego in missioni operative all'estero.

La Funzione sicurezza pubblica

La sicurezza pubblica è volta a garantire al cittadino la sua protezione e la sua incolumità in luce di eventi come minacce, furti, rappresaglie e conflitti armati. Lo stato assicura l'inviolabilità del cittadino e in virtù di questo gli garantisce il servizio di sicurezza pubblica in modo ugualitario, indivisibile e gratuito.

La Funzione pensioni anticipate

Le funzioni esterne

A metà degli anni '90 le funzioni esterne erano rappresentate da: spesa per gli obiettori di coscienza, rifornimento idrico delle isole minori, trasporto aereo di Stato, contributi ad enti o associazioni, contributi per l'adeguamento dei servizi al traffico aereo civile. Per avere un'idea dell'incidenza delle Funzioni Esterne, dei Carabinieri e delle pensioni provvisorie basti pensare che negli ultimi anni novanta la Funzione Difesa si è attestata circa sul 70 % del Bilancio complessivo. Nel 1999 le cose sono un po' cambiate perché la spesa per gli obiettori di coscienza è passata alla Presidenza del Consiglio dei ministri (spesa di 64 miliardi di lire nel 1995) mentre il rifornimento idrico delle isole minori è passato alle Regioni a Statuto Speciale (spesa di 63 miliardi di lire nel 1995) ma il peso delle Funzioni Esterne è esploso di nuovo nel 2001 con l'introduzione dei “Fitti Figurativi” che costituiscono una sorta di affitto simbolico pagato per i beni demaniali di fatto raddoppiando il peso della Funzione esterna (che passa da 218 a 454 miliardi di lire). Nello stesso 1999 la Difesa si è rifiutata di finanziare i nuovi satelliti meteo Eumetsat Polar System dichiarandosi però disposta a partecipare alle spese annuali di gestione. Il passaggio dei Carabinieri da Arma a Forza Armata non ha comportato significative spese aggiuntive mentre la spesa per le Pensioni Provvisorie ha mostrato una flessione nel 2001 grazie alla riduzione della durata dell'ausiliaria ed al trasferimento al Tesoro di parte della spesa e di nuovo nel 2003 (sempre grazie alla modifica delle norme sull'età pensionabile) con in più la richiesta (senza seguito) del Ministero della Difesa a quello delle Finanze di prendere in carico queste pensioni mentre strutture e personale deputato a tale scopo sarebbero rimasti quelli della Difesa.

Per completare il quadro generale bisogna dire che il finanziamento delle missioni all'estero viene effettuato con i bilanci ordinari (che sono pensati per l'ordinaria amministrazione) mentre la copertura finanziaria arriva in un secondo momento, ma non tiene conto dell'ammortamento dei materiali. I programmi di investimento invece sono condotti con i bilanci della Difesa e con dei contributi di altri Ministeri come quello dell'Industria e delle Attività produttive. Molti ritengono più opportuno(come è avvenuto per la Legge Navale del 1975) l'utilizzo di leggi ad hoc per il finanziamento sia delle missioni che per i programmi di ammodernamento dello strumento militare.

Esercizi finanziari dal 2000 al 2003

La spesa dello Stato italiano nella difesa è passata da 12,7 miliardi di euro nel 2000 a 15,3 miliardi di euro nel 2003 con un incremento medio annuo del 5,19%, contro un aumento medio delle spese in ambito nazionale del 4,63%[1]

Esercizi finanziari dal 2005 al 2007

Rappresentazione computerizzata di un caccia classe Orizzonte, frutto della cooperazione italo-francese che continuerà con la realizzazione delle FREMM

Recentemente il 2005 ed in particolare il 2006 sono stati anni davvero difficili per l'apparato militare: infatti in questi anni, economicamente non certo felici, si è preferito indirizzare la spesa pubblica verso voci diverse della Difesa mettendo in crisi lo strumento militare. Proprio mentre ci si accorgeva che i costi della professionalizzazione erano stati sottovalutati ci si è trovati a dover fare i conti con ristrettezze che hanno costretto i vertici della Difesa a compiere delle scelte necessarie ma dolorose. La voce del personale non è comprimibile in modo rapido ed i programmi di investimento -che coinvolgono l'Italia in collaborazioni internazionali e che rappresentano commesse importanti per l'industria- vanno salvati a tutti i costi (magari rallentandoli) e per questo si decide un taglio alle spese di esercizio senza precedenti, almeno negli ultimi quindici anni. Aerei, navi e carri armati si fermano, le linee diventano meno efficienti, le esercitazioni sempre meno frequenti. L'inflazione tecnologica dei programmi di investimento ed il loro rallentamento fino quasi alla paralisi ne gonfiano i prezzi e per mantenere in vita i programmi Eurofighter Typhoon e FREMM si ricorre a mutui quindicennali che, se da un lato consentono di non arrestare i programmi, dall'altro comporteranno un vincolo di spesa (con interessi aggiuntivi) non trascurabile per i prossimi anni. Infatti si vede nel 2005 e nel 2006 la contrazione dell'Esercizio e dell'Investimento rispetto ad esempio al 2000. Le ristrettezze dei bilanci e l'elevato costo dei programmi di ricerca e sviluppo (dei quali non è mai possibile stabilire a priori con certezza l'ammontare definitivo) hanno portato ad una situazione paradossale in cui spesso mancano alla Difesa i fondi per acquistare prodotti derivanti da programmi di ricerca da essa stessa finanziati: da qui la proposta di finanziare (ed acquistare) solo i programmi ritenuti più importanti mentre, per il resto, affidarsi a prodotti stranieri. Acquistando mezzi usati ma in buono stato ed affidando all'Industria nazionale le commesse per la loro manutenzione ed aggiornamento si potrebbe avere, con minor costo, uno strumento militare efficiente ed equilibrato e salvare allo stesso tempo le nostre imprese. Infine nel 2007, in parte anche grazie alla congiuntura economica favorevole, siamo ritornati ad un livello di stanziamenti pari circa a quello del 2003 dando così respiro alle Forze Armate proprio mentre si fanno sentire l'effetto dell'automazione, che consente un minore impiego di personale, e la riduzione delle Funzioni Esterne che si attestano a quota 111 milioni di Euro.

Esercizi finanziari dal 2009 al 2010

Come riportato nel Bilancio dello Stato, le spese per la Difesa dello Stato ammontano, per l'anno 2009, a 20.299.000.852€, così ripartiti:

Per l'anno 2010 invece la spesa è ammontata a 20.364.430.855,00 €, di cui 18.575.700.000 destinati alla difesa e sicurezza del territorio, 59.700.000,00 alla ricerca e all'innovazione, 77.300.000,00 ai servizi istituzionali e generali delle amministrazioni pubbliche e 1.651.700.000 da ripartire. La spesa totale rispetto all'anno 2009 è aumentata dello 0,3%[3]

Esercizi finanziari del 2016

Secondo l'osservatorio MIL€X, la spesa legata al settore militare nell'anno 2016 è da attestarsi sui 23 miliardi e 103 milioni di euro. [4]

Note

  1. ^ Bilancio Consuntivo dello Stato 2000-2003[collegamento interrotto], elaborazione CNEL su dati della Ragioneria Generale dello Stato
  2. ^ Fonte: Ministero della Difesa - Bilancio per Capitoli - Decreto 30 dicembre 2008.
  3. ^ DIRETTIVA GENERALE PER L'ATTIVITÀ AMMINISTRATIVA E LA GESTIONE PER L’ANNO 2010 (STRALCIO) (PDF), su difesa.it. URL consultato l'11 febbraio 2011.
  4. ^ Analisi delle spese militari italiane, su milex.org.

Bibliografia

  • Begg, Fischer, Dornbush, Economia, Mc Graw-Hill, 2005.
  • Stiglitz, Economia del settore pubblico, Hoepli, 2004.

Voci correlate

Collegamenti esterni