Obelisco di Portosalvo: differenze tra le versioni

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Fu eretto nel [[1799]] nella piazza di Portosalvo, a seguito della fine dell'esperienza [[Giacobinismo|giacobina]] della [[Repubblica Napoletana (1799)|repubblica napoletana]], in onore della vittoria conseguita dall'esercito della [[Esercito della Santa Fede in Nostro Signore Gesù Cristo|Santa Fede]] e dunque della [[Regno di Napoli#La reazione regia e la prima restaurazione|restaurazione borbonica]].
Fu eretto nel [[1799]] nella piazza di Portosalvo, a seguito della fine dell'esperienza [[Giacobinismo|giacobina]] della [[Repubblica Napoletana (1799)|repubblica napoletana]], in onore della vittoria conseguita dall'esercito della [[Esercito della Santa Fede in Nostro Signore Gesù Cristo|Santa Fede]] e dunque della [[Regno di Napoli#La reazione regia e la prima restaurazione|restaurazione borbonica]].


L'obelisco, in [[Piperno (roccia)|piperno]] e a quattro facce, culmina con una croce e presenta su ogni lato delle decorazioni marmoree a bassorilievo, eseguite dallo scultore [[Angelo Viva]] su commissione dei confratelli della chiesa di Portosalvo e sotto la direzione dell'ingegnere regio responsabile della chiesa Michele Scodes.<ref>AA.VV., ''Ricerche Sul '600 Napoletano'', Electa Napoli, 1999</ref> Ogni lato presenta un'immagine sacra a bassorilievo e un medaglione con un'iscrizione latina. I soggetti sacri sono la Madonna di Portosalvo, [[San Gennaro]], [[Sant'Antonio di Padova]] e [[San Francesco di Paola]], figure molto legate alla Corona, alla credenza popolare e autentici vessilli della lotta [[Sanfedismo|sanfedista]].
L'obelisco, in [[Piperno (roccia)|piperno]] e a quattro facce, culmina con una croce e presenta su ogni lato delle decorazioni marmoree a bassorilievo, eseguite dallo scultore [[Angelo Viva]] su commissione dei confratelli della chiesa di Portosalvo e sotto la direzione dell'ingegnere regio responsabile della chiesa Michele Scodes.<ref>AA.VV., ''Ricerche Sul '600 Napoletano'', Electa Napoli, 1999</ref> Ogni lato presenta tre elementi marmorei: un'immagine sacra a bassorilievo e un medaglione con un'iscrizione latina. I soggetti sacri sono la Madonna di Portosalvo, [[San Gennaro]], [[Sant'Antonio di Padova]] e [[San Francesco di Paola]], figure molto legate alla Corona, alla credenza popolare e autentici vessilli della lotta [[Sanfedismo|sanfedista]]. I medaglioni raffigurano quattro [[strumenti della Passione]] di Cristo: i chiodi della croce, la corona di spine, il [[velo della Veronica]]. Le iscrizioni riportano quattro strofe dell'inno sacro ''[[Vexilla regis]]'', che ricorda appunto i momenti della Passione. L'obelisco venne eretto in antitesi all'albero della Libertà rivoluzionario, i cui esemplari, sparsi per la città, furono abbattuti dopo l'entrata vittoriosa dell'esercito del cardinale Ruffo.


In particolare, si nota la presenza di San Gennaro e Sant'Antonio, che furono i protagonisti nel periodo repubblicano di una vicenda tra il politico e il religioso: i francesi e i giacobini napoletani cercarono legittimazione presso il popolo tramite il [[San Gennaro#Liquefazione del sangue di san Gennaro|prodigio dello scioglimento del sangue di San Gennaro]], che così fu "detronizzato" dai realisti e sostituito da Sant'Antonio nel ruolo di patrono della città e dell'esercito sanfedista. Legame che fu rafforzato dal fatto che il 13 giugno, festività di Sant'Antonio da Padova, l'[[esercito della Santa Fede]] entrò in Napoli sancendo la fine dell'esperienza giacobina. La Corona, che dal suo canto era assai legata a San Gennaro, spinse però per una riconciliazione tra la popolazione e il santo martire.
In particolare, si nota la presenza di San Gennaro e Sant'Antonio, che furono i protagonisti nel periodo repubblicano di una vicenda tra il politico e il religioso: i francesi e i giacobini napoletani cercarono legittimazione presso il popolo tramite il [[San Gennaro#Liquefazione del sangue di san Gennaro|prodigio dello scioglimento del sangue di San Gennaro]], che così fu "detronizzato" dai realisti e sostituito da Sant'Antonio nel ruolo di patrono della città e dell'esercito sanfedista. Legame che fu rafforzato dal fatto che il 13 giugno, festività di Sant'Antonio da Padova, l'[[esercito della Santa Fede]] entrò in Napoli sancendo la fine dell'esperienza giacobina. La Corona, che dal suo canto era assai legata a San Gennaro, spinse però per una riconciliazione tra la popolazione e il santo martire.

Versione delle 00:06, 12 nov 2016

L'obelisco di Portosalvo è un obelisco di Napoli, situato in via Alcide De Gasperi, a lato della chiesa di Santa Maria di Portosalvo.

Fu eretto nel 1799 nella piazza di Portosalvo, a seguito della fine dell'esperienza giacobina della repubblica napoletana, in onore della vittoria conseguita dall'esercito della Santa Fede e dunque della restaurazione borbonica.

L'obelisco, in piperno e a quattro facce, culmina con una croce e presenta su ogni lato delle decorazioni marmoree a bassorilievo, eseguite dallo scultore Angelo Viva su commissione dei confratelli della chiesa di Portosalvo e sotto la direzione dell'ingegnere regio responsabile della chiesa Michele Scodes.[1] Ogni lato presenta tre elementi marmorei: un'immagine sacra a bassorilievo e un medaglione con un'iscrizione latina. I soggetti sacri sono la Madonna di Portosalvo, San Gennaro, Sant'Antonio di Padova e San Francesco di Paola, figure molto legate alla Corona, alla credenza popolare e autentici vessilli della lotta sanfedista. I medaglioni raffigurano quattro strumenti della Passione di Cristo: i chiodi della croce, la corona di spine, il velo della Veronica. Le iscrizioni riportano quattro strofe dell'inno sacro Vexilla regis, che ricorda appunto i momenti della Passione. L'obelisco venne eretto in antitesi all'albero della Libertà rivoluzionario, i cui esemplari, sparsi per la città, furono abbattuti dopo l'entrata vittoriosa dell'esercito del cardinale Ruffo.

In particolare, si nota la presenza di San Gennaro e Sant'Antonio, che furono i protagonisti nel periodo repubblicano di una vicenda tra il politico e il religioso: i francesi e i giacobini napoletani cercarono legittimazione presso il popolo tramite il prodigio dello scioglimento del sangue di San Gennaro, che così fu "detronizzato" dai realisti e sostituito da Sant'Antonio nel ruolo di patrono della città e dell'esercito sanfedista. Legame che fu rafforzato dal fatto che il 13 giugno, festività di Sant'Antonio da Padova, l'esercito della Santa Fede entrò in Napoli sancendo la fine dell'esperienza giacobina. La Corona, che dal suo canto era assai legata a San Gennaro, spinse però per una riconciliazione tra la popolazione e il santo martire.

Note

  1. ^ AA.VV., Ricerche Sul '600 Napoletano, Electa Napoli, 1999

Bibliografia

  • Carlo Celano, a cura di Giovanni Battista Chiarini, Notizie del bello, dell'antico e del curioso della città di Napoli, 1856