Storia segreta: differenze tra le versioni

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
→‎Struttura dell'opera: Sostituito il riferimento anacronistico al "proletariato"
Nessun oggetto della modifica
Riga 1: Riga 1:
La '''Storia Segreta''' è un'opera storica dello storico bizantino del VI secolo [[Procopio di Cesarea]].
La '''Storia Segreta''' è un'opera storica dello storico bizantino del VI secolo [[Procopio di Cesarea]].
[[File:Historia Arcana 1623.jpg|thumb|Copertina della ''Storia segreta'' in un'edizione cinquecentesca]]

==Scoperta dell'opera==
==Scoperta dell'opera==
Scritta nel 550 (32º anno del regno di [[Giustiniano I|Giustiniano]] considerando come parte del regno di Giustiniano anche il regno di [[Giustino I]]), non venne pubblicata mentre era ancora in vita Giustiniano visto il contenuto dell'opera. Essa è infatti un libello diffamatorio che accusa Giustiniano di aver deliberatamente rovinato l'[[Impero romano]] e se Procopio l'avesse pubblicata avrebbe rischiato di essere assassinato da sicari inviati dall'Imperatore.
Scritta nel 550 (32º anno del regno di [[Giustiniano I|Giustiniano]] considerando come parte del regno di Giustiniano anche il regno di [[Giustino I]]), non venne pubblicata mentre era ancora in vita Giustiniano visto il contenuto dell'opera. Essa è infatti un libello diffamatorio che accusa Giustiniano di aver deliberatamente rovinato l'[[Impero romano]] e se Procopio l'avesse pubblicata avrebbe rischiato di essere assassinato da sicari inviati dall'Imperatore.


A causa di ciò dell'esistenza dell'opera si venne a conoscenza solo molti secoli dopo la sua redazione; [[Fozio di Costantinopoli|Fozio]] nella sua ''Biblioteca'' non ne fa nessuna menzione, e solo l'enciclopedia del X secolo ''[[Suda (enciclopedia)|Suda]]'' ne fece menzione esatta dell'opera, e trascrisse persino alcuni frammenti dell'opera. Venendo a conoscenza dell'esistenza dell'opera leggendo il Suda, gli studiosi incominciarono le ricerche di questo libro, che furono per molto tempo assai infruttuose; per quel che sappiamo Giovanni Lascaris aveva portato in Italia da Costantinopoli un esemplare dell'opera, che poi donò a [[Lorenzo de' Medici]]: dopodiché si persero le tracce dell'opera, anche se fu assai probabile che l'esemplare fosse stato portato in Francia da [[Caterina de' Medici]]. Mentre alcuni studiosi cercavano proprio in Francia il manoscritto dell'opera, si venne a conoscenza che un altro esemplare dell'opera era in possesso di Giovanni Pinelli; purtroppo quest'ultimo esemplare sembra essere finito in acqua per naufragio della nave su cui tale manoscritto sarebbe dovuto essere portato a Napoli.
A causa di ciò dell'esistenza dell'opera si venne a conoscenza solo molti secoli dopo la sua redazione; [[Fozio di Costantinopoli|Fozio]] nella sua ''Biblioteca'' non ne fa nessuna menzione, e solo l'enciclopedia del X secolo ''[[Suda (enciclopedia)|Suda]]'' ne fece menzione esatta dell'opera, e trascrisse persino alcuni frammenti dell'opera. Venendo a conoscenza dell'esistenza dell'opera leggendo il Suda, gli studiosi incominciarono le ricerche di questo libro, che furono per molto tempo assai infruttuose; per quel che sappiamo Giovanni Lascaris aveva portato in Italia da Costantinopoli un esemplare dell'opera, che poi donò a [[Lorenzo de' Medici]]: dopodiché si persero le tracce dell'opera, anche se fu assai probabile che l'esemplare fosse stato portato in Francia da [[Caterina de' Medici]]. Mentre alcuni studiosi cercavano proprio in Francia il manoscritto dell'opera, si venne a conoscenza che un altro esemplare dell'opera era in possesso di Giovanni Pinelli; purtroppo quest'ultimo esemplare sembra essere finito in acqua per naufragio della nave su cui tale manoscritto sarebbe dovuto essere portato a Napoli.
[[File:Flickr - USCapitol - Justinian I (c. 483-565).jpg|thumb|right|240px|Ritratto di [[Giustiniano I]]]]

Finalmente l'opera fu rinvenuta da Niccolò Alemanno, custode della [[Biblioteca Vaticana]], che nella Biblioteca di cui era il custode ne trovò ben due esemplari. I due manoscritti rinvenuti dall'Alemanno, tratti evidentemente uno dall'altro, mancavano entrambi dell'inizio dell'opera, e contenevano inoltre diverse lacune; il più antico mancava persino del finale dell'opera, mentre il meno antico, pur contenendo il finale, era in condizioni più malandate. L'Alemanno cercò per quanto possibile di emendare i due manoscritti da ogni macchia che i copisti potessero averlo gravato, ma non poté riempire le lacune dell'opera. L'Alamanno inoltre con note eruditissime raccolse testimonianze a giustificazione di quanto pareva a prima vista da Procopio detto con scandalosa esagerazione. L'Alemanno pubblicò a [[Lione]] la Storia segreta di Procopio nel 1623.
Finalmente l'opera fu rinvenuta da Niccolò Alemanno, custode della [[Biblioteca Vaticana]], che nella Biblioteca di cui era il custode ne trovò ben due esemplari. I due manoscritti rinvenuti dall'Alemanno, tratti evidentemente uno dall'altro, mancavano entrambi dell'inizio dell'opera, e contenevano inoltre diverse lacune; il più antico mancava persino del finale dell'opera, mentre il meno antico, pur contenendo il finale, era in condizioni più malandate. L'Alemanno cercò per quanto possibile di emendare i due manoscritti da ogni macchia che i copisti potessero averlo gravato, ma non poté riempire le lacune dell'opera. L'Alamanno inoltre con note eruditissime raccolse testimonianze a giustificazione di quanto pareva a prima vista da Procopio detto con scandalosa esagerazione. L'Alemanno pubblicò a [[Lione]] la Storia segreta di Procopio nel 1623.
[[File:Imperatrice.teodora.jpg|thumb|right|250px|Mosaico ritraente l'imperatrice [[Teodora]]]]

L'opera fu poi restaurata e pubblicata a Parigi nel 1663 da Claudio Maltret, che perfezionò l’opera sulla base della scoperta di un ulteriore manoscritto. Sulla base di uno scritto del Montfaucon, nel quale affermava che l'opera di Procopio che aveva consultato nella biblioteca Ambrosiana fosse in nove libri (essendo il nono la Storia segreta), lo studioso gesuita P. Poussin, trovò nell’Ambrosiana la Storia segreta, ne trascrisse le lezioni varie, e principalmente quanto dell'inizio dell'opera mancava nei codici vaticani, e tutte queste cose mandò al Maltret, il quale poté quindi mandare alle stampe un'edizione migliore dell'opera di Procopio. Nella Biblioteca Ambrosiana erano contenuti ben due esemplari della Storia segreta, il cui il più antico, sembra provenisse dalla Tessaglia.
L'opera fu poi restaurata e pubblicata a Parigi nel 1663 da Claudio Maltret, che perfezionò l’opera sulla base della scoperta di un ulteriore manoscritto. Sulla base di uno scritto del Montfaucon, nel quale affermava che l'opera di Procopio che aveva consultato nella biblioteca Ambrosiana fosse in nove libri (essendo il nono la Storia segreta), lo studioso gesuita P. Poussin, trovò nell’Ambrosiana la Storia segreta, ne trascrisse le lezioni varie, e principalmente quanto dell'inizio dell'opera mancava nei codici vaticani, e tutte queste cose mandò al Maltret, il quale poté quindi mandare alle stampe un'edizione migliore dell'opera di Procopio. Nella Biblioteca Ambrosiana erano contenuti ben due esemplari della Storia segreta, il cui il più antico, sembra provenisse dalla Tessaglia.



Versione delle 09:48, 4 lug 2014

La Storia Segreta è un'opera storica dello storico bizantino del VI secolo Procopio di Cesarea.

Copertina della Storia segreta in un'edizione cinquecentesca

Scoperta dell'opera

Scritta nel 550 (32º anno del regno di Giustiniano considerando come parte del regno di Giustiniano anche il regno di Giustino I), non venne pubblicata mentre era ancora in vita Giustiniano visto il contenuto dell'opera. Essa è infatti un libello diffamatorio che accusa Giustiniano di aver deliberatamente rovinato l'Impero romano e se Procopio l'avesse pubblicata avrebbe rischiato di essere assassinato da sicari inviati dall'Imperatore.

A causa di ciò dell'esistenza dell'opera si venne a conoscenza solo molti secoli dopo la sua redazione; Fozio nella sua Biblioteca non ne fa nessuna menzione, e solo l'enciclopedia del X secolo Suda ne fece menzione esatta dell'opera, e trascrisse persino alcuni frammenti dell'opera. Venendo a conoscenza dell'esistenza dell'opera leggendo il Suda, gli studiosi incominciarono le ricerche di questo libro, che furono per molto tempo assai infruttuose; per quel che sappiamo Giovanni Lascaris aveva portato in Italia da Costantinopoli un esemplare dell'opera, che poi donò a Lorenzo de' Medici: dopodiché si persero le tracce dell'opera, anche se fu assai probabile che l'esemplare fosse stato portato in Francia da Caterina de' Medici. Mentre alcuni studiosi cercavano proprio in Francia il manoscritto dell'opera, si venne a conoscenza che un altro esemplare dell'opera era in possesso di Giovanni Pinelli; purtroppo quest'ultimo esemplare sembra essere finito in acqua per naufragio della nave su cui tale manoscritto sarebbe dovuto essere portato a Napoli.

Ritratto di Giustiniano I

Finalmente l'opera fu rinvenuta da Niccolò Alemanno, custode della Biblioteca Vaticana, che nella Biblioteca di cui era il custode ne trovò ben due esemplari. I due manoscritti rinvenuti dall'Alemanno, tratti evidentemente uno dall'altro, mancavano entrambi dell'inizio dell'opera, e contenevano inoltre diverse lacune; il più antico mancava persino del finale dell'opera, mentre il meno antico, pur contenendo il finale, era in condizioni più malandate. L'Alemanno cercò per quanto possibile di emendare i due manoscritti da ogni macchia che i copisti potessero averlo gravato, ma non poté riempire le lacune dell'opera. L'Alamanno inoltre con note eruditissime raccolse testimonianze a giustificazione di quanto pareva a prima vista da Procopio detto con scandalosa esagerazione. L'Alemanno pubblicò a Lione la Storia segreta di Procopio nel 1623.

Mosaico ritraente l'imperatrice Teodora

L'opera fu poi restaurata e pubblicata a Parigi nel 1663 da Claudio Maltret, che perfezionò l’opera sulla base della scoperta di un ulteriore manoscritto. Sulla base di uno scritto del Montfaucon, nel quale affermava che l'opera di Procopio che aveva consultato nella biblioteca Ambrosiana fosse in nove libri (essendo il nono la Storia segreta), lo studioso gesuita P. Poussin, trovò nell’Ambrosiana la Storia segreta, ne trascrisse le lezioni varie, e principalmente quanto dell'inizio dell'opera mancava nei codici vaticani, e tutte queste cose mandò al Maltret, il quale poté quindi mandare alle stampe un'edizione migliore dell'opera di Procopio. Nella Biblioteca Ambrosiana erano contenuti ben due esemplari della Storia segreta, il cui il più antico, sembra provenisse dalla Tessaglia.

Contenuto dell'Opera

Nella prefazione l'autore afferma di aver scritto quest'opera in modo che le iniquità di Giustiniano non venissero dimenticate dalle generazioni future; lo scopo dell'opera è dunque esporre tutte le iniquità dell'Imperatore che l'autore dovette tacere nella Storia delle guerre per paura di essere ucciso da sicari.

Procopio accusa Giustiniano e Teodora di aver rovinato deliberatamente l'Impero romano, facendo di tutto per opprimere e rovinare i sudditi: con l'aumento delle tasse, con l'aumento della corruzione, con innovazioni che portarono solo rovina, garantendo l'immunità alla fazione degli Azzurri, con le guerre di conquista che uccisero milioni di persone, con la confisca di beni ai senatori ecc. Procopio afferma addirittura che a suo dire Giustiniano non sarebbe un essere umano ma il principe dei demoni incarnatosi in un imperatore per rovinare l'Impero; e narra pure delle dicerie che confermino la sua tesi (tipo che Giustiniano sarebbe stato visto girare di notte per il palazzo senza testa oppure che un tale disse di aver visto seduto sul trono non Giustiniano ma il principe dei demoni, oppure Teodora sognò che si sarebbe sposata con il principe dei demoni). Questo servì a Procopio per attribuire a Giustiniano anche la peste e i terremoti e le inondazioni che afflissero l'Impero sotto il suo regno.

L'opera si conclude così:

«Sono state avanzate varie ipotesi su che fine abbiano fatto le ricchezze dei Romani. Alcuni sostengono che sono finite nelle mani dei barbari, altri ritengono che l'Imperatore le tenga custodite in molte stanze del tesoro. Quando Giustiniano morirà, sempre che sia umano, o quando rinuncerà alla sua esistenza incarnata nel caso sia il principe dei demoni, i superstiti scopriranno la verità.»

Struttura dell'opera

  • 1-5: Iniquità di Belisario e Antonina.
  • 6-8: Famiglia e carattere di Giustiniano.
  • 9-10: Giovinezza dissoluta di Teodora: come una prostituta divenne Imperatrice.
  • 11-14: Iniquità di Giustiniano: persecuzioni, avarizia e atti ingiusti.
  • 15-17: Iniquità di Teodora.
  • 18: Danni causati da guerre, peste, terremoti e inondazioni.
  • 19-23: Iniquità nell'amministrazione finanziaria.
  • 24-26: Oppressione di medici, professionisti, soldati, popolino.
  • 27-29: Altre iniquità di Giustiniano.
  • 30: riforma della corte.

Attendibilità

La pubblicazione dell'opera a cura dell'Alemanno, che tra l'altro la tradusse pure in latino corredandola di note a piè di pagina che riportavano le fonti a supporto delle affermazioni di Procopio, non mancò di suscitare scalpore tra gli studiosi dell'epoca, dato che all'epoca la figura storica di Giustiniano godeva di buona reputazione presso gli studiosi a causa della sua fondamentale riforma del diritto e delle sue conquiste, e non mancò chi attaccò l'opera dell'Alamanno. Per esempio nel 1654 l'Eiscelio, riproducendo l'opera in Helmstadt, vi aggiunse virulente osservazioni contro l’Alemanno e lo stesso Procopio, e note in difesa di Giustiniano. Secondo l'Eiscelio l’Alemanno, custode della Biblioteca Vaticana, pubblicò la Storia Segreta unicamente per adulare il suo pontefice. Dopo aver vituperato l’Alemanno, l’Eiscelio passa a Procopio, mettendo in dubbio l’autenticità del libro, oppure sostenendo che fu interpolato, ovvero modificato da qualcun altro; oppure l’Eiscelio cercò di screditare Procopio come acerrimo nemico di Giustiniano, e pienissimo di odio contro di lui, ipotizzando inoltre che quest’odio derivasse dalla possibilità che Procopio fosse di religione pagana.

La Storia segreta di Giustiniano scritta da Procopio, secondo Voltaire, è una Satira dettata dalla vendetta; e quantunque la vendetta possa far dire la verità, questa Satira, che contraddice la Storia pubblica di Procopio, non pare sempre vera.

Alle osservazioni dell'Eiscelio e del Voltaire rispose Giovanni Compagnoni nella sua prefazione alla traduzione in italiano della Storia Segreta di Procopio. Secondo Compagnoni non ci sono prove né che Procopio fosse pagano né che provasse risentimento nei confronti di Giustiniano, né si può dubitare dell'autenticità dell'opera. Numerosi passi delle opere di Evagrio e Zonara, nonché di altri autori, confermano molti degli aneddoti narrati nella Storia segreta di Procopio. Inoltre Compagnoni fa notare che non sussiste che la Storia segreta contraddica la Storia delle guerre dello stesso autore: a una lettura non superficiale della Storia delle guerre si può notare che Procopio attaccò anche nella Storia pubblica il governo di Giustiniano, condannando l'empietà di Giovanni di Cappadocia, l’avarizia di Triboniano, l’indole fraudolenta di Areta; persino Belisario, del quale l'opera di Procopio sembra essere un panegirico, non fu esente da critiche: nel libro III della guerra gotica, Procopio scrisse di Belisario: «Belisario partì per Costantinopoli con niun decoro, mentre per cinque anni interi mai non poté piantar piede in Italia, né con sicure marcie avanzarsi. In tutto quel tempo nascostamente fuggivasi coll’armata da un porto all’altro: onde tanto più i nemici si fecero sicuri e soggiogarono Roma, e tutti gli altri luoghi. Egli lasciò cinta di crudele assedio Perugia, città principale di Toscana, la quale, mentr’egli veleggiava per Costantinopoli, rimase presa.» E lo stesso Giustiniano non fu esente dalle critiche dell'autore nella medesima Storia delle guerre: nell'ottavo libro della Storia delle guerre Procopio lo critica per le paghe di nuovo negate ai soldati, le trascurate provvigioni di guerra, la prodigalità fastosa usata con Isdigiune, ambasciatore persiano, aggiungendo poi che sotto Giustiniano si pagò ogni anno alla Persia un tributo, che ogni anno si diedero magnificentissimi donativi agli Unni infestatori continui delle provincie romane, e che colla intempestiva indulgenza da Giustiniano usata, specialmente verso i capi dell’esercito, egli molto nocque all’Impero. Nel libro ottavo Procopio affermò addirittura che: «Giustiniano imperadore era per lo più solito a perdonare ai duci, dell’esercito delinquenti; e questa era la cagione, per la quale essi vedeansi gravissimamente peccare contro la militare disciplina e la repubblica.»

Secondo JB Bury Procopio usò due trucchi sofistici per far apparire Giustiniano come un tiranno:

  1. fece apparire come "sue novità" abusi eredità dei governi precedenti.
  2. fece apparire abusi occasionali come voluti dall'Imperatore, omettendo tutto ciò che potesse contrastare questa tesi.

Si può provare che molte delle critiche, anche se c'è un fondo di verità in esse, siano ingiuste. La "teoria demoniaca", la storia pornografica della giovinezza dissoluta di Teodora e l'astio che emerge dall'opera non fanno che gettare discredito su di essa. Tuttavia Procopio, pur deformando i fatti, non li inventa dal nulla: vari abusi narrati nell'opera sono narrati anche in altre fonti primarie e da un'altra fonte si può dedurre che la giovinezza di Teodora fu dissoluta, esattamente come afferma Procopio. La conclusione a cui giunge JB Bury è che l'opera può essere utilizzata come fonte storica ma con cautela: bisogna distinguere i semplici fatti riportati dalle interpretazioni di Procopio che li deformano.

Alcuni storici hanno messo in dubbio l'autenticità dell'opera, avanzando l'ipotesi che non fosse stato veramente Procopio a scriverla, ma secondo JB Bury il suo stile è inconfondibile e nessun imitatore avrebbe potuto emularlo; da un confronto con la storia delle guerre si può vedere che le due opere non sono in contrasto tra di loro; infatti in entrambe Procopio critica Giustiniano. Nella storia pubblica Procopio dovette trattenersi nel criticare Giustiniano facendolo in maniera velata (mettendo per esempio le critiche al governo giustinianeo in bocca ai nemici dell'Impero attribuendole così a loro e non a sé stesso); nella Storia Segreta, non essendo stata pubblicata, poté invece sfogare tutto il suo odio per l'Imperatore, forse dovuto a una mancata promozione.

Altri progetti