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La risposta dell'industria videoludica al fenomeno è stata prevalentemente negativa. La [[ Entertainment Software Association]] e la [[Sony Computer Entertainment]] hanno condannato Gamergate come una campagna di molestie. [[Intel]], che aveva momentaneamente ritirato le sue pubblicità dal sito di approfondimento Gamasutra, come risposta ad una campagna e-mail di Gamergate, successivamente ha messo a disposizione 300 milioni di dollari per sostenere un programma "Diversity in Technology". |
La risposta dell'industria videoludica al fenomeno è stata prevalentemente negativa. La [[ Entertainment Software Association]] e la [[Sony Computer Entertainment]] hanno condannato Gamergate come una campagna di molestie. [[Intel]], che aveva momentaneamente ritirato le sue pubblicità dal sito di approfondimento Gamasutra, come risposta ad una campagna e-mail di Gamergate, successivamente ha messo a disposizione 300 milioni di dollari per sostenere un programma "Diversity in Technology". |
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Numerose figure interne all'industria videoludica, ma anche estranee ad essa, a seguito della campagna si sono concentrate maggiormente sui metodi migliori per affrontare le molestie on-line. La rappresentante |
Numerose figure interne all'industria videoludica, ma anche estranee ad essa, a seguito della campagna si sono concentrate maggiormente sui metodi migliori per affrontare le molestie on-line. La rappresentante statunitense del Massachussets, Katherine Clark, ha fatto una campagna per una risposta governativa più forte contro le molestie on-line, ottenendo il supporto del Congresso. All'interno dell'industria sono state fondate organizzazioni per fornire un supporto a coloro che hanno subito molestie on-line, come la Crash Override Network o la Online Abuse Prevention Initiative.<ref>{{Cita web|url=http://www.metrowestdailynews.com/article/20150604/NEWS/150608123|titolo=U.S. Rep. Clark wants DOJ priority on cyber-threats|cognome=Bureau|nome=Peter Urban/GateHouse Media Washington|accesso=2016-07-22}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://www.washingtonpost.com/news/the-switch/wp/2015/06/07/online-abuse-is-a-real-problem-this-congresswoman-wants-the-fbi-to-treat-it-like-one/|titolo=Online abuse is a real problem. This congresswoman wants the FBI to treat it like one.|sito=Washington Post|accesso=2016-07-22}}</ref> |
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== Voci correlate == |
== Voci correlate == |
Versione delle 16:08, 24 mar 2017
![](http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/f/f7/Zoe_Quinn_Car_2014.jpg/220px-Zoe_Quinn_Car_2014.jpg)
Gamergate è il nome dato ad una controversia nata da una campagna di molestie organizzata soprattutto tramite l'uso dell'hashtag Twitter #Gamergate. La campagna verteva sulla questione del sessismo e del progressismo nella cultura dei videogiochi. "Gamergate" è il termine generico usato per descrivere la controversia, la campagna di molestie, e le azioni perpetrate dagli autori delle molestie.
Campagna di molestie
Dagli inizi di agosto del 2014, numerose donne coinvolte nell'industria videoludica, come le sviluppatrici Zoë Quinn e Brianna Wu, e la critica culturale Anita Sarkeesian, furono oggetto di molestie da parte di Gamergate. Dopo che un ex fidanzato di Quinn pubblicò un lungo articolo denigratorio nei confronti della donna[1] (sul proprio blog personale), altre persone iniziarono ad accusarla di aver iniziato una relazione con un giornalista in cambio di copertura mediatica, e le inviarono minacce di aggressione e di morte.[2] Tutti coloro che approvavano l'articolo dell'ex fidanzato, e che diffondevano queste accuse contro Quinn, si organizzarono sotto l'hashtag #Gamergate. Oltre a ciò crearono canali IRC, e si organizzarono su altre piattaforme di condivisione, come reddit, 4chan e 8chan.
Molti sostenitori della campagna Gamergate sono anonimi, e la stessa campagna non ha un leader, un portavoce o un manifesto ufficiali. Tutte le dichiarazioni affermanti di rappresentare Gamergate sono risultate inconsistenti e contraddittorie, rendendo difficile per gli osservatori identificare i reali obbiettivi e motivi della campagna. Di conseguenza, Gamergate è stata definita dalle molestie che i suoi sostenitori hanno perpetrato. Alcuni sostenitori di Gamergate hanno tentato di dissociarsi dalle accuse di misoginia e molestie, ma i loro tentativi sono stati spesso respinti come insinceri e autoreferenziali.
La controversia è stata descritta come la manifestazione di una guerra culturale contro la diversificazione culturale, il riconoscimento artistico e la critica sociale dei videogiochi, e sopra l'identità sociale dei giocatori. Molti sostenitori di Gamergate si oppongono a ciò che essi considerano la crescente influenza del femminismo nella cultura dei videogiochi. Di conseguenza, Gamergate è spesso visto come una reazione di destra contro il progressismo. I sostenitori della campagna affermano di percepire collusioni tra la stampa e le femministe, i progressisti e critici sociali. Queste accuse sono state scartate dai commentatori come banali, al pari di teorie del complotto, infondate, o estranee a reali questioni di etica. Tali preoccupazioni hanno portato gli utenti dell' hashtag a lanciare campagne e-mail mirate contro le imprese di pubblicità che pubblicavano i lavori che disapprovano, chiedendo loro di ritirare le pubblicità.
Reazione alla campagna
La risposta dell'industria videoludica al fenomeno è stata prevalentemente negativa. La Entertainment Software Association e la Sony Computer Entertainment hanno condannato Gamergate come una campagna di molestie. Intel, che aveva momentaneamente ritirato le sue pubblicità dal sito di approfondimento Gamasutra, come risposta ad una campagna e-mail di Gamergate, successivamente ha messo a disposizione 300 milioni di dollari per sostenere un programma "Diversity in Technology".
Numerose figure interne all'industria videoludica, ma anche estranee ad essa, a seguito della campagna si sono concentrate maggiormente sui metodi migliori per affrontare le molestie on-line. La rappresentante statunitense del Massachussets, Katherine Clark, ha fatto una campagna per una risposta governativa più forte contro le molestie on-line, ottenendo il supporto del Congresso. All'interno dell'industria sono state fondate organizzazioni per fornire un supporto a coloro che hanno subito molestie on-line, come la Crash Override Network o la Online Abuse Prevention Initiative.[3][4]
Voci correlate
Note
- ^ Nick Wingfield, Feminist Critics of Video Games Facing Threats in ‘GamerGate’ Campaign, in The New York Times, 15 ottobre 2014. URL consultato il 22 luglio 2016.
- ^ Fruzsina Eördögh, Gamergate and the new horde of digital saboteurs, in Christian Science Monitor, 25 novembre 2014. URL consultato il 22 luglio 2016.
- ^ Peter Urban/GateHouse Media Washington Bureau, U.S. Rep. Clark wants DOJ priority on cyber-threats, su metrowestdailynews.com. URL consultato il 22 luglio 2016.
- ^ Online abuse is a real problem. This congresswoman wants the FBI to treat it like one., su Washington Post. URL consultato il 22 luglio 2016.